La vendita diretta è considerata parte delle normali attività degli imprenditori agricoli, e non è quindi soggetta ai vari requisiti per la vendita dei prodotti alimentari: proviamo a rilanciare i “mercati contadini”. In un momento di crisi, come quello attuale,anche in relazione al perseguimento dell’obiettivo di una migliore gestione dei mercati di operatori su aree pubbliche, ci pare doveroso rappresentare ( a quanti non sono addentro alla materia) che gli “agricoltori in regola” possono vendere in forma diretta i propri prodotti, nel rispetto della normativa vigente. Anche coloro che, pur non avendo una posizione agricola, ma che dispongono di piccoli quantità in esubero al fabbisogno personale, possono barattare detti prodotti in forma diretta, come se fosse uno scambio di merci. Come dicevamo, per poter procedere a tanto occorre rispettare il “quadro normativo e fiscale per la vendita di prodotti agroalimentari” ,quadro che qui di seguito proveremo ad illustrare.
La vendita diretta, in quanto consente all’agricoltore di valorizzare al meglio la propria produzione, è considerata parte delle normali attività degli imprenditori agricoli, e non è quindi soggetta ai vari requisiti che si applicano alle attività di vendita di prodotti alimentari (non serve una licenza, non ci sono vincoli che riguardano gli orari di apertura, ecc.). Dal momento però che si vendono prodotti alimentari, anche la vendita diretta deve rispettare tutti gli obblighi in materia igienico-sanitaria. Ci sono alcuni vincoli che devono essere rispettati perché l’attività di vendita di un produttore agricolo possa beneficiare delle agevolazioni autorizzative e fiscali della vendita diretta. Il D.Lgs 228/2001, art. 4, che pone le basi per tali agevolazioni, stabilisce infatti che: “Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità” “La disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell’impresa” “Alla vendita diretta disciplinata dal presente decreto legislativo continuano a non applicarsi le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n.114” Quindi:
– per vendere direttamente al dettaglio il proprio prodotto, occorre essere imprenditori agricoli iscritti nel registro delle imprese;
– la vendita può essere effettuata sia da agricoltori singoli sia da agricoltori associati;
– si possono vendere anche prodotti trasformati in azienda (es. frutta a pezzetti, insalate pronte, formaggi, carne macellata, etc.);
– gli agricoltori che effettuano la vendita diretta non sono obbligati a rispettare le norme previste dal decreto legislativo 114/1998, ossia le regole stabilite per le normali attività commerciali. Ad esempio, gli agricoltori che vendono i propri prodotti non sono obbligati ad avere i requisiti normalmente richiesti per chi apre un’attività commerciale nel settore alimentare (es. aver frequentato un corso professionale per il commercio alimentare o aver lavorato almeno 2 anni nell’ultimo quinquennio nel settore della distribuzione alimentare).
Passiamo, ora, a vedere quali sono “gli imprenditori agricoltori, singoli o associati” che possono effettuare la vendita diretta, in deroga alle norme sul commercio. I soggetti che realizzano la vendita diretta devono rientrare in almeno una delle seguenti categorie:
– imprenditori agricoli, coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, che vendono prodotti ottenuti in prevalenza dal proprio fondo;
– società agricole che vendono prodotti ottenuti in prevalenza dal proprio fondo;
– società cooperative formate da imprenditori agricoli, che vendono prodotti in prevalenza dei propri soci;
– società di persone o società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che hanno come attività esclusiva la trasformazione/manipolazione e vendita di prodotti ceduti dai soci;
– enti o associazioni che vendono prodotti agricoli. Occorre in tutti i casi soddisfare due condizioni:
– la prima è una condizione che riguarda il tipo di soggetto: deve essere un soggetto qualificabile come imprenditore agricolo, in quanto svolge in forma di impresa l’attività principale di coltivazione del fondo, di allevamento di animali o di silvicoltura;
– la seconda è una condizione che riguarda la provenienza dei prodotti agricoli: le attività di
manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione devono
riguardare i prodotti che provengono prevalentemente (51%) dall’attività agricola principale
(propria o dei soci). Vediamo, quindi, chi è l’imprenditore agricolo:l’art. 2135 del Codice Civile, modificato dall’art. 1 del D.Lgs 228/2001, stabilisce le attività che possono essere svolte da chi è imprenditore agricolo. Le attività vanno al di là della pura attività di coltivazione e allevamento, arrivando fino alla vendita del prodotto agricolo, entro i limiti della prevalenza della provenienza del prodotto dal proprio fondo: “chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.
Il D.Lgs 228/2001, art. 4, prevede diverse modalità con le quali effettuare la vendita diretta, nel rispetto delle normative igienico-sanitarie in materia di commercio di prodotti alimentari:
– in forma itinerante o mediante commercio elettronico: è subordinata alla comunicazione da presentare al Comune dove ha sede l’azienda di produzione, e può essere fatta decorsi 30 giorni dal ricevimento della comunicazione;
– all’interno dell’azienda agricola o su aree private: non è necessaria la presentazione di alcuna comunicazione al Comune;
– su aree pubbliche o in aree aperte al pubblico: è subordinata alla comunicazione al Comune dove ha sede la vendita:
– mercati contadini ove esistenti.
Ed è proprio perché ricordiamo l’esistenza, il ruolo e l’importanza che hanno avuto , nelle nostre realtà territoriali, i “mercati contadini”, vogliamo provare a fare di tutto per “rilanciarli”, almeno nel capoluogo regionale, per tornare al tempo in cui , gli stessi mercati, garantivano offerta di prodotti genuini e freschi. Da queste pagine abbiamo inteso provare a rappresentare come, ancora oggi, questo settore produttivo/commerciale potrebbe costituire linfa per la categoria degli agricoltori e garanzia di genuinità e contenimento di costi per i consumatori.
Luigi Zappone