Riceviamo e pubblichiamo
Nonostante i tanti suggerimenti partiti dai “cafoni agricoli”, il mondo politico regionale è stato per tanti anni immobile, quasi disinteressato al problema; non è stato mai in grado di affrontarlo realmente sia nell’ottica dei compiti che un consorzio di bonifica doveva rendere o funzioni che lo stesso doveva assolvere, sia del “beneficio” dato al settore agricolo visti i costi così esosi da sostenere per il suo mantenimento nonostante la regione abbia il potere di tutela e vigilanza sui medesimi; si ripete, nulla è stato fatto.
Per caso si deve disturbare la Garante regionale dei Diritti dei cittadini per richiamare l’esigenza del problema e far riunire ad un tavolo tecnico tutti gli interessati quali i contadini (non certo le organizzazioni agricole visti i suggerimenti dati e i risultati quarantennali di gestione degli enti consortili), la regione, molise acque, il consorzio di bonifica?
Basterebbe vedere come è vigilato e manutenuto il reticolo di canalizzazione di un comprensorio consortile, ad es. la pulizia, gli sfalci d’erba o il grado di sicurezza necessario a scongiurare fenomeni di allagamento, per farsene un’idea.
Con la fine di questa legislatura, ancor di più, rimane alta la tensione del mondo agricolo basso-molisano, quello monoreddituale, sulla spinosa questione.
Prendiamo le ultime cose subìte: la nomina dei commissari del febbraio 2017 e la legge sul riordino o meglio accorpamento dei consorzi di Larino e Termoli del gennaio scorso.
Strade obbligatorie da percorrere, per quanto letto, per abbattere i costi di gestione e contenere i gravosi debiti di bilancio degli anni precedenti. Non si entra nel merito al perché, dal punto di vista legislativo-economico, la regione abbia depennato il contributo del 50%, prima esistente con la L.R. n. 42/2005, relativo alle spese di gestione annuali dei singoli consorzi che avrebbe dovuto dare; ma il nodo cruciale non è stato minimamente toccato.
Una cosa però è certa ed i “non addetti ai lavori” non se ne sono accorti: Il mondo agricolo vive un’atmosfera catastrofica surreale e non sopporta più i voltagabbana e, peggio, di veder ancora “plasmate” le mentalità! Basta, non è più sopportabile.
Un consorzio di bonifica nato per favorire, aiutare l’agricoltore, al contrario, lo strangola con una semplicità unica, lo opprime con il “giogo” di una dittatura. Come? Basta che faccia notificare al consorziato obbligato una cartella esattoriale dell’Equitalia ed il gioco è fatto.
Si potrà dire che il commissario consortile, la regione stessa, loro malgrado, sono dovuti intervenire con chiarezza contabile visto che questo è il costo di esercizio dell’ente e quindi “impossibilitati per legge” a praticare riduzioni o buchi di bilancio e che, quindi, lo stesso commissario era stato nominato per ridurre le passività, per ridurre il disavanzo…. anche aumentando i tributi.
Ma sorge una domanda spontanea e si prega agli “illuminati”, di dare una risposta.
Ma il commissario della Parmalat, come mai, per risanare i bilanci, non ha triplicato il prezzo del latte? E perché il commissario dell’Alitalia non ha triplicato i biglietti aerei? E’ così semplice!!!
E’ questo che invece ha fatto la regione con l’approvazione della legge di riordino e unificazione dei due consorzi basso-molisani. E’ un comportamento normale caricare il consorziato obbligato dei debiti pregressi?
Svariate volte si è chiesto un confronto con le Istituzioni preposte, senza esito, proprio per rimarcare che dovevano sedersi ai tavoli verdi, a parlare delle problematiche, chi ogni giorno è a contatto con la terra, con sudore e lacrime, e non con chi, da lontano, vede il problema con distacco burocratico!
Calza a pennello la frase dell’ex Presidente degli USA Dwight Eisenhower:
«L’agricoltura sembra molto semplice quando il tuo aratro è una matita e sei a un migliaio di miglia dal campo di grano.»
I “soloni” teorici non servono più.
Quando si riusciva a strappare qualche parola, le risposte erano: …ma il consorzio è vostro, di voi agricoltori; ….se questi sono i costi di esercizio, per legge (?) li devono pagare gli utenti obbligati;….la politica può far nulla. E si allontanavano. Quando si chiedeva: ma quali sono le prospettive, viste le anomalie funzionali riscontrate, che il mondo politico vuole o può dare a un consorzio? Risposte mai avute perché, forse, non sapevano o non erano interessati al problema… di migliaia di agricoltori. Questa è la “vicinanza politica agricola”, l’interessamento alla risoluzione di uno dei gravi problemi che attanaglia il settore basso-molisano?
Il consorzio diventa pubblico alla bisogna, quando a loro conviene.
Inutile rimarcare la solita solfa dei costi dell’ente sproporzionati rispetto ai tributi incassati; basta leggere i bilanci.
A produrre colture irrigue (pomodori, finocchi, cipolle, insalate, cavolfiori, ecc.) per venderle poi a prezzi al di sotto dei costi di produzione si va fuori di testa.
Quale allora la convenienza economica, o meglio quale il vantaggio nel coltivarle visti i prezzi di vendita in dumping, sottocosto, da 4° mondo? L’esempio calzante è, ormai ex, lo Zuccherificio del Molise: i costi per produrre lo zucchero erano superiori a quello di vendita ed è stato chiuso.
Un ente che fornisce servizi non acquistabili da alcuno, dovuto al costo eccessivo, non può essere commissariato ma deve essere decretata l’automatica chiusura!!!
Sarebbe un bene per tutti: regione, utenti obbligati e gli stessi amministratori consortili per non farli fare salti mortali nel far quadrare i bilanci.
Una volta per tutte è ora di prendere una decisione, non si può continuare in simile maniera.
Chi di dovere dovrà sempre avere in considerazione che le derrate agricole regionali sono fuori mercato proprio per il disequilibrio tra i costi sostenuti e il ricavo del venduto, una su tutte il pomodoro da industria. Ad oggi parlare di altro è fuorviante, è solo teoria.
Questa situazione paradossale causata da una legge sicuramente da rivedere, che obbliga i proprietari di immobili, pur senza volerlo o peggio senza beneficio alcuno ad essere inseriti in un comprensorio di bonifica, a non poterne uscire e ad obbligarlo a pagare i relativi tributi-gabella per forza, sembra faccia parte di una incredibile storia di latifondismo post-moderno.
L’Agricoltura, obbligata ad operare in tale modo, non può e non potrà mai essere più fattore di reddito se stretta a morsa da uno Stato, una regione poco attenta, per non dire poco funzionali ed allo stesso tempo esosi e una filiera, oggi tanto di moda, che costringe gli imprenditori agricoli ad essere ancora “incudini”, a sopportare questi soprusi, a soffrire economicamente, ad essere l’ultima ruota di un carro che tende irrimediabilmente a sfasciarsi per colpe non proprie; si vuole per questa politica “matrigna” neoliberista.
Conclusione.
Oggi, essere proprietari perché possidenti crea invidia agli “altri” che li vedono come persone ricche ma in realtà sono poveri in canna visti i magri o inesistenti ricavi. E non ci si può anche far carico di mantenere pure questi inutili carrozzoni.
Ora, dalla politica regionale, che ieri è stata rinnovata nelle urne, ci si aspetta dinamismo e non inerzia e queste idee, proposte di revisionismo che tanti o tutti propongono se dovessero essere eletti” non si alzino troppo in alto” al punto tale da perdere poi di vista la realtà agricola. Affinché le aziende agricole non muoiano, si ha bisogno di concretezza immediata e non di idee, sicuramente belle, fattibili, ma bisognevoli di molto tempo per realizzarle. Il mondo agricolo non può più aspettare.
Giorgio Scarlato