Fra i buoni propositi di fine anno e gli auguri c’era la speranza della ripresa economica e di un periodo di stabilità economica che potesse guardare non lontanissimo ma almeno a due anni in avanti. A pochi giorni dal 2014 ed appena il 2 gennaio, contrariamente ai propositi ecco che la prima scadenza arriva per i 15 dipendenti dell’Agenzia Regionale di Protezione Civile. Stessa sorte in dirittura di arrivo per i 50 tecnici il cui contratto scadrà il prossimo 15 gennaio, poi a seguire gli altri 145 fra tecnici e amministrativi il cui contratto scadrà il 31 gennaio e per gli altri a febbraio. In sostanza circa 210 lavoratori privi di tutela, beffati e congedati!
La proposta dell’istituzione dell’Agenzia di Protezione Civile e le cui finalità del costituito organismo sono state presentate ai cittadini molisani, indispensabili per assicurare l’efficace esercizio delle competenze regionali in materia di protezione civile, di cui alla legge regionale 17.02.2000 n. 10 e successive modificazioni, nonché di difesa e sviluppo del territorio a seguito degli eventi sismici del 31.10.2002. ARPC Agenzia Regionale di Protezione Civile, con sede in Campobasso è un Ente strumentale della Regione Molise ed è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico con autonomia patrimoniale, contabile e organizzativa.
I dipendenti nei loro vari ruoli assunti con contratto a tempo determinato per le attività di ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma del 2002 hanno ricevuto la lettera con la quale è stato comunicato che il loro contratto non sarà prorogato, disoccupati, dopo solo dodici mesi. Le 210 unità lavorative sono state assunte, a seguito di concorso pubblico, la cui durata era prorogabile fino a 36 mesi, per le attività di ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma del 2002.
Tale scelta politica comporterà, al di là del disagio dei lavoratori licenziati, evidentemente anche la paralisi totale dell’attività amministrativa e tecnica in Agenzia e presso tutti i Comuni, con conseguente blocco delle istruttorie, dei pagamenti e dei cantieri (con le ovvie difficoltà per le imprese che dovranno naturalmente licenziare le maestranze). Senza dimenticare che dopo dieci anni dal sisma centinaia di famiglie continueranno a vivere fuori casa, con gravi problematiche sociali ed economiche connesse alla ricostruzione.
E’ auspicabile che i comuni siano messi nelle condizioni di strutturarsi adeguatamente, anche favorendo forme associative o di collaborazione tra gli stessi per far fronte all’attività di ricostruzione, al fine di dare risposte concrete e immediate ai cittadini che attendono, a distanza di dieci anni, di rientrare nelle proprie abitazioni. Ma, non è tollerabile, a maggior ragione in un momento come questo di gravi difficoltà sociali ed economiche per il Paese, che i comuni dell’area dell’ex cratere sismico, debbano vedere arrestare il cammino per la ripresa economica e vedersi caricati improvvisamente di responsabilità in assenza di un coordinamento. O.S. COBAS P.I.
L.R. Maria Luisa Di Bianco