A Ururi la sala delle Acli era piena di cittadini attenti al 2° incontro informativo sulle “GranManze” e relativo impatto ambientale sul territorio, promosso dall’associazione “Ergo Sum”.Ne hanno parlato il prof. Rossano Pazzagli, preside del corso di laurea in Scienze Turistiche – Università del Molise sede di Termoli, e, con me, Antonio De Lellis del Comitato “No Stalla, sì Molise Bene Comune”. Dopo il saluto del Sindaco di Ururi e del Presidente dell’Associazione “Ergo Sum”, è intervenuto Antonio De Lellis che ha rappresentato il quadro drammatico della situazione dei danni che i molisani stanno pagando con la propria salute a causa d’insediamenti d’industrie pericolose nel nucleo industriale di Termoli, di discariche di rifiuti velenosi e d’incauta azione di prevenzione e controllo degli organi preposti.Il Prof. Pazzagli ha iniziato parlando del valore del territorio e delle sue risorse, che ogni cittadino dovrebbe conoscere per apprezzarle, difenderle, tutelarle e valorizzarle.
Un impegno che, in questa fase particolare di una crisi pesante che il mondo e il Paese stanno toccando con mano, diventa una necessità se si vogliono apportare correzioni a un modello di sviluppo ormai fallito e che il sistema vuole mantenere in piedi cercando di riappropriarsi anche di quelle aree e di quei settori dell’economia, l’agricoltura e la zootecnia, che aveva marginalizzato.In questo senso l’idea di far calare nel Molise un impianto industriale, impropriamente chiamato stalla, che non ha niente a che vedere con l’agricoltura, ma che è da considerare – come dice il prof. Battaglia in un suo libro pubblicato qualche anno fa- una vera e propria “industria ospedaliera della carne”.Proseguendo, il prof. Pazzagli ha detto che solo difendendo questi territori e questi settori – oggi quelli più avvantaggiati – dagli assalti di un sistema in profonda crisi, è possibile mettere in piedi un nuovo modello d sviluppo. E questo, per una regione come il Molise, così fortemente segnata dall’agricoltura e dalla ruralità, cioè da una “arretratezza” che, oggi, è il futuro e, quindi, la sua fortuna, vuol dire continuità.Ecco che la soluzione della presenza o meno di questa industria, che non passa inosservata per le riflessioni che essa pone con i suoi grandi numeri, esagerati e, come tali, insopportabili per il piccolo Molise, decisiva per il futuro del territorio e delle risorse del Molise, non può essere quella dei pareri affidati a tecnici, ma di sapere se il tipo di sviluppo in atto serve a costruire il futuro del Molise. O, se serve l’industria che è stata proposta, del tutto estranea, lontana dalla storia e dalla cultura, dai valori e dalle risorse di questo nostro territorio.E ciò è possibile solo se sono coinvolti i protagonisti di questa decisione, i molisani, le istituzioni, in primo luogo i comuni che non possono rimanere esclusi e, meglio ancora, non si possono esimere dal loro dovere di contribuire alla programmazione del loro territorio e del Molise.La partecipazione è fondamentale per la democrazia e, in questo caso, per arrivare a una scelta che non può passare sulla testa dei molisani.Si tratta – è quello che ho cercato di dire nel mio intervento – di capire se si vuole interrompere un percorso, quello dell’agroalimentare, avviato cinquant’anni che, pur tra luci e ombre, ha prodotto risultati che solo ultimamente cominciano a essere visibili e percepiti grazie ai successi che vanno ottenendo sui mercati nazionale e internazionale.Basti pensare ai comparti più importanti, come quello viticolo e olivicolo, e alla presenza di tante nuove aziende, in mano a giovani imprenditori, che hanno mostrato di stare bene a fianco di quelle più tradizionali, presenti, e in gran numero, proprio all’interno o nelle vicinanze dell’area indicata dal progetto del Comune di San Martino in Pensilis, che non ancora si sa da chi è stata messa a disposizione.In pratica il territorio a più forte vocazione agricola e agroalimentare, quello che parte da Rotello-Montelongo, Montorio nei Frentani, Larino e scende verso Ururi – Guglionesi- Termoli – Portocannone e Campomarino. Il quadrato del cibo di qualità che qualcuno vuole mettere nelle mani di una Srl che vede protagonista la Granarolo per il 10%, insieme con gli allevatori della Lombardia e dell’Emilia Romagna, Banca intesa San Paolo e altri ancora per un capitale di 10 mila euro che dovrebbe attivare e gestire un progetto di oltre 24 milioni di euro.Nessuno può pensare che la grande stalla, una volta realizzata, tutto rimarrà come prima e ci sarà la continuazione di un percorso che, invece, verrà drasticamente interrotto per fare posto a un’industria. Un asilo o, se volete, un pensionato di piccole e giovani manze che sosterranno nel Molise il tempo necessario per crescere ed essere ingravidate, prima di ripartire per gli allevamenti prima indicati e produrre latte per la Granarolo che vuole, così, diventare leader incontrastata di un mercato volatile qual è quello del latte. Un aspetto, questo, che sarà ancor più rimarcato dall’azzeramento delle quote latte.Non si può non dire che questa industria apre a un nuovo percorso che, però, è quello che mette ai margini proprio l’agricoltura e la zootecnia, crea rischi di sopravvivenza delle nostre aziende e azzera i sacrifici di tanti produttori e trasformatori (compresi quelli dell’Alto Molise) che credono nel loro lavoro e che in esso hanno riposto grandi speranze per il futuro dei propri figli e dello stesso Molise.Ecco che – per chiudere un ragionamento che è stato arricchito da interventi interessanti del numeroso pubblico – per dare continuità e forza a un percorso che ha bisogno di una forte gestione dei processi e soprattutto di unità dei produttori e dialogo costante con gli altri soggetti delle singole filiere, diventa fondamentale lo strumento della programmazione di questo modello di sviluppo.Uno strumento indispensabile che la Regione si deve dare per poi metterlo a disposizione dei protagonisti, sapendo che esso ha bisogno, ancor più del passato di una strategia di marketing che guarda al mercato. Una strategia essenziale per vincere con la qualità e la professionalità, sapendo che solo dal mercato il produttore ottiene quel valore aggiunto che oggi non ha.Un modello di sviluppo Molise, di grande attualità, che è il vestito giusto per il nostro territorio, che, così, può diventare un esempio anche per altre Regioni, soprattutto del Sud, che non hanno altre scelte se non quelle che sanno di colonizzazione e, se è così, di appropriazione indebita del tesoro che il Molise ha, appunto il territorio. La risorsa delle risorse, con la sua agricoltura e la sua zootecnia, la sua ruralità, i suoi paesaggi e i suoi ambienti, la sua storia e la sua cultura, le sue antiche, notevoli e diffuse tradizioni, che, nell’insieme, ben si adattano a un altro sviluppo sempre più decisivo per il futuro del Molise e dell’Italia, il turismo.