Ghali e il tumore della madre: “Ne siamo usciti alla grande”

(Adnkronos) – "Tutto bene, mamma è qui con noi". Esordisce così Ghali, appena salito sul palco del Teatro Manzoni di Milano. In platea ci sono le donne, pazienti ed ex pazienti, dell'Istituto europeo di oncologia, riunite per il consueto meeting voluto per la prima volta dall'oncologo Umberto Veronesi e ormai tradizione consolidata che va avanti anche dopo la sua scomparsa, seppur con un nome nuovo: non più 'Ieo per le donne', ma 'Ieo con le donne'. E' un modo per il rapper per esorcizzare "l'emozione", spiega, dichiarando subito i suoi sentimenti. Timidamente, quando parla della malattia affrontata della mamma Amel – un tumore al seno – all'inizio ne parla come di "quella cosa che è successa".  "Pensavo di prepararmi un discorsetto, ma per certe cose non ci si può preparare", sorride. E' una storia "partita tanti anni fa – dice – e negli anni ho notato anche la differenza su come viene affrontata, ormai. Ho attraversato questa cosa per la prima volta nel 2001. Erano altri tempi, altre cure, anche un altro momento per me e lei. Ma, una volta superato, è cambiato tutto in meglio. Sono cambiate tante cose in me, in noi, nella nostra vita". La malattia di Amel è arrivata in un momento difficile. Ghali era un bambino, frequentava le scuole elementari. "Nel frattempo ci avevano sfrattati, non avevamo casa. Ma è stato assurdo come, appena superato, tutto è migliorato. E' entrata una luce nella nostra vita, ci hanno dato la casa, ho iniziato a vivere nel quartiere che poi mi ha cresciuto e che ci ha dato tanta creatività e tanta forza: Baggio, il mio quartiere. E' entrata la fede, ho iniziato a credere tantissimo in Dio. Mi si è accesa la passione per la musica. Ne siamo usciti alla grande".   Poi, però, continua Ghali, "dopo tanti anni pensavamo di lasciarci la cosa alle spalle, ma durante il Covid è tornata. E abbiamo avuto la fortuna di essere seguiti da dei dottori incredibili e fantastici che ci hanno salvato ancora una volta, li ringrazio e faccio un applauso a loro. Provo tanta ammirazione per voi, mi ispirate tanto e siete anche un esempio. Mia mamma ha sempre voluto che diventassi un pilota o un dottore", ammette, scatenando l'ilarità del pubblico, sottolineata anche dal commento dell'attrice Lella Costa, al suo fianco nel palco: "Meno male che non le hai dato retta". "Io penso che un bambino non possa sapere di cosa si tratti finché non succede" che la malattia, un cancro, incrocia la tua strada. "Non è una cosa che esiste nella fantasia, nella testa di un bambino, è quasi da non crederci. E quindi ho dovuto fare conti con una delle prime tristi realtà della mia vita", la malattia di mamma Amel. "A quell'età – era il 2001, aveva 8 anni – sono stato scosso da tanti traumi, e questo fu uno di quelli. Però nonostante tutto ho dei bei ricordi, anche simpatici. Ho dei ricordi forti d'amore".  Per esempio di quando "io e mia mamma andavamo a trovare mio padre in carcere, lei aveva la parrucca e riusciva a nasconderlo talmente bene, le prime volte, che lui non se ne accorgeva che era una parrucca. E noi andando ci fermavamo nei parcheggi, perché lei doveva grattarsi la testa, le prudeva perché aveva perso tutti i capelli. Ci fermavamo e ridevamo di questa cosa, lei tantissimo. E' stata fortissima". Tanti ricordi. E un percorso che avvicina Ghali e la sua mamma, in prima fila mentre parlava dal palco, alle altre donne presenti in sala. "Sono onorato di essere qui – spiega – ma trovo difficoltà a riuscire a dire qualcosa a delle persone così forti. Ho tanta stima di chi reagisce e supera questa cosa. Tutti continuiamo a chiamarla così, perché abbiamo paura di parlarne. Ma l'altra volta abbiamo avuto un incontro e ci hanno spiegato, i dottori in primis, di quanto vorrebbero trasmettere questo messaggio: che il cancro è sempre più curabile".   "E' un male ma non è come quello di 20 anni fa, grazie agli studi", alla ricerca, dice Ghali. "Un bambino la vive", la malattia, "scoprendola per la prima volta", ma in casa fra lui e la sua mamma "non è mai stata un tabù". Questo viaggio, anche doloroso, poi riserva pure tante belle svolte inaspettate, assicura. "Se ci scriverò una canzone? E' una delle cose che non ho ancora affrontato. Come tanti argomenti che ho paura di andare a toccare. Questa cosa qui è come se l'avessi vissuta io – riflette – e per andare a riaprirla c'è bisogno di una certa maturità. Forse adesso sono pronto ad affrontarla. Oggi è la prima volta in assoluto che affronto una cosa del genere parlandone così davanti a delle persone. E magari chissà, anche nella mia arte, nella musica, riuscirò ad affrontare questa cosa come tante altre che ancora non ho affrontato".  "Sono successe tante cose – ripercorre Ghali -. Ricordo che in quel periodo ho guardato tantissimi cartoni animati. Tipo 'Holly e Benji'. Uscivo da scuola, andavo con la mia mamma, da lei in ospedale. In quel momento non c'erano tanti amici. E' stato un periodo che mi ha sbloccato tante cose, la creatività. Ho capito cosa volevo fare nella vita. E ho scoperto le diversità che ci sono tra di noi. Ho compreso tante cose". Ghali ripensa a chi gli è stato vicino. "Mia madre ha sempre avuto tanti amici gay. E ho conosciuto bene questo suo amico, che si occupava di me tantissimo. Dormivo da lui e mi faceva anche un po' da mamma, mi portava a scuola, andava a lavorare, poi dopo scuola mi veniva a prendere e mi portava da mia mamma. Non voglio dire grazie a questa sfortuna, però, Dio è grande ed è come se le cose poi hanno" preso la giusta direzione, ragiona. "E' un argomento molto delicato, non vorrei dire che certe cose succedono per un motivo – continua -. Però è assurdo quanto la forza che nasce dopo un evento del genere sia determinante per la vita e possa cambiare la vita in meglio, in positivo, su tanti aspetti". Nel 2020 il cancro è tornato per Amel. "La prima volta era nel 2001 e la chemioterapia allora tutti sappiamo che era massacrante. Poi, durante il Covid, la seconda volta è stata inaspettata. Però ce la siamo vissuta in una maniera completamente diversa. E' ovvio, la paura c'è sempre, è stata una bella botta anche lì. Fin da subito all'Ieo ci siamo sentiti protetti. I dottori trasmettevano una sicurezza, una forza incredibile. Ed è andata molto più liscia rispetto alla prima volta. E ancora una volta la vita è migliorata di nuovo, c'è stato ancora un altro boost". 
In casa, "con mamma se n'è parlato" del tumore, "se ne parla". Niente tabù, ripete. "Durante il mio percorso, ho avuto anche la fortuna di conoscere un bambino a Roma, Ledio. Purtroppo non c'è più, però ho vissuto l'ultimo periodo con lui. La sua era una situazione un po' diversa da quella di mia madre. Lui era un bambino, ha avuto una malattia più pesante. Io sono sempre stato sensibile a questa cosa e la forza di mia madre mi ha sempre spinto ad affiancare anche altre persone, a stare vicino ad altre persone con lo stesso problema".  "Adesso è passata", dice Amel, oggi 60enne col sorriso. "Ultimamente sto avendo una vita proprio normale, serena e piena di gioia con mio figlio". Il tumore "è stata un'esperienza". La prima volta "avevo 37 anni e all'inizio si pensa negativo. "Oggi guardo lui, mio figlio, la vita. E dimentico tutto" dice. Uno sguardo d'intesa con il ragazzo alto che siede al suo fianco: Ghali. "Ci passano tante persone – dice Amel a margine dell'evento -. Io l'ho avuto una prima e poi una seconda volta". Del resto "non sai mai cosa arriva domani. Però – ripercorre – ho superato tutto, sto molto bene adesso. E spero che per tutte le persone", che sperimentano questa malattia, "possa rimanere come un'esperienza" fra tante che capitano nell'arco della propria vita. "E' importante che si pensi sempre positivo". Il suo augurio è di guardare anche il bello della vita. Non è facile all'inizio, ammette. "Mi sono proprio sentita un'altra persona. Ho pensato: sto perdendo tutto per me. La seconda volta, al secondo intervento, devo dire che mi sono sentita stanca. Mi sono chiesta: come mai arriva adesso dopo tanti anni? Mi sono sentita giù, è la verità. Ma quando sono arrivata all'ospedale, all'Ieo i dottori mi hanno aiutato moltissimo, sono stata proprio bene con loro e in ospedale mi sono sentita come a casa". "Spero che le mamme e i ragazzi giovani che vivono la malattia riescano ad andare avanti – prosegue Amel -. Io ho potuto vedere che la vita continua. Per me sono arrivate tantissime cose belle. Poi vedo mio figlio, e mi sento vivere di più. Con lui ho sentito che dovevo lottare. Mi ha dato vita, gioia, tutto. E sono stata molto bene. Abbiamo anche riso tanto". Lo ha raccontato lo stesso Ghali e lo ripete Amel, pensando a quegli stessi momenti evocati dal figlio: "Mettevo la parrucca e poi sentivo prurito, allora mi spostavo in qualche posto, la toglievo e mi grattavo. E in quei momenti ridevamo, scherzavamo. Va bene così, è stato bello. E' un viaggio".  Ovviamente sul momento "il sentimento è un altro. Ti vengono tante domande: è finita? Perché? Ma poi grazie a Dio, grazie ai dottori, vai avanti. Oggi le cure sono andate avanti, sono un po' più facili, è diventata una cosa più normale, il cancro sembra più come tante altre malattie". Un pezzo della vita? "Certo – conclude -. E poi guardo mio figlio e la vedo la vita. E dimentico tutto".  "Sono molto contento di quello che è successo", del fatto che Norvegia, Irlanda e Spagna hanno annunciato che riconosceranno lo Stato palestinese. "E penso che l'Italia, comunque, per la Costituzione che ha, può essere uno di quei Paesi". Risponde così Ghali a chi gli chiede cosa ne pensa degli sviluppi riguardanti la questione palestinese, tema a lui caro come ha dimostrato portando un messaggio di supporto anche sul palco di Sanremo. In questi giorni, dopo che il primo ministro norvegese ha affermato che il riconoscimento da parte loro sarà reso ufficiale il 28 maggio, seguito da dichiarazioni sulla stessa linea del primo ministro irlandese e del premier spagnolo, si è riacceso il dibattito sulla cosiddetta 'soluzione a due Stati'. Anche l'Italia dovrebbe fare questo passo e riconoscere la Palestina come Stato? Per Ghali "potrebbe essere uno di quei Paesi. Ma poi – spiega oggi a margine dell'evento 'Ieo con le donne' al Teatro Manzoni di Milano -. lo vedo anche per strada il supporto del popolo e per me lo Stato è il popolo".  Poche parole le sue, perché – puntualizza – non vuole che si tolga spazio e attenzione alle donne protagoniste della giornata di oggi, le pazienti ed ex pazienti dell'Istituto europeo di oncologia, che hanno vissuto l'esperienza di un cancro, come sua madre Amel. "Quello che vedo io, però, è che non so quando succederà che l'Italia" farà questo passo, "non so qual è il processo". "Però vedo che tante persone in questo Paese la pensano come in quegli Stati", conclude.  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)

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