Coscienza Civica: La sanità pubblica non è delegabile

Sull’argomento sanità pare essere calato un pietoso velo nella Regione Molise. Mentre la politica locale si affanna nella ricerca delle responsabilità trasversali e mentre i cittadini (in salute) appaiono volersi distaccare dall’analisi di questa annosa vicenda, quasi a volerne relegare le considerazioni solo a chi malauguratamente ne necessita, costoro, i malati e le loro famiglie, lottano contro un degrado assoluto del sistema sanitario regionale; lasciati soli, salvo i casi di personale sanitario ancora dedito alla professione, a combattere contro la malattia ed uno stato di bisogno e a doversi far carico dei disservizi, della fatiscenza, e spesso della inefficacia dell’offerta di salute che la Regione propugna.
Quanto abbiano inciso su questo stato di cose gli interessi, i molteplici interessi che gravitano intorno e nella Sanità, è un dato che a noi appare cristallino e lampante e del quale gli amministratori regionali sembrano in tutti i modi volerne nascondere l’evidenza. Si badi, non si vuole demonizzare chi, privatamente, esercita una funzione lecita e con risultati, a patto che costoro non pretendano a loro volta di gestire per interposta persona anche la cosa pubblica, nel qual caso si travalica in campi e situazioni che vanno censurate e arginate perché potrebbero contrastare con l’interesse collettivo; non occorre che il contrasto sia attuale ed evidente, basta che sia ipotetico ed eventuale.
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. All’applicazione selvaggia di questo principio ha fatto seguito un periodo di disapplicazione altrettanto brutale che, nascosta nei rivoli dei mille discorsi insulsi sul risparmio fittizio e sulla adesione pedissequa alle nuove imposizioni di legge, ha finito per impoverire il nostro Paese e le nostre collettività in termini di salute (oltre che economicamente) a vantaggio esclusivo di gruppi di potere e singoli ben introdotti.
Per paradosso si è proclamata la necessaria applicazione di una legge, in gran parte disapplicata altrove, e si disapplicano i principi fondamenti dello Stato, scritti nero su bianco nella Costituzione appena salvata con amplissimo consenso dai tentativi di modifica. E’ nello sconvolgente silenzio dei cittadini e delle popolazioni però che si sono annidati i comportamenti più insulsi e deleteri di amministratori e titolari di pubbliche funzioni. La nostra meravigliosa Regione ne è l’esempio lampante!
Coscienza Civica si chiede perché si è ritenuto di doversi nascondere dietro un utile paravento e fingere una adesione imposta alla Legge Balduzzi (si ribadisce costantemente e puntualmente disattesa in lungo ed in largo in Italia) e ritenere disapplicata ogni disposizione di legge che impone alla Regione di farsi carico, con un livello standard minimo, dei servizi di salute offerti ai propri cittadini (basterebbe citare i LEA, la stessa 833/1978, ecc.). Il caso stesso, fonte di palese ed evidente di incostituzionalità in base al riparto di competenze tra Stato e Regioni, dell’attuazione del “Piano operativo sanitario” della Regione Molise a mezzo di una norma di legge (art. 34bis D.L. 24 aprile 2017, n. 50 convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96), espone in modo estremo il perseguimento di un obiettivo prestabilito e non meramente subito e appone un bollo definitivo sul fallimento di questo deliberato modo di amministrare la cosa pubblica, ricorrendo ad espedienti ed escamotage per non rispondere ai cittadini del proprio operato.
Così mentre si finge di perseguire un giusto obiettivo, la riduzione della spesa tramite l’eliminazione degli sprechi, ci si dimentica di doversi occupare del mantenimento dei livelli assistenziali minimi i quali già deponevano in miserrimo stato.

Il risultato di questa politica dissennata? Gli sperperi non sono diminuiti e nonostante ciò si sono chiusi reparti ospedalieri, si sono sospesi progetti di assistenza, si sono sistematicamente dequalificati personale e strutture pubbliche, si è degradato totalmente il servizio sanitario pubblico regionale offerto ai cittadini sia in ambito ospedaliero che a livello territoriale; nessun controllo, nessuna vigilanza, assenza totale di qualsiasi sprono qualitativo per il sistema nel suo complesso e per gli operatori. Di contro, pagamenti costanti alle strutture convenzionate private (negati al pubblico), ampliamento alle stesse strutture di dotazione di posti letto (ma come le norme attuative della Legge Balduzzi non dicevano di ridurre?), e addirittura una ipotesi balzana di futura integrazione pubblico-privato o meglio di pubblico nel privato (con gli stessi beneficiari di cui sopra), fatta passare come il modello di rivoluzione copernicana della sanitaria locale.
Il dato di fatto è che la spesa sanitaria del Molise non è affatto calata semplicemente le risorse sono state drenate li dove erano state deliberatamente indirizzate, in favore delle strutture private convenzionate. Ultima in ordine di apparizione la vicenda “call center sanitario”, che in un sistema funzionante avrebbe sicura valenza di servizio ad alto valore aggiunto mentre in questa landa desolata diventa l’ulteriore specchietto per le allodole contro il quale, nella realtà, si scontreranno i cittadini avviliti e rassegnati ostaggi di un sistema al collasso. E mentre si impianta in pompa magna e comunicati stampa il “call center”, non si muove un dito per istituire il servizio del Numero Unico 116117 che in tutta la normativa italiana ed europea deve assumere centralità nella gestione delle cure non urgenti.
Le scelte di politica sanitaria vanno programmate ed attuate in decenni di duro lavoro, anche impopolare se necessario, ma vanno gestite anche e soprattutto le fasi di transito, non si sponsorizzano ipotesi alternative senza dettagliare come si giunge al nuovo modello ed attuando con costanza il programma elaborato. Non si chiudono le strutture ventilando che dopo chiuse si convertiranno. Chi lo fa, come il nostro Presidente, oltre a dimostrare la propria incapacità a gestire la cosa pubblica, esercita solo attività di gioco folle, alla roulette russa, con la vita dei propri malcapitati concittadini.

 

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