Denatalità, spopolamento e legge Unioni civili. La critica riflessione di Bregantini: Come una ragnatela davanti ai nostri occhi

Preoccupato della situazione dell’Italia e del Molise in particolare, il vescovo Bregantini critica quello che definisce un “gesto senza precedenti: porre la fiducia su un legge che era di coscienza, che chiedeva una stretta valutazione personale, prima ancora che politica” e che va ad intaccare il senso stesso della famiglia come spiega di seguito, riflettendo sullo svuotamento posto in essere in modo latente ma costante.

“Pochi figli, perché poco attrattiva la famiglia. La novità che in questi giorni sta prendendo piede in tutti gli ambienti politici e socio-culturali è il “Fattore-V”. Non è un programma televisivo né una formula magica. Si tratta invece della sigla con cui oggi si sta descrivendo e denunciando l’invecchiamento della popolazione italiana. Detto in termini del tutto semplificativi abbiamo davanti un ospite poco rassicurante: il fattore vecchiaia. Il nostro Paese possiede un sempre più minimo tasso di crescita demografica. Il fenomeno della denatalità è complesso e incide negativamente sul futuro.
Ma perché qui da noi va sempre più accentuandosi il calo delle nascite? La questione andrebbe discussa su più fronti e analizzata da varie angolature. Mi limito perciò ad abbozzare alcune delle tante possibili cause. Tra le prime, ci sta di certo la crisi, quella crisi di valori, unita a quella economico- occupazionale, che di certo ha intaccato dal di dentro la persona, in tutti questi anni di fatica e di lotta, minando le sue sicurezze, le sue aspirazioni. Crisi che si è fatta diffuso senso di paura che incide in ogni sguardo al futuro. Prima di fare un figlio, di metterlo al mondo, la coppia è come costretta a valutare strettamente bene i rischi e ancora peggio il probabile vantaggio, come se si trattasse di produrli, anziché concepirli. E’ l’amaro frutto del capitalismo imperante, che ha reso anche i rapporti affettivi del tutto precari o consumistici. Perciò, il fattore crisi nasce a sua volta dalla mancanza di fiducia nella vita, nelle istituzioni, nel futuro. Lo sguardo è diventato cioè sempre più corto!
Tutte queste concause producono come una ragnatela davanti ai nostri occhi. L’ultima, molto grave, ci è venuta dalla recentissima approvazione della legge sulle Unioni civili. Certo, una legge che ha delle necessità. Ma è anche molto ambigua. E proprio sul tema della vita, del generare vita, del nutrire di figli i nostri piccoli paesini interni che rischiano lo spopolamento, anch’essa avrà un peso notevolissimo in negativo.
Una legge che poteva essere fatta molto, molto meglio. Con maggior saggezza e serenità. Andava prima di tutto ben esaminata in commissione. Ma non lo si è fatto. Quasi un imperio, che si è poi tradotto in un gesto senza precedenti: porre la fiducia su un legge che era di coscienza, che chiedeva una stretta valutazione personale, prima ancora che politica. Per questo, produrrà un grande pasticcio educativo, nel cuore di nostri giovani. Se infatti un giovane che partecipa in comune al gesto dell’unione civile di due suoi coetanei, due maschi, sente ripetere quasi le stesse formule che sente in chiesa tra uno sposo ed una sposa del paese, si chiederà che senso abbia formare una famiglia, con tutte le sue fatiche e le difficoltà future. Cioè, non stiamo rendendo più attrattiva la famiglia. Non appare più bella, pur se esigente. Con quel sacrificio che poi si fa ricompensa nell’abbraccio dei bimbi, con i loro occhietti che sprizzano gioia. E ti dicono grazie, perché li hai generati. E non badi più nemmeno al numero”. “Il mondo è un bel libro, ma poco serve a chi non lo sa leggere”, citando Goldoni, Mons. Giancarlo Bregantini delinea una critica riflessione sull’ approvazione della legge sulle unioni civili. In una società che vede l’aumento del “fattore V” segnalato in modo allarmante dalla sociologia contemporanea che si presenta anche in piccole regioni come il Molise, questa approvazione segna un aperto attacco alla famiglia tradizionale. Il “fattore Vecchiaia” parte da quella crisi di valori che, unita all’economico-occupazionale, sta intaccando la sicurezza della persona, che avverte sempre più la precarietà della propria esistenza.
Con tratti poetici infine il vescovo si ferma a descrivere l’importanza della maternità: “Pochi anni fa, mio fratello Pierino ha piantato, durante la sua consueta visita a Campobasso, un alberello di mimosa in una delle aiuole in episcopio. Proprio l’altra sera, mentre mi trovavo lì per la mia preghiera serale, davanti alla grotta che ricorda mamma Albina e papa Germano, mi accorgo che il riflesso della luna si era posato su una goccia di rugiada sul ramo di quell’albero che sta già germogliando il suo fiore giallo. Ho provato un’emozione intensa, perché quella luce così rispettosa e svelante mi ha fatto scorgere come un’immagine fissa sullo stelo. Sembrava formare il grembo materno. Ammirando questo spettacolo di profilo, appariva realmente come il pancione di una mamma. E’ un’immagine che mi ha portato a lodare il Creatore con una palpitazione interiore che mi è impossibile riportare pienamente con le parole. Tutto ha un valore.” Il messaggio è chiaro: “La domanda sulla vita è come una musica, sopita dentro i tanti rumori del mondo indifferente, ma che aspetta di germogliare al nostro ascolto più intimo. Spero anche in alto, in Senato, per mete più alte e concrete, come la proclamazione di reato universale dell’utero in affitto o una seria innovativa legislazione sul complesso tema delle adozioni.” Ma, per creare i presupposti per una rinascita della famiglia “quella vera che fa figli” c’è bisogno, conclude, di un vero e concreto pacchetto di aiuti precisi a sostegno” perché solo così i nostri paesi torneranno a sorridere. O a gioire, sotto la luna, per una goccia di rugiada, su una mimosa in fiore.”

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