Inizia Settembre e, nonostante il clima torrido, viene da pensare all’autunno e, quale larinese, alla Fiera di Ottobre che segnava la sosta dei transumanti nel piano, con i tre tratturi (L’Aquila-Foggia o tratturo Magno o Regio; Centurelle – Montesecco e, il più vicino, L’Atelete – Biferno – Sant’Andrea) che l’attraversavano. Così come quella (un tempo) di fine Maggio, poi trasformata in una stupenda e originale festa, dedicata al patrono della Città, San Pardo. Non nascondo la mia delusione se penso che anche la prossima edizione sarà una riproposizione del mercato settimanale, un po’ più grande, spostato tutto verso il campo sportivo e l’antico e sempre più prezioso Anfiteatro. Come dire che, per chi ha amministrato e amministra Larino, la transumanza non si è mai arrestata e i tratturi si sono tutti salvati dalle colate di cemento ed asfalto!
Era grazie a questi tratturi e alla transumanza che la Fiera di Ottobre, forse con un nome diverso, c’è sempre stata e vive da millenni. Una manifestazione che, per la ricchezza degli scambi, soprattutto degli animali e, in modo particolare, dei maiali, aveva una sua fama a livello nazionale.
Per quanto mi riguarda, grazie al tempo vissuto, sono testimone delle ultime edizioni che si svolgevano sul Piano S. Leonardo (u chiane da fiere)dall’anfiteatro al Montarone e ricordo, non senza nostalgia, la grande affluenza di visitatori con i loro dialetti e la confusione condita dei profumi che uscivano dalle baracche, come anguilla o sarde sulla brace, polli allo spiedo e agnello alla baraccana, castagne arrostite o la mitica scapece (schepèce), che risplendeva di giallo zafferano nelle tinozze con le toghe lustre, tutte perfette.
La Transumanza oggi – a parte quella della famiglia Colantuono, bravissimi allevatori di Acquevive di Frosolone – purtroppo non c’è più e i tratturi, nonostante una legge regionale, sono interrotti in più parti, quando non sono occupati da case e capannoni o asfaltati. Una realtà che fa capire che non c’è più il tradizionale pubblico della Fiera di Ottobre e questo dato fondamentale è passato di mente a quanti in questi anni hanno pensato al grande evento ottobrino, con la conseguenza di continuare a fare la stessa, come un tempo senza, però, i protagonisti.
Ho scritto e ragionato più volte sulla “grande fiera”, invitando anche, quanti impegnati a organizzarla, a pensare a una sua profonda trasformazione per evitare il rischio di esaurimento dell’ abitudine di chi viene ancora alla Fiera di Ottobre.
Non c’è più la transumanza, ma c’è sempre più gente che viaggia lungo l’A14, l’Autostrasa che da Bologna scende verso Taranto, la stessa Bifernina; il treno, anche se le ultime notizie riferite alla Freccia rossa Milano_Bari non non danno la fermata a Termoli e…,stavo per dire, il porto di Termoli, che però si ferma al solo collegamento con le isole Tremiti dimenticando l’altra sponda dell’Adriatico. Mi chiedo perché si è (giustamente) parlato e si continua a parlare di Regione Adriatica se non siamo capaci di avere le vie più brevi per comunicare con tutti gli altri popoli che abitiamo il nostro stesso mare! Non è questo, però, il discorso che avevo avviato e che voglio concludere, cioè la Fiera di Ottobre.
La vecchia idea è quella di fare della manifestazione larinese una grande rassegna oleo-enogastronmica, la Festa dell’Olivo e dell’Olio nuovo, coinvolgendo tutti i comuni molisani, le città gemellate con il Molise, quelle dell’Adriatico. Quattro giorni di festa grande – tutti al centro storico quale naturale palcoscenico della manifestazione – fatta d’incontri, scambi, racconti, sogni, cultura, per parlare del domani e cioè di cibo, sana alimentazione, agricoltura,ruralità, sovranità e sicurezza alimentare, sostenibilità, territorio, in particolare quello molisano, la sola grande risorsa che abbiamo.
Pasquale Di Lena