Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un nostro lettore
Le recenti minacce del presidente americano Trump di aumentare i dazi sui prodotti locali italiani, in particolare sul parmigiano reggiano, mi hanno colpito molto, nonché indignato. L’indignazione sale se penso che, a poche settimane dal suo insediamento, il nostro nuovo governo è ritornato all’attacco su un tema che non appassiona nessuno, ma che piuttosto crea mal di pancia: quello dello ius soli.
Si perde di vista l’essenziale per dare spazio al superfluo (ma anche al divisivo, giacché questa benedetta immigrazione è, dalla compagine governativa, trattata alla maniera di sempre: quella del globalismo da divano nonché della vergogna nei confronti della propria identità nazionale, intesa nel senso più bello del termine e scevra da qualsiasi estremismo).
La minaccia del presidente americano è reale, eppure, ascoltando diversi telegiornali (da quelli più schierati a sinistra a quelli più orientati a destra), non ho sentito una sola parola del nostro esecutivo in merito a future, immediate strategie difensive che il nostro Paese ha il sacrosanto dovere di mettere in atto. Chi ha parlato senza tanti giri di parole è stato solo l’attuale presidente della Coldiretti.
Il nostro Primo Ministro? Conforme alla religione ecologista del momento, poco documentata e molto umorale, ha preferito soffermarsi sul “Green New Deal”, ossia sulla svolta verde che gli agricoltori, già provati da concorrenze sleali e sempre più frequenti catastrofi naturali, dovrebbero attuare, con notevole dispendio di soldi e scarsa se non nulla certezza di incentivi (non dimentichiamoci che, in primis, il governo deve trovare 23 miliardi per scongiurare l’aumento dell’IVA, quindi figurati se si incammina sulla strada tortuosa delle agevolazioni fiscali a chi fa un’economia più rispettosa dell’ambiente!).
Poche idee e tanti slogan qualunquisti, proprio come è avvenuto nel venerdì in cui gli studenti sono scesi in piazza per la salvaguardia del pianeta. A dire il vero, durante quelle manifestazioni al qualunquismo si è aggiunta la volgarità nel senso più becero del termine, ma non mi presto a ripetere ciò che si leggeva su tanti cartelli, molti dei quali (e questo è il segno che di preparazione scientifica sulla materia ce n’è poca, e che si è mescolato di tutto) citavano inspiegabilmente esponenti del passato esecutivo in modo certamente non consono: che cosa c’entrerebbe chi ha lasciato lo scranno con il fatto che a dicembre abbiamo ancora le cimici e che al Polo Sud i ghiacci stanno sciogliendosi? Mah…
Quando c’è un problema, un bravo politico deve focalizzarsi sullo stesso, non sviare per distogliere l’attenzione della gente, facendole dimenticare che il suo esecutivo non ha o non vuole avere soluzioni ad esso. Quindi che cosa c’entra in questo momento parlare di Green New Deal per un settore che vedrà interi comparti -specialmente quello dei nostri formaggi più celebri- cominciare a scricchiolare per le incomprensibili decisioni di uno che è capo di un Paese -gli USA, appunto- il quale è eminentemente importatore e solo secondariamente esportatore?
L’altro giorno mi trovavo a fare la spesa presso una grande catena di supermercati e, con grande sorpresa, ho trovato limoni del Sud Africa. Caspita, ho pensato! Noi, la patria degli agrumi, dobbiamo elemosinare l’import di uno dei nostri prodotti più identificativi! Il nostro governo va mai a fare la spesa? Si rende conto di queste storture? Capisce che hanno la priorità su temi, come quello ecologista, che se non vengono preceduti da una intelligente tutela del prodotto autoctono, cadono come un muro di burro?
Vorrei tanto chiedere al nostro Primo Ministro, ormai onnipresente a tutte le manifestazioni: ma lei una ferita la cura con il disinfettante o con la crema per le mani?
Ci pensassero tutti coloro che salmodiano nei confronti di questo pasticcio, il peggiore dalla storia del nostro dopoguerra.
Adolfo Mangiapane