A proposito della nota “Basta con la liturgia dei no”, diffusa dall’Associazione Industriali del Molise, noi del Comitato “No Stalla, Sì Molise Bene Comune”, diciamo subito, con la sincerità e il rispetto che merita l’emerita associazione che se il ragionamento è questo i No hanno campo spianato per vincere una battaglia che salva il Molise dall’insediamento di una “Stalla” d 12.000 manze. Non crediamo al ripensamento di chi, il Sen. Ruta, si è fatto vanto dell’invito alla Granarolo a scegliere il Molise al posto della Puglia. Diciamo subito, ma solo per ricordarlo a chi fa finta di non saperlo, la stalla che il Sen. Ruta voleva (vuole) nel Molise è un allevamento intensivo a carattere industriale che non ha niente a che vedere con l’agricoltura.
Una “stalla” tutta concentrata in uno spazio pari a 100 campi sportivi legati insieme. In pratica 100 ettari, cioè uno spazio esteso per un chilometro quadro, che fa dire che il paragone con il Trentino non ha alcun senso. Non 7, bensì 12.000 in un solo chilometro quadro, è il dato che subito ha allarmato Noi e quanti sono convinti come noi che il No a questa industria è un dovere di ogni molisano che ama la sua terra e, anche, come riporta la nota con un pizzico di ironia, il suo orticello fonte di bontà e di salute.L’emerita associazione degli industriali molisani ha fatto, così, il suo primo autogol!Il secondo autogol è quello che i No, da subito e ancor prima di dar vita al Comitato, hanno avanzato una proposta alternativa sintetizzata in “No una ma 100 stalle” che abbiamo avuto modo di ripetere più volte.
Il terzo è quello dei posti di lavoro che è, poi, la pubblicità diffusa di quanti sperano e vogliono questa industria, che al Molise prende e nulla dà. Neanche posti di lavoro, perché quei pochi, 40 o 50 promessi, rubano un numero ben superiore di posti di lavoro che i 100 ettari danno con la sola attività agricola che, lo ricordiamo, dona a tutti cibo e, nel caso del Molise, di qualità. C’è di più, la realtà che si vuole importare nel Molise, mette in seria difficoltà le aziende agroalimentari molisane che, con non pochi sacrifici, si sono affermate sui mercati del mondo e stanno dando immagine al Molise.
Possiamo continuare parlando di ambiente, salute, acqua, aria, elementi che, evidentemente, interessano poco o niente l’associazione degli industriali, ma ci fermiamo qui per rispondere subito alla domanda “quale idea avete di futuro”, che riteniamo non solo del tutto pertinente, ma centrale per noi che diciamo con sempre più forza NO.
Il Comitato del “No Stalla, Sì Molise Bene Comune” è ben lieta di rispondere che l’idea del futuro dei No è quella opposta al tipo di sviluppo, che ha portato e sta tenendo il Paese sull’orlo del baratro e posto ai margini il Molise, con le aree interne e il mezzogiorno d’Italia. Una realtà che ci porta a pensare e credere ad un percorso alternativo, soprattutto per il Molise, che è quello di dare forza e slancio alla vocazione propria del suo territorio qual è quella legata all’agricoltura e al suo carattere di ruralità.
Agroalimentare (l’alimentare di cui si dovrebbe preoccupare anche la Confindustria, visto il peso ch esso ha avuto e ancora ha all’interno della stessa associazione) e turismo, pilastri solidi di un ponte che si avvale della conoscenza, cioè di innovazioni e tecnologie, a partire da quelle messe a disposizione dalla nostra Università . No alla “Stalla” ma, anche, “No alle industrie, a partire dalle chimiche, che tolgono peso e prestigio al territorio molisano e cioè l’ambiente, il paesaggio, la qualità dei suoi prodotti che il territorio, quale origine, esprime. Come abbiamo già detto, le industrie legate all’agricoltura ed al turismo purché non invasive e inquinanti.Non rispondiamo alla successiva domanda delle sagre e tradizioni paesane o del rilancio della patata, della cipolla perché la riteniamo offensiva per il Molise e i molisani e, comunque, testimonianza di una cultura approssimativa se non sbagliata del valore del territorio e delle sue peculiari risorse.Per chiudere, il Molise, con l’adesione spontanea e convinta al nostro No, dimostra un aspetto nuovo che è proprio di guardare al futuro, nell’interesse soprattutto delle nuove generazioni, avendo percepito che la proposta della Granarolo con il suo allevamento esageratamente intensivo, è già storia del passato.