Cultura/ ‘La straniera’, il mondo coinvolgente di Claudia Durastanti

Ho sempre invidiato le persone che riescono ad esprimere concetti, anche complessi, in rapida successione ed a ritmi alti, ma nel contempo non nascondo la difficoltà poi a memorizzare questi concetti se non riesco ad assorbirli lentamente. La premessa come giustificazione nel caso in cui dovessi dimenticare la gran parte delle spiegazioni e dei dialoghi dopo la presentazione del libro ‘La straniera’ di Claudia Durastanti, che si è tenuta ieri presso la Libreria Mondadori, La Scolastica a Campobasso. L’autrice nel suo intervento, non lunghissimo, è stata un fiume in piena ed ha raccontato con un ritmo verbale veloce storie e personaggi singolari, che poi sono storie e personaggi della sua vita: la madre pittrice, che dopo aver realizzato le opere le copriva con vernice nera (perché come dice Don De Lillo “il talento è più erotico se viene sprecato”), oppure la zia macellaia di giorno e ballerina di notte. E ancora: i tanti registri linguistici di una lucana-americana-inglese, che all’estero vive tra gli italiani e parla con accenti differenti, compreso quello meridionale ed il romano, ma che, ad esempio, conosce l’America meno dei compaesani in Basilicata. Tutto il ritmo della serata è stato così: coinvolgente, nell’apprendere tante storie originali, ma anche tale da far indurre alla riflessione, quando l’autrice del libro semifinalista al Premio Strega, ha spiegato la differenza tra l’emigrazione per necessità dei suoi avi (anche se non è stata sempre necessità di natura economica) e quella forse più convinta sua e dei più giovani. In quel momento il pensiero è inevitabilmente andato verso la considerazione del depauperamento intellettuale che sta colpendo il Molise, dove cervelli ‘alti’ emigrano, sia per necessità che per scelta ed al vuoto di progettualità che questo flusso migratorio lascerà negli anni a venire. Alla fine la straniera è la storia di una vita certo non consuetudinaria, ma appassionante soprattutto perché tale la rende Claudia Durastanti con il suo eloquio preciso ma ironico, con il suo ritmo frenetico e con il suo sguardo partecipato verso il pubblico. Ho sempre pensato che i premi non si ricevono a caso e che se si entra nel ‘club’ degli scrittori noti ci devono essere doti non comuni; ieri ne ho avuto la conferma. Un accenno alla trama letteraria.

Come si racconta una vita se non esplorandone i luoghi simbolici e geografici, ricostruendo una mappa di sé e del mondo vissuto? Tra la Basilicata e Brooklyn, da Roma a Londra, dall’infanzia al futuro, il nuovo libro dell’autrice di “Cleopatra va in prigione” è un’avventura che unisce vecchie e nuove migrazioni. Figlia di due genitori sordi che al senso di isolamento oppongono un rapporto passionale e iroso, emigrata in un paesino lucano da New York ancora bambina per farvi ritorno periodicamente, la protagonista de “La Straniera” vive un’infanzia febbrile, fragile eppure capace, come una pianta ostinata, di generare radici ovunque. La bambina divenuta adulta non smette di disegnare ancora nuove rotte migratorie: per studio, per emancipazione, per irrimediabile amore. Per intenzione o per destino, perlustra la memoria e ne asseconda gli smottamenti e le oscurità.

La straniera è il racconto di un’educazione sentimentale contemporanea, disorientata da un passato magnetico e incontenibile, dalla cognizione della diversità fisica e di distinzioni sociali irriducibili, e dimostra che la storia di una famiglia, delle sue voci e delle sue traiettorie, è prima di tutto una storia del corpo e delle parole, in cui, a un certo punto, misurare la distanza da casa diventa impossibile. Tutto questo si è visto e vissuto ieri a Campobasso grazie all’autrice del libro ed alla articolata e precisa introduzione a cura di Antonella Presutti.

Stefano Manocchio

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