Il concerto di Piero Ricci a Roma, un patrimonio di valori in musica

di GIAMPIERO CASTELLOTTI*
Il potere evocativo e suggestivo della musica. Incomparabile. Nelle
incantevoli atmosfere di una cavea seicentesca nel cuore del Parione
romano, l’antichissimo quartiere a ridosso di piazza Navona.
Il molisano Piero Ricci, uno dei maestri assoluti nel dare anima ad una
zampogna (tra le “medaglie”, l’aver suonato con Muti alla Scala di
Milano), fa vibrare come un ammaliatore lo strumento ancestrale da lui
stesso costruito. Lo doma, lo rianima, lo infiamma. Ed ecco concretizzarsi,
come per incanto, le forme severe di una montagna molisana – non a caso
due pezzi si chiamano rispettivamente “Mainarde” e “Matese”, in perfetta
par condicio. O le sanguigne tinte spagnole di un corposo vino locale (il
brano è “Tintilia”, fiero portabandiera gastronomico del territorio). O i
brulli tratturi che disegnano e pigmentano le aride colline molisane.
Mentre l’austera “Morgia quadra” di Frosolone, un enorme cubo di roccia,
si scioglie in colonna sonora fino al fanciullesco “Mazzamurello”, la
creatura fantastica della tradizione fiabesca pastorale che in musica
diventa un allegro e canzonatorio girotondo.
Ricci con la sua straordinaria formazione “Novamusa”, tutti molisani doc
tra cui il supercollaudato Ernest Carracillo all’organetto e tanti giovani di
sicuro avvenire, riesce a rendere poetico ogni spigolo del Molise e ne
universalizza la cultura folklorica attraverso incursioni e contaminazioni
ad ogni latitudine.
Lo spettacolo è straordinario, le sovrapposizioni allargano gli scenari, il
fagotto e il corno mettono il doppiopetto all’abito musicale e nel “Natale
internazionale” il piccolo territorio molisano accoglie la bizzarra intrusione
di “Tu scendi dalle stelle”, “Astro del ciel”, persino di “Jingle bells”.
Nella triste era dei talent formattati e globalizzati siamo ormai
irriconoscenti alla zampogna, emblema delle radici, vessillo delle nostre più
aspre montagne, àncora di salvataggio di tante anime disperse nei lunghi
inverni nevosi.
Nelle nostre metropoli, dove anche il ricordo degli ultimi zampognari
natalizi va sbiadendo a fronte di colori e suoni sempre più artificiali e
stardardizzati, persino l’identità stessa della zampogna è quasi sempre
sconosciuta ai ragazzi, i cui erudimenti sono al limite collegati alle
cornamuse presenti in lungometraggi ambientati in Scozia. Ecco perché un
concerto di Piero Ricci nell’agorà raccolta del teatro Arciliuto a Roma,
dove si respira arte in ogni ambiente, non è solo un’occasione di ascolto, ma
​un evento culturale nella più alta accezione, un’opportunità educativa e ri-
educativa, la legittimazione del patrimonio valoriale più autentico.
*Giampiero Castellotti è presidente dell’associazione di cultura sannita
“Forche Caudine”, di recente insignito dell’onorificenza di ambasciatore del
Molise in Italia e nel mondo
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