Fermate del trasporto pubblico in Molise, Sindacati: è una questione morale

La questione delle fermate non a norma nel trasporto pubblico locale in Molise non è più soltanto un problema tecnico o
amministrativo, ma è diventata una vera e propria questione morale. Si tratta di un tema che riguarda la sicurezza, la
legalità e il rispetto che le istituzioni dovrebbero garantire ai cittadini e ai lavoratori. Eppure, di fronte a una situazione
tanto grave ed evidente, la politica continua a voltarsi dall’altra parte, dimostrando un’indifferenza che non può più
essere tollerata.
Ogni giorno migliaia di passeggeri si trovano a utilizzare fermate prive dei requisiti minimi di sicurezza, costretti ad
aspettare autobus in luoghi pericolosi, spesso ai margini di strade trafficate, senza protezioni o adeguata segnaletica. Ma
se per i cittadini il rischio è evidente, per gli autisti diventa anche un incubo legale. Sono loro, infatti, gli unici a subire le
conseguenze giuridiche di questa situazione abnorme: se si fermano, rischiano la multa dalle forze dell’ordine, inoltre, se
si verifica un incidente rischiano anche pesanti responsabilità penali, se non si fermano presso le fermate irregolari, per
rispettare la legge, le aziende per cui lavorano li puniscono con sanzioni disciplinari, sospensioni dal lavoro e, nei casi
peggiori, minacce velate che mettono in discussione il loro stesso diritto a mantenere un’occupazione. È un paradosso
assurdo: chi dovrebbe garantire il rispetto delle norme è il primo a violarle, e chi cerca di seguire la legge viene punito.
Questo disastro non è nato per caso. È il frutto di decenni di clientelismo e pressappochismo, di scelte politiche miopi e
irresponsabili. Per oltre cinquant’anni, la Regione e le aziende del trasporto pubblico hanno autorizzato più di mille
fermate senza mai preoccuparsi di verificare se fossero conformi al Codice della Strada. Nessun controllo, nessuna
pianificazione, solo l’ennesima gestione superficiale di un servizio essenziale per la collettività. Oggi il nodo è venuto al
pettine, ma chi avrebbe il dovere di risolvere la situazione continua a ignorarla, dimostrando un atteggiamento che non è
più solo sinonimo di inefficienza, ma di una vera e propria mancanza di rispetto per la legge e per la sicurezza delle
persone.
A questa irresponsabilità si aggiunge un’altra domanda, forse ancora più inquietante: come sono gestite le risorse
pubbliche? Il silenzio delle istituzioni su questo punto apre una questione etica profonda: perché non si è intervenuti?
Perché si è permesso che il sistema degenerasse fino a questo punto? Il trasporto pubblico, anziché essere un servizio
efficiente e sicuro, è diventato l’ennesimo simbolo di sprechi, incapacità amministrativa e scarsa trasparenza.
Nel frattempo, a pagare il prezzo più alto di questa situazione sono sempre i più deboli: studenti, anziani, pendolari che
non hanno alternative alla mobilità pubblica e che ogni giorno si trovano a dover accettare un servizio indegno di un
paese civile. Chi governa dimostra con i fatti di non avere alcuna considerazione per loro, e la sua inerzia diventa la prova
concreta di un sistema in cui la disuguaglianza è ormai accettata e normalizzata.
Ma la conseguenza più grave di questo immobilismo è forse la perdita di fiducia nelle istituzioni. Quando chi ha il potere
di cambiare le cose sceglie deliberatamente di non farlo, quando la sicurezza viene sacrificata per inerzia o convenienza
politica, quando i lavoratori vengono ricattati per garantire la sopravvivenza di un sistema marcio, allora il problema non è
più solo un disservizio: diventa un’emergenza morale. Continuare a ignorare questa realtà significa accettare l’illegalità
come regola, il pericolo come condizione normale, l’ingiustizia come metodo di governo. E questo, più di ogni altra cosa, è
inaccettabile.

FAISA – CISAL

UGL Autoferro

FILT – CGIL

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