Ogni anno gli italiani pagano sulla bolletta ENEL in aggiunta ai consumi elettrici anche 14,6 miliardi di euro per finanziare gli investimenti delle multinazionali nelle fonte rinnovabili e in particolare nell’eolico e nel fotovoltaico. Approvata la Strategia Energetica Nazionale, il Ministero dello Sviluppo stabilisce l’entità degli incentivi annui in favore dei certificati verdi drogando il mercato delle fonti rinnovabili. Chi investe nel settore non remunera il capitale in base alla quantità e qualità di energia prodotta ma anche e sopratutto in base agli incentivi ministeriali prelevati dalle tasche degli italiani direttamente sulle bollette Enel. Una miriade di società a responsabilità limitata con capitali irrisori di qualche migliaia di euro presentano richieste di autorizzazioni per investimenti in impianti eolici, fotovoltaici, o a biomassa per importi di milioni di euro. Lo Stato con una norma del 2003 ha equiparato questi investimenti ad attività di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili, creando un doppio privilegio per queste imprese. Non solo chi alza una pala eolica si ritrova con un profitto spaventoso ancor prima che l’impianto cominci a funzionare per via del certificato verde finanziato dal Governo, ma durante il procedimento di autorizzazione le società possono far valere la norma che il loro investimento privato è considerato di pubblica utilità, urgente ed indifferibile. In aggiunta a questi vantaggi, è stata approvata un’ulteriore norma di legge che in modo stravagante stabilisce il diritto dell’impresa in caso di soccombenza innanzi al Consiglio di Stato per una procedura di autorizzazione in questo settore, a poter presentare appello alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dove viene attivato un arbitrato che può giungere a ribaltare le sentenze e dare ragione alle società e torto ai Comuni, alle Associazioni o al Ministero dei Beni Culturali. In pratica i piccoli comuni del Molise interessati a tutelare i propri coltivatori diretti, gli operatori turistici o i beni ambientali, i siti archeologici, i monumenti o più in generale il proprio patrimonio culturale, si ritrovano a combattere una battaglia impari contro società che mutano nome, si passano i progetti, resistono in giudizio per anni e godono di norme a prova di impugnativa. L’esempio di Castelmauro è illuminante e ci aiuta a capire la posta in gioco. L’Amministrazione comunale a fronte di una richiesta di autorizzazione di impianti eolici scelse di convocare un’assemblea popolare in cui correttamente invitò sia esperti che erano a favore che rappresentanti che avevano delle riserve per far illustrare ai cittadini democraticamente i pro e i contro. Vista la prevalenza dei contrari l’amministrazione ha resistito nei confronti della società ma è di questi giorni il pronunciamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri a favore dell’installazione di 8 pale eoliche alte 178 metri nelle prossimità di aree di particolare valenza paesaggistico-ambientale. Ebbene se si pensa che sono giacenti presso gli uffici della Regione Molise istanze per installare 2.500 pale eoliche che andrebbero a sommarsi alle 308 già attive e a quelle già autorizzate, sussiste il rischio di veder stravolto il nostro territorio con una pala eolica per ogni km quadrato. Come difendersi ? Uno dei pochi strumenti di tutela esistenti è l’adozione di norme di salvaguardia in difesa dei Comuni da inserire nel Piano Energetico Ambientale Regionale già posto in trattazione nella prossima seduta consiliare. L’appello che sommessamente rinnovo all’attenzione di tutte le forze politiche, sociali e istituzionali della nostra regione, è quello di modificare il PEAR per preservare il nostro Molise ed evitare che Castelmauro sia solo il primo di una serie di comuni costretti a soccombere al cospetto di interessi economici di simili proporzioni.
Michele Petraroia