«Su Stellantis e il progetto di ACC le nubi, in questi ultimi mesi, sono tornate a farsi nere, con una prospettiva che, nella più rosea previsione e al netto del crescere dell’automazione, lascerà immutati i livelli occupazionali ma non sarà certo la panacea.
Infatti, prima lo stesso slittamento dei diversi tavoli di confronto a livello nazionale e poi i risultati registrati al termine di questi primi incontri, rendono l’idea di come, anche da parte del Governo Meloni, si stia cercando di prendere tempo navigando a vista. È di ieri la dichiarazione di Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, che ha ammesso che per prendere decisioni sulle capacità produttive e sui nuovi modelli, il gruppo da lui rappresentato ha la necessità di conoscere prima i risultati delle presidenziali americane e delle elezioni europee che potranno cambiare il corso delle normative in vigore. Per questo motivo, ha rimarcato Tavares, Stellantis prenderà le sue decisioni in merito solo a fine 2024.
Pur essendo ben consapevoli di come le difficoltà del settore vadano affrontate in una prospettiva quantomeno europea, ciò che continua a mancare in questa situazione è una chiara esposizione di una politica industriale ben definita e lungimirante e, purtroppo, grandi idee di sviluppo e di modi di produrre da parte di questo Governo Meloni non se ne vedono.
Da parte sua Stellantis è chiamata a fare investimenti in formazione perché soprattutto sull’automotive non puoi competere solo sui costi, lo devi fare sull’innovazione e la soluzione non può di certo essere solo quella di stanziare centinaia di milioni di euro per far uscire i lavoratori invece che fare investimenti in nuove assunzioni, altrimenti siamo all’ennesima procedura di incentivi agli esodi.
Insomma, anche a livello regionale, per quanto riguarda Stellantis e la Gigafactory a Termoli, non ci si può accontentare della riconversione, per quanto già averla sarebbe certo un gran risultato, ma bisogna dimostrare di essere credibili e di offrire spazi e opportunità per nuovi investimenti e per creare un vero e nuovo indotto nel settore dell’automotive e non solo.
Inutile girarci intorno, senza l’industria non può esserci uno sviluppo significativo; i numeri del turismo, anche in quelle regioni in cui il turismo è una realtà consolidata da decenni (si pensi all’Emilia Romagna o al Trentino) non possono bastare se non c’è una base produttiva fondata sull’industria, capace di cambiare le sorti dei territori offrendo numeri occupazioni a 3 e 4 cifre. Ed oggi, inutile negarlo, a scanso di equivoci e di campanili, le aree a maggiore potenzialità restano quelle più vicine alle direttrici autostradali e ferroviarie (e speriamo anche marittime se qualcuno ha davvero intenzione di occuparsene senza denigrare progetti finanziati in passato nell’ambito del Cis Molise, come il Piano Regolatore Portuale di Termoli). Senza una politica capace di rendersi “disponibile”, senza chiedere “x” posti di lavoro per le clientele ma offrendo supporto burocratico e logistico, non ci sarà alcuna possibilità di invertire la rotta».