Passato il tempo delle celebrazioni, degli applausi e della soddisfazione troppo spesso effimera, l’inaugurazione della casa della salute di Santa Croce di Magliano lascia dietro di sé una serie di dubbi e incertezze per il futuro della sanità molisana, così tanto bistrattata non solo dal Governo regionale ma anche da quello nazionale, caso lampante la recente manovrina che ha attribuito al Commissario ad Acta l’esecuzione del programma operativo straordinario 2015-2018 e l’adozione dei provvedimenti previsto dallo stesso piano.
Così mentre il Presidente della Regione, e Commissario ad Acta, si dedica ai tagli di nastro le istanze sanitarie del territorio regionale vivono una situazione sempre più allarmante, da ultimo il caso di Ortopedia al Cardarelli di Campobasso, non in grado di assicurare l’urgenza notturna. E come la mettiamo con la sentenza del Tar Molise che ha annullato il decreto del Commissario Frattura che disponeva la riconversione in ospedale di comunità del Vietri di Larino stante l’assenza di “un’istruttoria che ponesse in evidenza le specificità del territorio Larinese, il grado di utilizzo delle strutture ospedaliere, la facilità di raggiungimento dei presidi vicini, la recettività delle strutture limitrofe, le ragioni della scelta dell’ospedale Vietri rispetto ad altre possibili strutture, i costi e l’incidenza specifica dei risparmi rispetto alle potenziali soluzioni alternative”?
Oggi poi un’altra novità: il Molise conquista la maglia nera, l’ennesima, per la performance del sistema sanitario regionale, con un indice complessivo dello 0,38; la nostra regione, nel rapporto presentato dal Crea Sanità – Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” (Consorzio per la Ricerca Economica Applicata in Sanità) “è penalizzata sull’indicatore di spesa sanitaria pubblica, sui Pazienti con IMA trattati con PTCA entro 2 giorni, sul Tasso di ospedalizzazione ordinario in acuzie, sulla Quota interventi più frequenti di chirurgia generale eseguiti in laparoscopia, sulla Quota pazienti con Epatite C trattati con i nuovi farmaci e parzialmente anche sui due relativi alla disabilità”.
In attesa di avere risposte concrete sulle difficoltà del nostro sistema sanitario, non possiamo oggettivamente credere che la soluzione di tutti i mali siano le Case della Salute, che dopo Santa Croce dovrebbero essere aperte anche in altri comuni come Agnone, Venafro, Isernia, Frosolone, Trivento, Bojano, Riccia, Larino, Termoli e Campobasso, Montenero di Bisaccia e Castelmauro;
struttura presentata come “il punto distintivo della nostra riorganizzazione”, ma non possiamo esimerci dal sollevare alcune perplessità derivanti dall’applicazione e dai risultati negativi che questo strumento ha avuto in altri contesti regionali.
È vero che ci sono stati modelli positivi, su tutti quello dell’Emilia Romagna, ripartito positivamente dopo uno stallo iniziale grazie ad alcuni modifiche progettuali, però in regioni come la nostra, che hanno dovuto tener conto per anni del piano di rientro, si sono riscontrati grossi problemi. L’esempio più rilevante è quello del Lazio, dove le Case della Salute non sono state in grado di rispondere alla domanda di salute proveniente dai cittadini.
Queste strutture saranno in grado di ovviare al costante depotenziamento degli ospedali di riferimento e alle riconversioni di molte di queste strutture in ospedali di comunità? Riusciranno a risolvere il problema annoso dell’intasamento dei pronto soccorso? Oppure i cittadini molisani saranno costretti a percorrere chilometri per avere cure adeguate, magari andando fuori regione?
Il documento presentato dal Ministero della Salute il 27 giugno 2006 ha posto come obiettivo per potenziare il sistema di cure primarie la realizzazione della casa della salute per “garantire la continuità assistenziale e terapeutica per 24 ore e sette giorni su sette; assicurare un punto unico di accesso dei cittadini alla rete dei servizi e la presa in carico della domanda; sviluppare, tramite il distretto, rapporti di collaborazione con l’ospedale di riferimento sia per l’interdipendenza tra cure primarie, cure specialistiche e diagnostica strumentale che per la definizioni di protocolli per accessi e dimissioni programmate”.
Con queste strutture quindi si vuole superare “il concetto di ospedale come punto esclusivo delle cure”, come affermato dal Presidente Frattura? Questa ci sembra un’affermazione che va in contrasto con la natura stessa della Casa della Salute, ben deducibile dalle linee guida del Ministero, che si pone obiettivi diversi dal concetto di ospedalizzazione.
In una regione come la nostra, dove la rete extra ospedaliera presenta criticità rilevanti che non permettono di tollerare l’eccessivo e costante accorciamento dei tempi di degenza ospedaliera e soprattutto di far fronte alla diminuzione dei posti letto a disposizione, sarà possibile un’integrazione positiva della Case della Salute? Saranno in grado di assicurare la diagnostica di base? Soprattutto si supererà il grave problema delle interminabili liste d’attesa?
I dubbi sono tanti, la speranza è che il progetto non risulti fallimentare, come già successo in altre regioni, e che i cittadini non debbano scontare sulla loro pelle le scelte del Governo regionale.
ANGELA FUSCO PERRELLA