Foti: “Stabilità governo miglior indicatore per Pil, accelerare al massimo Pnrr”

(Adnkronos) –
La stabilità del governo è "il migliore indicatore economico" in un'Europa che arranca e con il rischio dazi alle porte. Adesso "con senso di responsabilità" di tutti, bisogna premere "al massimo" l'acceleratore sul Pnrr puntando al 30 giugno 2026, anche perché un'eventuale proroga andrebbe accordata da Bruxelles. Tommaso Foti, ministro agli Affari europei, Politiche di coesione e Pnrr in un'intervista in esclusiva all'Adnkronos affronta a tutto tondo i dossier economici sul tavolo in Italia e nell'Ue, dal ribasso delle stime sul pil oggi dall'Upb, all'impatto dei dazi Usa e della contrazione tedesca, la necessaria accelerazione del Pnrr, ma anche il nodo delle concessioni idroelettriche e il dibattito europeo sulle spese per la difesa. (Video 1) (Video 2) (Video 3) (Video 4) (Video 5) (Video 6) I dazi Usa, la Francia e Germania in crisi economica e la produttività italiana stagnante mettono a rischio la crescita dell'Italia, che a questo punto dipenderà ancora di più dal successo del Pnrr, ha una bella responsabilità sulle spalle, pensa che sarà possibile confermare gli obiettivi? "Il quadro risente di una situazione geopolitica in movimento e soprattutto di alcune crisi che hanno investito paesi Ue come la Germania che in passato avevano un ruolo di locomotiva e questa situazione si riverbera sull'Italia. Ma in questa fase i cui la Germania voterà a breve, la Francia ha un po' di impasse, la stabilità del governo italiano è sicuramente uno dei migliori indicatori economici perché questo dà fiducia agli investitori internazionali che sono quelli che spesso e volentieri sono mancati al nostro paese. Quanto all'impatto del Pnrr, abbiamo avuto una fase di progettazione, oggi siamo nella fase di attivazione di quei progetti, stiamo analizzando alcune situazioni che rappresentano alcune criticità per cercare di superarle ma dobbiamo essere realisti nel senso che impatto l'impatto del Piano sul pil italiano non deve essere circoscritto al 2025 o 2026, perché noi abbiamo un insieme di obiettivi di spesa ma anche di riforme i cui effetti si prolungano negli anni e anzi dovrebbero migliorare complessivamente la situazione economica del paese facilitando gli investimenti".  Oggi l'Ufficio parlamentare di bilancio ha tagliato la stima sul pil prevedendo quest'anno +0,8% contro +1,2% indicato dal governo. Ribassi delle previsioni erano arrivati anche dai previsori internazionali, a questo punto pensa che il governo dovrà rivedere le stime contenute nel Piano strutturale di Bilancio?  "Siamo all'inizio del mese di febbraio, io penso che tradizionalmente il punto lo facciamo verso fine aprile quindi è inutile oggi volersi focalizzare su dati che hanno un fondamento per l'elaborazione che viene fatta e per i soggetti che li elaborano ma quanto sarà il prezzo del gas ad aprile non posso prevederlo né io, né chi fa queste verifiche". Quali le criticità che ha rilevato nel Pnrr al suo arrivo al dicastero? "Il problema vero è che abbiamo una massa di spesa notevolissima, un'entità mai realizzata in Italia né mel secolo precedente, né in quello attuale, cosi iniziamo a dire le cose come stanno rispetto ai tempi ristretti. Questo piano nella fase di programmazione ha avuto una dimensione temporale notevole, circa la metà se non di più, ora siamo nella fase esecutiva e dobbiamo cercare sicuramente di accelerare ma tenere presente anche il livello delle imprese che possono fare fronte a questa mole di finanziamenti".  La fondazione Openpolis dice che a circa tre anni dall'avvio del Pnrr è stato speso solo un terzo delle risorse (58,6 miliardi sui complessivi 194), considerando che il Piano scade tra un anno e mezzo resta del parere che non bisogna chiedere proroghe?  "I dati di Openpolis si fermano al 30 novembre 2024, ora siamo a febbraio 2025. Ritengo di poter dire che probabilmente al 30 dicembre 2024 avremo più o meno contabilizzato 64 miliardi di spesa. Noi oggi abbiamo 120 miliardi incassati per le prime sei rate, siamo in una fase di dialettica con la Commissione Ue per avere i 18,5 miliardi di euro per la settima rata, poi l'ottava, la nona e la dedica rata hanno una scansione tra il 2025 e il 30 giugno 2026, quindi ci rendiamo conto che non è che si possa fare un conto semplicemente matematico: noi in realtà abbiamo incassato 120 miliardi, ne abbiamo speso 64 ma probabilmente sono molti di più perché tra la spesa e la rendicontazione ci sono mediamente 2-3 mesi di assestamento della spesa. Dopodiché è evidente che in una mole di finanziamenti del genere con circa 262mila codici di spesa si capisce che vi sono delle situazioni di grande soddisfazione e situazioni di minore soddisfazione, e dobbiamo cercare di mettere in moto tutto quanto si prevedeva che partisse". 
Dunque ribadisce il 'no' ad una proroga dopo giugno 2026?
 "In un momento che dovrebbe essere di massima accelerazione se si inizia a parlare di proroga significa decisamente fermare ogni possibilità di massima accelerazione, sarebbe come se un allenatore di calcio si preoccupasse più dei 4-5 minuti di recupero dopo il 90esimo minuto anziché preoccuparsi di chiudere la partita al 90esimo, quando la partita è prevista concludersi nei tempi normali. Inoltre bisogna chiarire che quella di un'eventuale proroga non è decisione unilaterale, la chiedono i paesi interessati ma ovviamente deve convenire sulla proroga la Commissione europea. Meno si parla di proroga e meglio è, in secondo luogo bisogna vedere se ci sono altri paesi che la chiedono ma attualmente noi abbiamo un Piano in piena funzione, dobbiamo migliorarne le parti che registrano problematiche, cercando superarle, e obiettivo è rispettare i tempi che ci siamo dati e sui quali ci siamo impegnati. A condizioni normali l'obiettivo deve essere il 30 giugno 2026, poi cosa accadrà in questi 16 mesi lo vedremo, non sono il mago Otelma. Ma parlare di proroga rilasserebbe i soggetti attuatori". Ma non teme che i dazi Usa impattando eventualmente il Pil possano impattare indirettamente anche il Piano di ripresa e resilienza?  
"Penso che anziché essere i ventriloqui di Trump sia più positivo evitare elementi di situazione conflittuale ancora prima che si verifichino le condizioni.
Nel momento in cui dovessere essere formalizzati e chiariti eventuali dazi, sarà la politica che dovrà fare la sua parte, ovviamente trattando con gli Usa in modo unitario, avendo chiaro che l'orizzonte deve essere quello di dimostrare nei fatti che l'economia europea serve anche all'economia americana e viceversa".
 
Prima che da fattori esogeni ed esterni però il successo del Pnrr dipende dai players coinvolti, qual è il suo appello agli attori sul campo?
 "L'appello è che gli impegni che ognuno si è assunto vanno rispettati, dare il massimo possibile con senso di responsabilità, con la capacità, la costanza e la volontà che gli italiani sanno mettere in campo nei momenti in cui ne serve in misura superiore alla normalità. La vera riuscita del Pnrr non è l'affermazione o la sconfitta di un governo, di una maggioranza o un'opposizione, quella del Pnrr è una vittoria dell'Italia nel suo complesso, nel suo sistema di enti locali, soggetti attuatori, imprese, i tanti amministratori che ci hanno messo la faccia, il sistema di tutti coloro che cercano intervenire al meglio perché si realizzino condizioni di adempimento sostanziale del Piano".  
Il nodo delle gare per le concessioni idroelettriche adesso in Parlamento ricorda il caso dei balneari, che ha dato molto filo da torcere al governo, che soluzione auspica?  "La questione della messa in gara delle concessioni idroelettriche è stata una scelta politica della maggioranza che sosteneva il governo Draghi e che oggi ha portato ad una situazione non facile anche perché questa modifica normativa è entrata a fare parte di uno dei target della terza rata del Pnrr che è stata già liquidata quindi se noi dovessimo cambiare oggi le regole del gioco dovremmo andare in una situazione in cui vengono sospese le rate del Pnrr e una possibile restituzione fino a 5 volte tanto, Una situazione che non è nelle possibilità del paese. Allora invece di stare in ambito normativo che sarebbe fatalmente oggetto di situazione di grande difficoltà per gli obiettivi del Pnrr, bisogna cercare di fare un discorso molto più diplomatico con la Commissione europea per vedere quali possibilità ci possano essere in una situazione che ha un'anomalia in Europa perché molti paesi hanno prorogato la concessione e noi abbiamo questa situazione di concessioni a gara. Quindi gli italiani potrebbero concorrere solo per l'Italia dove trovano anche la concorrenza straniera ma non potrebbero fare nessuna offerta per eventuali concessioni negli altri paesi europei per il semplice fatto che non ci sono le gare. Quindi all'Ue bisogna spiegare con ragionevolezza la situazione per trovare punti accordo per la parità con tutti soggetti nell'Unione".  
In Europa c'è sul tavolo un dossier che divide i paesi membri ed è quello delle spese per la sicurezza, con i 'frugali' che ipotizzano il ricorso anche ai fondi di coesione, cosa ne pensa?  "Le spese per la difesa è meglio scorporarle dal Patto stabilità. Noi riteniamo che proprio perché i fondi di coesione servono ad eliminare le discrasie Nord-Sud debbano rimanere in capo alla coesione cioè destinati agli intenti per i quali la coesione è stata a suo tempo pensata, vagliata e finanziata". Infine un commento sul caso Almasri che infiamma il dibattito politico.  "Penso che sia quanto meno singolare che si mandino avvisi di garanzia a quattro membri del governo sulla base di un esposto che a mio avviso non contiene la notizia di reato".  
(di Luana Cimino)
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