“Oggi potevo non scrivere questo articolo”. Titolo enigmatico quello scelto per la chiacchierata mattutina. Titolo che prelude a una storia che affonda le radici nel tempo e precisante negli anni della guerra e delle persecuzioni razziali. Titolo che mi permette di riscrivere, giacché già scritto qualche anno fa, un pezzo di storia personale, anzi familiare a testimonianza che le circostanze ti salvano la vita e di conseguenza permettono di essere vigile affinché la pazzia dell’uomo non torni prepotentemente a galla. Erano gli anni della guerra e mio nonno aiutante di cassa alla Banca d’Italia con la mia famiglia, abitava nello stabile di fianco all’Istituto di credito precisamente in Piazza Cesare Battisti. Stabile che rimpiango poiché mi ha permesso di conoscere persone che sono rimaste fisse nel cuore e nella memoria ma che la “dura” legge della banca, trasferiva dopo un certo numero di anni perché era bene che si conoscessero tutte le attività del maggior Istituto di credito nazionale. Torniamo a noi: erano gli anni bui, dove tutti avevano paura di tutto e dove appartenere a certe etnie era pericoloso in quanto, si rischiava l’internamento nei campi di prigionia. Campi che erano presenti anche nel Molise che, oggi, giorno della memoria, saranno sicuramente citati nel corso delle manifestazioni celebrative affinché la scellerataggine umana non si ripresenti più. Campi caratterizzati da persone che prestarono il loro fianco a “carcerieri anomali” bardati e listati di nero, tristemente conosciuti come Scultz Staffen ossia SS.
Dicevo la mia famiglia composta da mio nonno, mia nonna, mio padre e i miei zii in tutto erano in sette, vivevano la quotidianità come tante altre famiglie Campobassane tra vicissitudini e sacrifici anche se non mancava nulla, grazie alla oculatezza e alla parsimonia con cui si amministrava sia il menage che la economia familiare, eppure, un ombra sovrastava i nostri destini era quella dell’etnia ossia le origini ebraiche. Un marchio, anzi una stella a sei punte che, a distanza di anni è ancora simbolo di sofferenza. Un simbolo che grida al mondo intero che sei milioni di persone non sono più tornati alle loro case. Un simbolo che, tuttora combatte per vedere riconosciuti i diritti anche se ci si accusa di essere anomali e sotto certi aspetti pericolosi. Una mattina Campobasso si svegliò sotto i rastrellamenti da parte delle truppe naziste che, casa per casa, cercavano gli appartenenti alla tribù di David. Rastrellamenti che toccarono direttamente anche i miei familiari che, per un caso fortuito furono risparmiati, poiché sulla porta di casa, oggi a distanza di tanti anni non so spiegarmelo, era apposta una targa con su scritto in italiano e tedesco “POLIZIE BANCH/ POLIZIA BANCARIA”. Della scritta oggi in casa non c’è più traccia, anche perché mio nonno non svolgeva assolutamente funzioni di sorveglianza bancaria; anzi era lui a dover essere protetto in quanto, si recava nel “caveau” dell’imponente palazzo dirimpettaio del Convitto Nazionale Mario Pagano e prelevava le somme che servivano per le operazioni di sportello o di cassa come avviene ai giorni nostri anche se con mezzi e modalità differenti. Una traccia che mi permette di scrivere queste cose, perché, come per miracolo, la pattuglia tedesca si arrestò davanti alla porta di casa e non procedette all’arresto di nessun componente della mia famiglia. Casualità? Timore di ripercussioni da parte degli organi di polizia asservita al sistema? Oppure consapevolezza che quello che stavano facendo era errato? non è dato sapere. L’unica cosa certa è che sono qui a scrivere queste cose con la speranza che quello che accadde non si riaffacci all’orizzonte; anche perché se riaccadesse, sarebbe cancellata dal vocabolario del mondo civile la parola SHALOM.
Massimo Dalla Torre