Nel silenzio più assoluto dell’Amministrazione comunale, dei rappresentanti del popolo nelle Istituzioni democratiche e della città tutta, che neanche se ne è accorta, l’UNIMOL ha chiuso la sede di Termoli. Solo quella e non le altre.
Le sedi di Campobasso e quella di Pesche (Isernia) non sono state chiuse e restano aperte. Non c’è alcun serio e grave motivo legato al Covid a giustificazione ditale provvedimento. E’ da notare, infatti, che nella sede di Termoli non c’erano casi di contagiati, anzi la sede più piccola dava maggiori garanzie sui rischi di contagio. E allora perché? Quali sono i motivi di questa discriminazione? Gli studenti, per primi, e i cittadini tutti hanno diritto di sapere: non è la prima volta che Termoli viene discriminata nel disinteresse generale.
E’ appena il caso di ricordare il fatto clamoroso, ancora non del tutto chiaro, della soppressione della Facoltà Ingegneria. Adesso, poi, con la paura del Covid in corso, è più facile far passare tutto sotto silenzio. Ma non è giusto, il Covid non può giustificare tutto, anche le decisioni più inaccettabili; non può ridurre tutto all’accettazione supina di ogni decisione.
La chiusura della sede di Termoli è avvenuta il 3 Novembre scorso a seguito di un provvedimento dell’Ateneo molisano, senza però rendere pubbliche le motivazioni che hanno portato a questa grave decisione. È troppo chiedere di conoscerle e che vengano pubblicamente comunicate? Non risulta che nella sede di Termoli ci siano stati casi di persone positive al Covid, né si può parlare di troppo affollamento rispetto alle altre sedi dell’Unimol che, pur avendo tra studenti, docenti e personale, un numero di presenze molto superiore a Termoli restano regolarmente aperte.
Una riflessione sulla sede universitaria termolese e sul suo futuro è a questo punto quanto mai necessaria. Una riflessione che vada aldilà della situazione contingente e guardi alle prospettive future in maniera approfondita. E’ giunto il momento di tirare fuori dai denti il timore, da tempo latente, di un progressivo indebolimento della detta sede, il timore che sia in atto già da qualche tempo una specie di strategia sotterranea di depotenziamento, per la quale ogni occasione è buona per chiudere.
Tutto questo sulla pelle degli studenti e della città e, fatto ancora più grave, senza che la città se ne accorga, senza che l’Amministrazione Comunale se ne accorga, senza che nessuno reagisca e chieda conto di quanto sta succedendo. La pandemia non può giustificare in alcun modo la mancanza di trasparenza e di verità! Nella sede di Termoli ci sono attualmente tre corsi di laurea (Scienze turistiche, Scienza e cultura del cibo, Management del turismo e dei beni culturali), tutti di buon livello.
Eppure gli studenti sono progressivamente diminuiti, i servizi e le attività ridotte, segno evidente che non c’è stata una adeguata valorizzazione di quanto questa sede è in grado di offrire.
Occorre pensare ad un rilancio in grande stile, ma intanto bisogna chiedere con forza perché a seguito degli ultimi Dpcm la sede di Termoli è stata completamente chiusa e le altre no, a detrimento della fruizione da parte degli studenti della nostra città dei servizi collegati alla didattica (uffici, biblioteca, laboratori, ricevimenti).
Le Istituzioni locali a cominciare dal Sindaco, all’Assessore alla Cultura, all’intero Consiglio Comunale di Termoli non solo devono pretendere trasparenza e verità, ma devono farsi carico della questione relativa al futuro della sede universitaria che, negli auspici di tutti, dovrà diventare una risorsa fondamentale per lo sviluppo del territorio costiero e dell’intera regione. I vertici dell’Ateneo, Rettore e Direttore Generale in testa, sono tenuti a dare una risposta.
Nino Barone