Sono circa 110mila gli italiani che convivono con la Sclerosi Multipla. Ogni anno si registrano 3.400 nuove diagnosi, praticamente una ogni 3 ore. E nella maggioranza dei casi sono giovani fra i 20 e i 40 anni. In Molise l’incidenza della Sclerosi Multipla è di 80 casi ogni 100mila abitanti, con valori superiori a 100 nella popolazione femminile. Un dato da non sottovalutare, che incide significativamente sulle spese sanitarie del Paese, che tendono ad aumentare in maniera proporzionale all’aumentare delle disabilità collegate alla patologia. In occasione della Giornata Mondiale della Sclerosi Multipla, 25 maggio 2016, l’Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed approfondisce questa patologia, per la quale l’I.R.C.C.S. di Pozzilli è particolarmente impegnato con uno specifico Centro Specialistico.
La Sclerosi Multipla è una malattia di tipo infiammatorio cronico già descritta alla fine del 1800 da Charcot. Ha una indubbia prevalenza nel sesso femminile (rapporto quasi 3:1) e attacca la sostanza bianca del Sistema Nervoso Centrale, la cosiddetta mielina, che avvolge le fibre nervose facilitando la trasmissione del segnale lungo di esse. Il danneggiamento della mielina (da qui il termine di patologia “demielinizzante”) porta quindi a problemi crescenti proprio nel trasporto di impulsi nervosi. Gli studi scientifici hanno poi dimostrato che la Sclerosi non si limita a colpire la mielina, ma interessa precocemente anche gli assoni (il prolungamento cellulare del neurone attraverso il quale vengono trasmessi gli impulsi nervosi, ndr). Considerando che l’età di esordio della patologia è frequente nella fascia di età giovanile, tra i 20 e i 30 anni, la sclerosi rappresenta la patologia maggiormente responsabile di invalidità.
“Negli ultimi anni – spiega il dottor Paolo Bellantonio, Responsabile del Centro per lo Studio e la Cura della Sclerosi Multipla – osserviamo un esordio della patologia sia prima dei 16 anni che dopo i 50 anni. Sicuramente la Sclerosi Multipla è una patologia più complessa rispetto alla semplice descrizione che ne facciamo. Essa presenta una genesi multifattoriale e sempre maggiori evidenze attribuiscono un ruolo cruciale alla genetica e all’ambiente di vita. La genetica fotografa un maggiore rischio di contrarre la malattia in parenti di primo grado, soprattutto in gemelli monozigoti, rispetto alla popolazione generale, un aumento anche di 20-40 volte. Per ciò che concerne l’ambiente, possiamo affermare che è nota la diversa prevalenza della malattia in diverse zone del pianeta, sensibilmente più elevata man mano che ci si allontana dall’equatore. Questo ci ricollega ad un altro fattore da non sottovalutare: il ruolo della Vitamina D sia nella regolazione del metabolismo del calcio che nello sviluppo e nel mantenimento della risposta immune ”.
La Sclerosi Multipla è una malattia estremamente variabile nella presentazione clinica e imprevedibile nel decorso. Questo rende la diagnosi non sempre semplice e immediata ma richiede un’attenta e spesso complessa diagnosi differenziale che permetta di escludere malattie neurologiche che possono simularla clinicamente, o addirittura sovrapporsi ad essa.
“L’apparentemente casuale localizzazione delle lesioni nell’ambito del Sistema Nervoso Centrale – spiega la dottoressa Roberta Fantozzi, del Centro per lo Studio e la Cura della Sclerosi Multipla Neuromed – rende ragione dell’estrema variabilità dei sintomi d’esordio di questa patologia. Per escludere altre malattie che possono “mimare” la Sclerosi Multipla è sempre opportuno effettuare esami di laboratorio sul sangue e sul liquido cerebrospinale (rachicentesi) e indagini neurofisiologiche (Potenziali Evocati). L’esame strumentale fondamentale è la Risonanza Magnetica Nucleare che, grazie a metodiche sempre più sofisticate, consente di ottenere dettagli anatomici di elevata definizione e di localizzare nell’encefalo e nel midollo spinale le tipiche aree di demielinizzazione che caratterizzano la malattia.”
Negli ultimi anni lo sviluppo delle terapie nella Sclerosi Multipla ha avuto una forte accelerazione e oggi abbiamo a disposizione almeno una decina di farmaci per contrastare l’evoluzione della malattia.
“Ai primi farmaci iniettivi di I linea, disponibili da circa venti anni, – continua Fantozzi – come i vari tipi di Interferone e il glatiramer acetato, si sono aggiunte nell’ultimo decennio terapie orali di I e di II linea e terapie infusionali di II linea che hanno dimostrato dati di efficacia sempre più significativi ed entusiasmanti.
L’introduzione di nuovi farmaci immunomodulanti e immunosoppressori ha rappresentato per il paziente possibilità sempre più efficaci per contrastare la progressione della malattia e per il neurologo una più attenta valutazione dei fattori prognostici, un’adeguata conoscenza del profilo di tossicità dei farmaci e conseguentemente un adeguato monitoraggio degli eventi avversi, talora gravi.”
C’è da dire che altri farmaci immunomodulanti sono poi prossimi ad essere approvati dopo aver dimostrato l’efficacia clinica in fase sperimentale III, alla quale anche l’I.R.C.C.S. Neuromed partecipa con diversi protocolli scientifici. Ma la ricerca si sta spingendo anche in campi diversi: nelle forme più gravi di malattia, infatti, l’autotrapianto di cellule staminali ematopoietiche (che danno origine alle cellule del sangue, comprese quelle immunitarie) si sta dimostrando efficace nel ridurre notevolmente il numero di nuove lesioni cerebrali rispetto alle terapie farmacologiche attualmente disponibili. Ciò che fanno è, in pratica, “resettare” il sistema immunitario del paziente.
Un altro versante riguarda i fattori di rischio ambientali. Come il già citato ruolo della Vitamina D, del fumo, dei grassi, del sale, dell’alternanza delle stagioni ma anche di virus come l’Epstein Barr. Non da ultimo, c’è il possibile ruolo del microbiota intestinale, cioè la flora batterica che popola il nostro intestino.
Infine va sottolineato con forza il sempre crescente ruolo della neuroriabilitazione. “Ormai abbiamo l’evidenza – dice il professor Diego Centonze, Responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia I e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’I.R.C.C.S. Neuromed – che nella sclerosi multipla la neuroriabilitazione è molto più di un trattamento limitato ai sintomi. Le ricerche, infatti, mostrano come l’esercizio fisico sia capace di modificare il decorso stesso della malattia attraverso una riduzione dell’infiammazione associata a un aumento delle neurotrofine e degli endocannabinoidi”. Queste ultime molecole prodotte dal nostro organismo, bisogna sottolineare, svolgono un’azione protettiva nei confronti delle cellule nervose. In altri termini, la neuroriabilitazione assume un ruolo analogo a quello dei farmaci nell’ambito di una terapia globale.
“In Neuromed – continua Centonze – non abbiamo solo la riabilitazione convenzionale, ma il nostro impegno è costantemente rivolto alla ricerca e all’applicazione di metodiche innovative come la neurostimolazione, sia transcranica sia dei nervi periferici. Siamo direttamente coinvolti nelle innovazioni in questo campo, verso un circuito riabilitativo da vedere alla stregua della terapia farmacologica.”