Ritrattista di fama mondiale, pittore dal talento prodigioso, Giovanni Boldini incarnò con la sua opera l’essenza stessa della Belle Époque. Nel novantesimo anno dalla morte dell’artista, ferrarese di nascita e parigino d’adozione, la Fondazione Molise Cultura dedica una mostra all’artefice di uno stile inconfondibile, dinamico ed elegante, colto e sensuale, con cui si impose tra i più contesi interpreti della ritrattistica internazionale dell’alta società.
Da sabato 27 novembre al 18 aprile 2022 la sede della fondazione ospita Giovanni Boldini. Il genio della linea, la magia del colore, prodotta e organizzata dalla Fondazione Molise Cultura in collaborazione con MetaMorfosi Eventi e con la Fondazione Ferrara Arte e le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Ferrara, con il patrocinio della Regione Molise. La mostra, a cura di Chiara Vorrasi, è patrocinata dal Comitato di Studio per le Celebrazioni del novantesimo anno dalla morte di Giovanni Boldini ed è completata da un catalogo edito da Sagep.
L’esposizione presenta una selezione di opere provenienti dal museo dedicato al Museo Giovanni Boldini, guidando il visitatore attraverso le pagine di un diario intimo e professionale nella Parigi fin de siècle. Sono rappresentazioni di cantanti e musicisti al culmine delle loro interpretazioni, di piazze gremite di folla e boulevards percorsi da carrozze, a cui fa da controcanto l’atmosfera sospesa dell’atelier abitato dai protagonisti dell’universo privato del pittore, così come l’incanto effimero di un paesaggio inondato dal sole o battuto dal vento. Dipinti e disegni, pastelli e acquerelli, ma anche oggetti personali e strumenti di lavoro tratteggiano un ritratto a tuttotondo di una personalità sfaccettata e, a tratti, geniale, inscritta indissolubilmente nella stagione artistica da cui ha preso avvio la modernità.
La mostra si articola in sei sezioni tematiche.
Ritratti e Autoritratti introduce alla personalità dell’artista, attraverso le immagini che ci ha lasciato egli stesso o che ha affidato ai suoi colleghi. Come nel caso del busto bronzeo dello scultore Vincenzo Gemito, che consegna un’effigie ispirata, fiera e sognatrice al contempo. Gli autoritratti mettono in evidenza il suo forte temperamento, la consapevolezza del proprio talento e l’orgoglio dello status sociale conquistato, mentre la sfera intima della personalità dell’artista traspare dai disegni dedicati al proprio atelier e all’abitazione, che compongono il ritratto del suo universo privato.
Parigi e dintorni, la seconda sezione della mostra, indaga l’attrazione esercitata su Boldini e su tanti altri artisti dalla città che, nella seconda metà dell’Ottocento, era l’effervescente capitale dell’arte. Nei primi anni parigini egli si dedicò al genere, allora molto in voga, delle scene in costume, ma parallelamente coltivò anche la pittura en plein air per studiare alcuni dettagli dal vero e poi ricomporli in atelier. Iniziandosi poi a interessare al ritmo vorticoso della caleidoscopica metropoli moderna, per Boldini i grandi boulevards parigini percorsi da veloci carrozze e cavalli al galoppo divennero un universo nel quale sperimentare nuove forme espressive. Come ne Le Pont des Saints-Pères dove utilizza espedienti pittorici come i contorni sfocati o la resa fluida delle forme per restituire l’irrompere impetuoso di un cocchio che mette a repentaglio l’incolumità dei passanti.
Nella sezione Lampi di vita nella notte parigina si racconta invece come, all’inizio degli anni Ottanta, Giovanni Boldini estese la propria indagine artistica anche all’universo scintillante della vita notturna parigina: teatri, caffè-concerto, caffè letterari, salotti musicali, balli e intrattenimenti all’aperto componevano lo spettacolo della Ville Lumière. Le opere nate da queste suggestioni devono molto al confronto con i circoli artistici d’avanguardia e all’influenza dell’amico Edgar Degas. Boldini iniziò a praticare nuove tecniche, come il pastello e l’incisione, e adottò bruschi tagli compositivi, prospettive multiple e inquadrature inconsuete, ricercando effetti di immediatezza e verità di visione come in Ultime luci al Bois de Boulogne, per rendere partecipe l’osservatore della serena atmosfera di uno dei luoghi di svago più frequentati di Parigi. La quarta sezione,
L’universo dell’atelier, indaga il rapporto tra Boldini e il luogo simbolo della creazione artistica: alla metà degli anni Ottanta lo studio e gli ospiti che lo frequentavano divennero per Boldini un nuovo tema di rappresentazione in opere dal carattere privato, che l’artista realizzava per proprio piacere concedendosi grande libertà di sperimentazione, concentrando l’attenzione sulle pose e sull’ambientazione e cercando di cogliere i soggetti negli atteggiamenti più disinvolti come nell’acquerello su carta in mostra Amici in conversazione, del 1884.
Il nudo e il paesaggio attraverso il temperamento dell’artista, quinta sezione dell’esposizione, presenta uno dei filoni più sperimentali della ricerca artistica di Boldini, evidenziando un processo di alleggerimento e dissoluzione delle forme che accentua il fluttuare dinamico delle immagini. Anche il nudo e il paesaggio divennero quindi campi d’indagine privilegiati attraverso i quali l’artista procedeva a decostruire la realtà, adottando, nei confronti del nudo, un approccio audace e disinibito, come nel rappresentare le donne, che amava raffigurare nella gestualità inconsueta nell’intimità dei loro boudoirs.
Nella sesta e ultima sezione, L’eleganza del ritratto tra immediatezza e ufficialità, infine, la mostra approfondisce il tema del ritratto a cui Boldini legò indissolubilmente la sua fama e che riscrisse in senso moderno. A partire dagli anni Novanta dell’Ottocento lo studio parigino di Boldini fu una passerella di celebrità, tra principesse ed étoiles, musicisti e pittori, membri dell’aristocrazia e famiglie di magnati dell’industria e della finanza. L’artista li immortalava, con energiche sciabolate di colore, nei maestosi ritratti che esprimevano un perfetto equilibrio di modernità e conoscenza profonda della tradizione pittorica. A Parigi l’artista, infatti, grazie a nuovi stimoli, nel giro di due decenni elaborò uno stile di assoluto successo che lo impose come uno dei massimi interpreti della ritrattistica del bel mondo. Le sue effigi iconiche e innovative suggerivano con pochi tratti la dinamica del movimento, interpretando magistralmente il portamento fiero degli aristocratici, come nell’olio su tela Lord Castlereagh, e lo charme dinamico, sensuale e disinibito delle étoiles e delle eleganti signore, utilizzando una gamma di mezzi tecnici, dal disegno all’acquerello fino all’incisione.