Lo scorso 31 ottobre ad Isernia si è tenuto l’interessante incontro dove è riemersa la ingiustizia dei sacrifici imposti alle masse in nome del dogma imposto dal lavaggio del cervello mediatico: l’obbligo di pagare il debito pubblico. Anche grazie a questa lodevole iniziativa, cogliamo l’occasione per riproporre la necessità di organizzare anche nel Molise un’opera di controinformazione, a partire da un’azione unitaria della sinistra politica e sindacale. In primo luogo occorre comprendere che v’è un nesso diretto, tra i tagli antisociali locali e la questione del debito pubblico sul piano centrale. Dalla sanità regionale, ai servizi locali essenziali, dalle pensioni, alla scuola, ai trasporti, agli aumenti di tassazioni indirette che colpiscono in modo iniquo le classi popolari. Per non parlare dell’occupazione.Come mai dopo tanti anni di duri sacrifici e tagli alle spese sociali il debito pubblico continua ad aumentare senza freni, essendo oggi giunto ad oltre 2 mila miliardi ? Da cosa è composto il debito pubblico ? Chi possiede i titoli pubblici, chi determina ed intasca gli interessi ? Il lavaggio del cervello mediatico diffonde la falsa percezione, anche tra le masse molisane, che sia colpa della spesa troppo elevata per pensioni, sanità, scuola, pubblico impiego, per il settore sociale in generale. Per non parlare delle idiozie razziste che dirottano la rabbia popolare sugli immigrati e nelle guerre tra poveri, o che tendono a contrapporre giovani ed anziani. Ma se si analizzano i dati ufficiali degli stessi organi istituzionali (Banca d’Italia, Istat ecc.), come ha fatto, ad esempio tra gli altri, l’esperto Gesualdi (non di certo comunista), si ricava ben altra realtà: la spesa sociale italiana è tra le più basse d’Europa, e, sorpresa, le entrate sono ormai strutturalmente superiori alla spesa per servizi ed investimenti, a causa della trentennale macelleria sociale varata dai vari governi borghesi di destra e di centrosinistra. Si chiama “avanzo primario” accumulato negli anni, nonostante il fiume di miliardi persi tra grande evasione, corruzione e detassazioni e regalie a capitalisti e banchieri (oltre 200 miliardi). Ciò nonostante il debito pubblico continua ad aumentare per pagare gli interessi sui titoli pubblici, posseduti al 90% dai banchieri italiani ed esteri ed acquistati con i soldi pubblici della BCE o rapinato alle collettività. Circa 90 miliardi l’anno, solo gli interessi sui titoli statali. Prendiamo il bilancio pubblico del 2012: risulta un avanzo primario di 39 miliardi. Dove è finito ? Nelle tasche dei banchieri. Infatti sono stati mangiati dagli 87 miliardi di interessi, e, siccome non bastavano, v’è stato ulteriore indebitamento per i restanti 48 miliardi che produce altri interessi (anatocismo).
Gli interessi sono decisi dagli stessi banchieri che dopo la controriforma privatizzatrice del sistema bancario controllano meglio le banche centrali e dunque l’emissione di moneta, dando vita alle criminali speculazioni, anche muovendo grandi vendite o acquisti (spread). Si tralascia altro. Con questo meccanismo perverso che si evince dai dati della stessa Banca d’Italia, dal 1980 al 2012, i sacrifici imposti alle masse (anche molisane) hanno comportato un avanzo primario netto di 409 miliardi, finiti nelle tasche dei banchieri sotto forma di interessi sui titoli, che però in quell’arco di tempo hanno raggiunto un totale di 2.230 miliardi. La differenza ha fatto accumulare perciò altro debito per 1.821 miliardi derivante solo dagli interessi non coperti dall’avanzo primario, a cui vanno aggiunte le altre voci per 201 miliardi (tra cui le quote versate all’UE). Ne deriva che il debito pubblico di 2.022 miliardi è accumulato per il 90% a causa degli interessi intascati dai banchieri speculatori. Una grande rapina sociale che va cancellata e fermata, una catena perpetua ed anatocistica, un cappio in cui l’usurario imprigiona la sua vittima. Un vicolo cieco, che si farà sprofondare verso la barbarie, se non si rovescia la dittatura della minoranza di capitalisti e banchieri autrice di questa grande rapina sociale. L’unica via di uscita è data da provvedimenti anticapitalistici di un governo dei lavoratori: a partire dalla cancellazione del debito pubblico verso i banchieri, accompagnata dalla nazionalizzazione delle banche senza indennizzo per i grandi azionisti, e dalla creazione di un’unica banca centrale pubblica, a gestione pubblica e sotto il controllo dei lavoratori che ascriva al credito la funzione sociale di aiutare le classi popolari. Solo così potranno liberarsi così immense risorse per occupazione e benessere sociale. Su queste basi anche dal Molise va costruita la resistenza locale, per respingere al mittente tutti i tagli ai servizi essenziali ed i sacrifici che vengono imposti dal governo centrale e dai loro epigoni locali.
Il Coordinatore PCL Tiziano Di Clemente