Circolano voci poco rassicuranti sul futuro del consultorio di Termoli, che andrebbe ad aggiungersi alla già nutrita schiera di presidi territoriali resi inutilizzabili nell’ambito della (dis)organizzazione sanitaria della nostra città.
Pensionamenti e tagli al personale potrebbero di fatto portare alla chiusura della struttura, in passato punto di riferimento del territorio; ancora una volta difficile dire (almeno in apparenza) se si tratti di incapacità programmatica o di una cosciente volontà di svuotamento delle strutture di cura e assistenza, dato che il copione si ripete uguale per tanti reparti del San Timoteo, non ultimo il laboratorio analisi, costretto a mandare il materiale da analizzare a Campobasso perché mancano i tecnici preposti.
Ma torniamo al consultorio: gloriosa conquista di civiltà arrivata nel 1975 sull’onda dell’attivismo femminista e del riconoscimento dell’identità di genere, strumento innovativo in bilico tra istituzionalità e non istituzionalità, centrato su un approccio non solo medicale, ma di accoglienza e ascolto. Sicuramente uno strumento che ha funzionato in maniera diversa al Nord e al Sud, con molte luci e ombre, ma che anche in una recente analisi dell’Istituto Superiore di Sanità viene riconosciuto come insostituibile mezzo di informazione a sostegno della promozione della prevenzione e della cura della salute femminile in età evolutiva e adulta.
Balza agli occhi che i consultori sono pochi, concentrati nel centro nord e non sempre sufficientemente attrezzati; ma in questi 45 anni hanno contribuito a diminuire il numero degli aborti e a garantire una corretta applicazione della legge 194, ed hanno effettuato prevenzione e informazione sulle principali patologie femminili, oltre a promuovere l’educazione sessuale nelle scuole.
Inutile dire quanto tutto ciò sia indispensabile ovunque. Per questo ci auguriamo che il rischio venga ridimensionato; ma non vorremmo trovarci di fronte all’ennesima chiusura annunciata, all’ennesimo impoverimento di un territorio dove stanno venendo meno le possibilità di curarsi e il diritto alla salute.
Troppe delle conquiste di civiltà degli anni ‘70 sono state aggredite e cancellate, dai diritti sul lavoro al servizio sanitario nazionale, stravolto dal delirio privatistico e liberista. L’impoverimento dei consultori familiari a livello di finanziamento è storia ormai vecchia, ma è ora che questa tendenza venga interrotta.
Rinnoviamo la richiesta fatta per l’ospedale San Timoteo: si metta la struttura in grado di funzionare a pieno regime; la ASReM provveda ad assumere prontamente il personale qualificato necessario a garantire informazione, ascolto, presa in carico di disagio e difficoltà familiare.
Lungi dal chiudere, il consultorio familiare di Termoli deve se mai essere potenziato, stante la grave situazione di povertà e di precarietà che il paese sta vivendo; non rendersi conto di questo significherebbe davvero dimostrare ancora una volta quell’incapacità programmatica e quell’insensibilità sociale che purtroppo abbiamo visto troppe volte all’opera in Molise.