Questa la drammatica situazione denunciata dall’ultimo rapporto Svimez. Al Sud un italiano su tre è in povertà, al nord uno su dieci. Sette anni di recessione segnati dalla crescita dell’esclusione sociale e dal raggiungimento di livelli di povertà intollerabili. La regione italiana in cui è più alto il rischio di povertà è la Sicilia (41,8%), seguita dalla Campania (37,7%). Insostenibile la situazione lavorativa, riflesso di scelte e riforme evidentemente sbagliate che hanno reso il mezzogiorno il luogo con la più alta disoccupazione giovanile d’Europa e con un altissima dispersione scolastica.
Gli occupati nel sud Italia sono infatti pari a quelli del 1977, praticamente il primo anno in cui disponiamo di serie statistiche, mentre il FMI sostiene che ci vorranno 20 anni prima di “tornare” ai livelli occupazionali del 2008. Per il settimo anno consecutivo il Pil al Sud è negativo ed il divario di Pil pro-capite è tornato a 15 anni fa, mentre sono crollati del 13% i consumi delle famiglie.
Il rapporto Svimez denuncia allo stesso tempo lo stravolgimento demografico che caratterizzerà il sud nei prossimi anni, tornato ormai ad un livello di natalità precedente all’unità d’Italia. Nonostante questo vero e proprio “tsunami”, continua la caduta degli investimenti, diminuiti quelli fissi del 38% al Sud e del 27% a centro-nord. Il crollo degli investimenti industriali del 59% al Sud fotografa più di qualsiasi altro dato le disastrose scelte di politiche messe in campo per rispondere alla crisi.
A questo dato si accompagna il taglio del 58% del Fondo Sociale dal 2008 al 2014, indicato dallo European Social Policy Network come il principale motivo dell’aumento di povertà e diseguaglianze nel nostro paese. Una crisi iniziata proprio a causa dell’aumento delle diseguaglianze ma enormemente amplificata dalle politiche di austerità messe in campo dalla governance europea, che appare ormai a tutti esclusivamente preoccupata dal garantire gli interessi della finanza, delle banche e delle grandi corporations e sempre più lontana dai diritti di centinaia di milioni di europei vittime della crisi ed a cui sono stati sottratti diritti sociali in nome delle compatibilità finanziarie.
I continui tagli al welfare, l’assenza di investimenti pubblici per sostenere la domanda aggregata, rilanciare il lavoro e rispondere al tempo stesso alla crisi ecologica attraverso lo sviluppo di una base produttiva sostenibile, sono le cause che producono esclusione sociale ed aumento delle diseguaglianze. Scelte politiche che finiscono per indebolire la democrazia e rafforzare mafie e corruzione, come verifichiamo ormai giornalmente nei nostri territori. Quando il futuro è addirittura peggio del drammatico presente, abbiamo la responsabilità ed il diritto di impegnarci subito e con coraggio per il cambiamento e per la difesa dei valori della nostra Costituzione, che oggi più che mai ci indicano la rotta da seguire per superare la crisi.
Per questo da anni come Libera e Gruppo Abele, insieme alla partecipazione ed al sostegno più di un migliaio di realtà sociali, portiamo avanti la campagna Miseria Ladra, attraverso la quale denunciamo il fallimento di politiche economiche e sociali tarate su un modello di sviluppo fallimentare ed incompatibile con la giustizia sociale ed ambientale. Lo chiediamo al governo da più di due anni ed oggi i dati e le principali agenzie europee lo confermano: per uscire dalla crisi dobbiamo ricapitalizzare il welfare e fare una buona legge che introduca anche nel nostro paese il reddito minimo garantito, così come centinaia di migliaia di cittadini insieme a centinaia di associazioni continuano a chiedere attraverso la campagna per il Reddito di Dignità.
Non c’è più tempo e non ci sono più scuse. ( Libera)
Dati Svimez, il commento della Campagna Miseria Ladra. Un Paese spaccato in due, Sud condannato al sottosviluppo
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