I provvedimenti del Governo nazionale per il Molise, comunicati poco prima di Ferragosto, hanno suscitato speranza ma senza batter di tamburi, menomale, buon segno. C’è in questi provvedimenti, nelle reazioni della classe politica e nell’opinione pubblica l’aver colto un segno positivo, un segno di cambiamento per il futuro. Quello che invece mi è sembrato mancante è una riflessione sul nesso strettissimo con i problemi ed il dibattito, nato dal rapporto SVIMEZ, sul Mezzogiorno e il destino di quest’ ultimo. Prestare attenzione a questo tema è cosa fondamentale!
Intervengo perché mi pare che il rapporto Svimez ha trovato scarso eco nella nostra regione. La gran parte degli interventi,pochi, mi sono sembrati di routine,timorosi ? Distratti? Forse si vede il problema lontano, forse si coltiva ancora la ricerca di quarti di nobiltà territoriale pensando al Molise “cerniera” tra centro e sud come qualche anno addietro. Invece il Molise è dentro la problematica del sud, nel bene e nel male. Il grande bene già in movimento, c’ è ma ci distraiamo. Voglio richiamare l’attenzione sulla grande rivoluzione trasportistica mondiale, sui corridoi euromediterranei e eurasiatici che restituiscono al Mediterraneo, già oggi, la centralità geoeconomica tra Europa,Asia,Africa ed al Mezzogiorno la centralità di piattaforma logistica di questo processo. Credo che non dobbiamo temere il Sud ma rivendicare anche noi per esso una fortissima strategia di sviluppo, senza la quale, per le ragioni che esporrò, in futuro il Molise resterà periferico e precario.
La nostra regione,per la parte possibile e senza complessi d’inferiorità, deve essere tra quelle regioni meridionali che sapranno dare una svolta e comunque capaci di proposta; è necessario perché il problema del Sud non cada nel dimenticatoio e il Mezzogiorno nel processo di ulteriore declino, questa volta mortale. Tutti gli studi hanno documentato da tempo il progressivo e costante declino del Sud, fatta eccezione per il ventennio 1951-71 con l’intervento strategico della Cassa del Mezzogiorno, agenzia attuativa del progetto di asse di penetrazione e sviluppo strutturale- economico-sociale che generò una ripresa. Dopo sono stati molti i mali, pur denunziati, che hanno compresso il Sud: una politica nazionale prevalentemente preoccupata di rispondere al ribellismo del Nord, una inadeguatezza della classe politica del Mezzogiorno, una inadeguatezza di Regioni, Province e Comuni impegnate a gestire microprogetti o comunque frantumati e quindi in definitiva irrilevanti anche per uno sviluppo locale consistente e duraturo, una insufficienza del finanziamento ordinario dello Stato, causa concorrente della incapacità di utilizzare appieno ed a tempo i fondi europei.
Ma lo sviluppo del Sud non è solo una questione di solidarietà nazionale!
Stupisce l’enorme disattenzione e l’errore di non capire, non voler capire, che il Mezzogiorno e lo snodo della rivoluzione trasportistica nel Mediterraneo e del traffico mondiale. Non si tratta di un pensiero al futuro di la da venire: I corridoi dove passano gli scambi europei e buona parte di quelli mondiali passano per i Sud, quello euromediterraneo (Europa del nord Berlino- Napoli -Palermo ), il corridoio euro asiatico che passa per Napoli e Bari Sofia Asia, attualmente “saltando“ il Mezzogiorno e l‘Italia. Non si comprende, o non si vuol comprendere, che il Mediterraneo,per ragioni geoeconomiche sarà la piattaforma logistica della maggior parte degli scambi mondiali. Non si annota che l’80% del traffico merci mondiale già oggi avviene nel Mediterraneo perchè piattaforma di confluenza di Europa, Asia,Africa. Non si considera la rivoluzione urbana in atto nel mondo con il rapido ineluttabile espandersi delle megalopoli e che il Mezzogiorno sarà la cerniera tra la megalopoli europea e la megalopoli mediterranea.
Certo per cogliere in positivo questi processi e volgerli allo sviluppo nel Mezzogiorno, quindi nell’Italia per la dimensione dei processi, occorre una visione alta ed ampia, una capacità di mettere in campo un progetto alto e complessivo. L’Europa dovrà affrontare il tragico, sanguinolento caos dell’Africa con una politica di pace a cominciare dall’accoglienza dei migranti, altro che i rigurgiti di Salvini con la sua linea di difesa dell’ orto di casa.Anche in questo campo occorre una politica forte,decisa, a partire da un forte sostengo agli stati che non sono caduti nella trappola dell’estremismo islamico.Occorre una politica penetrante per rompere lo scacchiere esistente con Israele, Palestina, Turchia nella Comunità Europea. Per una evoluzione abbastanza rapida della situazione occorre una componente di audacia pacifica se si vuole evitare l’intervento armato con le truppe di terra occidentali, che lascerebbe una situazione disastrosa, se si vuole evitare di restare nel pantano dei sanguinosi tatticismi arabi per innumerevoli anni.
Per il Mezzogiorno si tratta di mettere in campo un progetto forte, con una visione coerente, difficile, ma è interesse anche del Nord che senza un recupero del Sud Italia resterà privo di un fondamentale mercato interno e senza un ruolo del Mezzogiorno e dell’ Italia nel Mediterraneo è destinato a restare ancor di più un sistema produttivo di risulta della regione germanica fin quando questa vorrà e le converrà delegare ruoli . Per ragioni geoeconimiche e geopolitiche un Mezzogiorno piattaforma proiettata nel Mediterraneo conviene a tutti;il 90% del traffico merci della Lombardia e del Nord Italia avviene oggi con utilizzo di mercantili portacontainer che approdano ad Amburgo o Amsterdam mentre il Sud ha un porto di grande potenzialità, Gioia Tauro, intasato e sottoutilizzato perché privo di collegamenti funzionali per un rapporto con il territorio, grande potenziale motore di sviluppo se collegato alla piattaforma logistica tirrenica campana, all’interporto di Marcianise.
Il grande progetto risolutivo è quindi l’inserimento del Sud nel traffico e negli scambi economici mondiali; anche per questo si pone l’esigenza delle infrastrutture, di una forte integrazione delle vie del ferro,gomma, area, acqua. Ma le vie di comunicazione non bastano allo sviluppo se non c’e un grande complessivo progetto, un Master Plan che le concepisca come assi di penetrazione collegati a quattro motori di sviluppo: la difesa dell’area agricola come patrimonio di beni unici irripetibili volti alla green economy; recuperare il settore manifatturiero e creare un settore produttivo che passi dal settore preindustriale al post fordismo basato sulla ricerca, innovazione, hi-tech; salvaguardia dei beni archeologici, paesistici, culturali di cui il Sud e ricco per farne dei grandi attrattori di turismo internazionale; infine la riqualificazione delle aree metropolitane. Lungo le vie di comunicazione occorre implementare “aree economiche speciali” in particolare ritardo e calo demografico, con regole speciali , sul modello degli interventi dello Stato roosveltiano che attuò forti interventi pubblici, ma non a caso.
Sorge il problema della gestione dell’intervento che deve essere organico, coordinato, politicamente statale, progetto alto, largo, complessivo, mentre non abbiamo neanche un ministro del Mezzogiorno, affidato ad Agenzie con ampio mandato, collegate ad agenzie tecniche, in sintonia con enti di studio (Svimez), studiosi capaci di analizzare in profondità i problemi, cogliere rapidamente i cambiamenti e supportare l’azione.
Organizzare un progetto complessivo che confermi la centralità del Mezzogiorno nel mondo e dei rapporti geoeconomici è compito molto difficile ma senza raccogliere e vincere questa sfida il Sud muore ed il Nord è destinato ad una mediocre condizione.
Occorre visione politica dello Stato per svolgere il suo ruolo mettendo mano subito a due fondamentali riforme, una nuova legge per la gestione del territori ferma al 1942 ed un Piano nazionale dei trasporti aggiornato. Occorre una forte intesa delle Regioni del Sud per gestire in modo coordinato gl’interventi e superare il limite dell’attuale regionalismo, la frantumazione degli interventi, la megalomania che ha portato tutte
ad organizzarsi come stati in scala ridotta, ognuna con i suoi uffici a Bruxelles, singolarmente a cercare, senza risultati, rapporti internazionali, tutte impegnate, come il Molise, in politiche basate non a valorizzare le potenzialità territoriali ma sul peso territoriale, della rappresentanza istituzionale territoriale, sull’ eletto, quindi sul clientelismo; così megaprogetti abortiti e poi piazze, rotatorie, fontane,colpevoli pavimentazioni pretenziose che hanno eliminato i preziosi selciati di pietra bianca dei nostri piccoli centri, e così via.
La politica del Molise degli anni passati ha avuto un momento di grande respiro, gli anni della “programmazione”, prima e dopo, normale amministrazione. Oggi cogliamo il momento di alcuni successi dell’azione del Governo regionale non solo per compiacerci ma per lanciare un messaggio:Guardiamo al Sud! Per farlo occorre in grande coordinato progetto nazionale ma il Molise può fare la sua parte facendosi promotore di questa visione. Presidente Frattura, sia Lei ad avviare il processo di un intesa tra le Regioni del centro sud (ma siamo Sud a tutti gli effetti, storici, politici, economici, umani ) per una forte intesa nella specificità di ognuna.
Il Governo nazionale è stato colto di sorpresa dal rapporto SVIMEZ per il Mezzogiorno dimenticato.Renzi è apparso un po’ suonato e un po’ irritato, ma ha tenuto botta. Del Rio ha sciorinato una serie di cifre per un ammontare confortante, ma sono finanziamenti fermi da anni; va bene, ci auguriamo che si aggiungano altri, ma occorre che si spendano subito e bene , allora il Governo deve risolvere problemi annosi di contesto (misteri italiani ). Non è possibile che non si apre l’autostrada Salerno Palermo perché non si può affidare ad una società privata che la gestisca con pedaggi; non è possibile che non si faccia l’alta velocità a Sud perché s’impedisce l’intervento di un altro gestore.
Infine occorre una grande visione che guardi a cosa sta accadendo e al futuro, un progetto organico e coordinato di respiro mondiale con un Master Plan di metodo rooseveltiano .
Piccolo è bello, ma se pensiamo solo piccolo, piccoli rimaniamo e rischiamo di morire come ci dice il rapporto SVIMEZ.
Filippo Poleggi