Il 30 gennaio 2016 si è svolto a Roma il Family Day, un evento organizzato da varie associazioni e movimenti cattolici per ribadire l’importanza della famiglia tradizionale, ma è stata soprattutto un’occasione per manifestare contro il riconoscimento delle unioni civili e in particolare del DDL Cirinnà. Tuttavia negli ultimi cinquant’anni il Paese è cambiato molto dal punto di vista economico, politico e sociale e la famiglia italiana ha subìto una rivoluzione, ma il mondo cattolico e una parte della politica continuano a nascondere la testa nella sabbia.
Nel 1970, dopo anni di battaglie civili, il divorzio diventa legge. Da allora ad oggi le convivenze e i divorzi sono in costante crescita mentre si celebrano sempre meno matrimoni; di questi solo uno su due in chiesa. Per essere precisi, basti pensare, secondo i dati Istat, che nel 1980, su una popolazione di 55 milioni e ottocento mila abitanti, si sono celebrati 305.000 matrimoni e avuti 26 mila divorzi, mentre nel 2011, su una popolazione di quasi 60 milioni di abitanti sono stati celebrati 204.830 matrimoni e si sono registrati quasi 54 mila divorzi.
Nel 2012, il Sud registra una crescita percentuale maggiore rispetto al Nord di separazioni e divorzi rispetto agli ultimi anni. Come spiega bene Lorenzo Di Pietro de L’Espresso “mentre molte regioni del nord seguono un andamento contrastante, e in calo per qualcuna, al sud aumentano i divorzi e soprattutto le separazioni” e due regioni importanti come la Campania e la Sardegna si portano ai livelli del Nord Italia.
Nel Molise ad esempio, pur essendo una piccola regione fortemente radicata nelle sue tradizioni cattoliche, si passa da 4 divorzi ogni diecimila abitanti nel 2005 a 6 nel 2012. Il dato è sorprendente perché la regione è in costante calo demografico sia per il numero di nascite che per giovani che lasciano la propria terra, tant’è che il saldo migratorio non si è mai arrestato. Il Molise in dieci anni, dal 2002 al 2012 è passato da 321.047 a 313.341 abitanti mentre l’età media è salita a 45,3 con un indice della vecchiaia del 196,0%, tra le regioni con il valore più alto.
Di fronte a questi dati, il Governo Italiano (almeno in questo) ha pensato bene di adeguarsi agli altri Paesi europei e il 26 maggio 2015 il “divorzio breve” è diventato legge. In soli due mesi (giugno e luglio) sono state presentate 50.000 domande. Il divorzio breve consensuale permette infatti di dirsi addio dopo soli sei mesi dalla separazione; non c’è bisogno di rivolgersi ad un avvocato e non ci sono spese; la semplificazione di questa nuova legge ha fatto registrare un’impennata dei divorzi.
Tornando al tema delle unioni civili, da qualche mese è in corso un ampio dibattito nel nostro Paese. In realtà se ne discute da almeno vent’anni, senza che ci sia una volontà vera di affrontare il problema. Il 23 gennaio 2016, migliaia di persone hanno manifestato nelle piazze italiane chiedendo che venga approvata una legislazione specifica per la regolamentazione delle unioni civili così come è presente da anni in altri Paesi europei come Spagna, Portogallo, Francia, Gran Bretagna e tanti altri.
Ma perché in Italia c’è tanta ostilità nel negare i diritti alle coppie dello stesso sesso? Siamo sicuri che i politici tengono veramente alla famiglia tradizionale? Lasciamo stare le loro storie personali e vediamo cosa hanno fatto negli ultimi anni. Come ha ricordato il senatore Alberto Airoli, dal 2008 ad oggi i politici hanno tagliato il 60% delle risorse sociali; hanno votato la legge Fornero, la privatizzazione della sanità, la privatizzazione della scuola e hanno sostenuto il Jobs Act; tutte misure che logorano la famiglia. Ma c’è di più: l’Italia è un Paese ancora fortemente maschilista dove le donne continuano ad essere discriminate sul lavoro e subiscono violenze soprattutto in famiglia. Ed infine, ma non per ultimo, l’Italia è fortemente condizionata dalla Chiesa, più di ogni altro Paese al mondo. Ma non dovrebbe essere proprio la Chiesa a promuovere prim’ancora che la famiglia, l’amore tra due persone? È troppo facile mettere in evidenza le contraddizioni storiche del cattolicesimo e il ruolo della donna al suo interno se pensiamo che fino al settecento migliaia furono arse vive perché ritenute delle streghe. Vedremo mai una donna diventare vescovo, cardinale o papa? Sarà molto difficile!
Intanto in televisione continuiamo ad assorbirci ciarlatani e opinionisti inqualificabili, e nessuna intervista a filosofi, giuristi e psicoterapeuti che da anni si occupano dei cambiamenti della famiglia e di diritti dell’infanzia.
In questo quadro generale abbiamo voluto intervistare Emma, una donna di 76 anni che vive in un piccolo paese molisano. La sua testimonianza ci consente di capire ancora meglio com’è cambiata la famiglia in Molise e nel Sud in generale e di come si sia trasformata dal punto di vista sociale, politico ed economico.
Buongiorno signora Emma ci può parlare brevemente della sua infanzia?
Sono nata in Molise durante la seconda guerra mondiale. La mia era una famiglia numerosa; eravamo nove figli, 4 donne e 5 maschi. Ai miei tempi le famiglie erano numerose nonostante la mortalità infantile fosse alta rispetto ad oggi. La regione era basata prevalentemente sull’agricoltura. I miei genitori erano contadini e fin dai piccoli ci siamo occupati del lavoro nei campi e di accudire gli animali.
Siete andati a scuola?
Si, fino alla quinta elementare. Poi le ragazzine andavano a scuola di taglio e cucito perché la donna doveva essere pronta per essere una brava casalinga e una buona moglie. Invece i maschi dovevano diventare dei bravi contadini, dovevano sapere quando arare, seminare e raccogliere, conoscere gli animali, tosare le pecore e mungere le vacche, quindi l’istruzione veniva in secondo piano.
Com’era il rapporto con i tuoi genitori?
Si aveva rispetto e timore nei confronti dei genitori. Generalmente il genitore di quegli anni era severo. Il padre era il capo famiglia, come dire … era la legge. Era colui che si spaccava la schiena nei campi e grazie al frutto del suo lavoro riusciva a sfamarci. Non si parlava molto in casa, le parole spesso erano risparmiate dai fatti. Si aveva un atteggiamento molto concreto della realtà.
Poi arrivava il matrimonio…
Ricordo bene il mio matrimonio, avevo 19 anni. Avvertivo un senso di terrore e di speranza nello stesso tempo.
Perché un senso di terrore e di speranza?
Le spiego. All’epoca spesso ci si sposava anche senza conoscersi; tante ragazze conoscevano il proprio uomo poco prima di salire sull’altare. Un giovane, tranne rari casi, non faceva la corte ad una ragazza, ma c’era un “ambasciatore” così chiamato, che faceva da tramite tra le due famiglie per combinare il matrimonio e in pochi mesi ci si sposava. Della sessualità non si parlava mai, era un tabù e la religione cattolica condizionava fortemente la vita sociale di ogni persona. Può immaginare il dramma che poteva provare una ragazza alla prima notte di nozze. Ci si sposava anche a 16, 17 anni con il consenso dei genitori. Io ho avuto la fortuna di conoscere mio marito e di sposarmi subito dopo, una brava persona che mi ha lasciato qualche anno fa. La speranza invece era quella di trovare una persona che ti volesse bene per tutta la vita.
Com’era il ruolo della donna all’interno della famiglia?
Il matrimonio era un punto di non ritorno, una volta sposati non si poteva tornare più indietro, quindi era un terno all’otto. Poteva capitarti una brava persone, ma lei non ha idea di quanti mariti trattavano male la moglie o addirittura la picchiavano. Il maschilismo era vergognosamente e tacitamente accettato a tutti i livelli, dal prete al sindaco, dal farmacista al notaio tranne rare eccezioni. All’epoca il divorzio non c’era ancora; una donna che subiva violenza non lo denunciava, anzi subìva in silenzio e non diceva nulla perché non bisognava dare scandalo. Si dovrà attendere il ’68 per far emergere la condizione della donna all’interno della famiglia.
Mi pare di capire che per come veniva trattata la donna, non ha un buon ricordo della famiglia di quel periodo …
Ci sono senz’altro tanti aspetti positivi. La famiglia era molto più unita rispetto ad oggi e anche “allargata”, nel senso che spesso si restava nel proprio paese e i rispettivi suoceri diventavano parte integrante. Quando mi sono sposata io, per un paio d’anni siamo andati a vivere a casa dei miei suoceri; oggi una cosa del genere sarebbe impensabile. I nonni ad esempio svolgevano una funzione importante anche nell’educazione dei propri nipoti, e rappresentavano una guida, una certezza sui quali ci si poteva sempre fidare. Oggi la famiglia sembra chiusa, sembra essere un contratto a due e guai a chi ficca il naso in questo microcosmo. Ci si sposa tardi e quando arriva qualche figlio (se arriva), i nonni già non ci sono più o sono ormai molto anziani. In molti casi i nonni, soprattutto al sud, rappresentano un ammortizzatore sociale. Ma il discorso è molto più ampio perché bisogna tener presente a mio parere che la famiglia si stia adeguando ai mutamenti economici e culturali, non perché non ci si voglia più bene.
Oggi si parla molto di unioni civili, matrimoni tra persone dello stesso sesso e adozioni gay. Si discutevano di queste tematiche quando lei era giovane?
Assolutamente no. Gli omosessuali non erano considerati persone normali, tant’è che difficilmente ci si dichiarava gay perché potevano essere derisi e detestati dalla società. Molti nascondevano la loro condizione e si sposavano normalmente.
Ha un consiglio da dare, una sua considerazione finale?
Le può sorprende ciò che le dico data la mia età, molte mie coetanee non la pensano come me. Con gli anni ho capito che la libertà è la cosa più importante che ci possa essere per una donna e per un uomo, al di là delle tradizioni e dei costumi sociali perché spesso rappresentano delle costrizioni. Non credo che ci siano ricette per la buona famiglia. Prima della famiglia c’è qualcosa di gran lunga molto più importante e cioè l’amore. È l’amore che consente due persone di formare la famiglia e di avere dei figli, è l’amore che consente a due persone dello stesso sesso di adottare un bimbo, è l’amore che unisce gli uomini della terra e non un legame giuridico, gli usi e i costumi di una società. Ormai si sa che i figli sono felici se alla base della famiglia c’è l’amore. Un consiglio? Volersi bene se si vuole amare e di seguire la propria natura non delle norme non scritte. Ho conosciuto mamme che hanno scelto di morire pur di dare alla luce il loro bimbo; ho conosciuto padri che si sono ammazzati di lavoro per garantire un buon tenore di vita alla propria famiglia, ho conosciuto persone che hanno donato un organo al proprio fratello e non erano stati obbligati da nessuna norma.
Sante Biello