La violenza contro le donne ha assunto dimensioni tali da poter essere considerata una vera e propria piaga sociale. Non riguarda solo le fasce sociali emarginate e svantaggiate ma è un fenomeno trasversale che interessa ogni strato sociale, culturale ,economico ,senza distinzione di età, religione o razza.
Gli effetti di chi subisce sono devastanti e distruttivi a livello fisico, psicologico ,emotivo e relazionale. Contrariamente al pensiero comune, i dati statistici affermano come la violenza si manifesta soprattutto all’interno di quei rapporti dove è presente un coinvolgimento affettivo o personale.
Molte le forme di violenza: vogliamo fare una riflessione sulla violenza psicologica, fedele compagna e anticamera di quella fisica. La violenza psicologica rappresenta la forma più sottile e perfida, perché si manifesta in modo invisibile, senza lasciare lividi sul corpo ma che mira a disintegrare ed annientare lentamente la vittima, facendole perdere la capacità di valutare criticamente e consapevolmente la sua condizione e costituisce un modello di comportamento protratto nel tempo diretto al controllo e finalizzato a ledere l’identità e l’integrità psichica. Le donne devono individuare quei segnali che stabiliscono cosa sia lecito accettare in una relazione e cosa invece sconfina in dinamiche non tollerabili, devianti e disfunsionali.
Moltissime le donne che subiscono maltrattamenti nel corso della loro vita, attraverso minacce personali o alle persone care della vittima ,ricatto emotivo,isolamento, violazione della privacy con ipercontrollo, gelosia patologica e tutti i gesti e le parole che hanno lo scopo di svalutare, denigrare, umiliare,disprezzare.
Il “gaslighting “è la forma più subdola di violenza psicologica,responsabile di una profonda sofferenza che si struttura nel tempo minando la personalità della vittima e la sua fiducia in se stessa, del grado di contatto con la realtà fino a sentirsi una persona confusa e sbagliata. Il sabotaggio di qualsiasi attività relazionale è finalizzato a rendere la vittima completamente dipendente e prive di sostegno morale. Il comportamento di “gaslighting “attraversa tre fasi :la prima d’incredulità da parte della vittima che non crede a quello che vorrebbe farle credere il suo carnefice , la seconda di difesa e la terza di depressione dove si convince che il manipolatore ha ragione e diventa dipendente e vulnerabile.
Tre sono le categorie di manipolatori:il bravo ragazzo che sembra volere solo il bene della vittima ma in realtà antepone ad ogni altra cosa i propri bisogni, l’adulatore che attua la manipolazione con lusinghe e l’intimidatore che utilizza il rimprovero e l’aggressività diretta. Come uscirne? Le vittime devono riconoscere di vivere una situazione di violenza e che essa non è mai giustificabile ,capire che non si è mai responsabili dei soprusi subiti ,superare la paura e l’imbarazzo di essere giudicate e parlarne , trovare il coraggio di rivolgersi ai carabinieri e polizia o ai centri antiviolenza e iniziare un percorso di ricostruzione della propria identità ,della fiducia e del senso di sè che porti a liberarsi da una relazione perversa e dolorosa. Per intervenire contro la violenza sono necessari azioni che mirano ad un’educazione di genere nelle scuole , alla formazione di figure di sostegno,una rete sociale di supporto e solidarietà e nell’ambito familiare le donne non devono restare imprigionate in ruoli stereotipati di subordinazione , sudditanza poiché la virtù principale della donna non è l’abnegazione di sè .
La Coordinatrice Interregionale Donne FNP CISL Abruzzo -Molise
Eva Santangelo