Consuete e anche infamanti le accuse che mi vengono rivolte dagli ex contrattualizzati dell’Arpc all’approssimarsi della scadenza che riguarda i colleghi attualmente in forze presso l’Agenzia Regionale di Protezione Civile. Nonostante sia stato esplicitato più volte, il nodo resta sempre lo stesso. Il protocollo sottoscritto in Prefettura e le sue presunte validità e applicabilità.Ribadisco che quell’intesa – purtroppo per i professionisti ai quali è scaduto il contratto – non ha alcun valore sostanziale perché non è applicabile per legge. Gli atti e i passi che si stanno compiendo in seno all’Arpc, non senza difficoltà, sono rigidamente dettati dalle norme che ancora sfuggono a chi reclama a gran voce la proroga di un contratto già scaduto che necessitava – ai fini di un eventuale rinnovo – di una disponibilità finanziaria che – evidentemente – non c’è mai stata visto che, nei primi 12 mesi di vita (amministrazione Iorio, direttore generale Giarrusso), l’Agenzia ha dilapidato la metà della dotazione finanziaria disponibile fino al 2018.
E’ solo questo il motivo dei mancati rinnovi, come gli ex contrattualizzati a tempo determinato sanno bene.Oggi, nel leggere le parole poco consone e fuori luogo utilizzate per accusarmi nuovamente, ricordo per primo a me stesso che, negli ultimi giorni, l’Arpc è balzata agli onori delle cronache sia per la sanzione da 70mila euro comminata a causa delle modalità sbagliate con le quali si è proceduto – ai tempi del concorso – a selezionare le categorie protette fascia B sia per l’inchiesta penale che getta ulteriori ombre sulla regolarità della selezione per i contratti a tempo determinato.
Un concorso che sarebbe stato viziato da innumerevoli anomalie, prima fra tutte quella di non aver mai stabilito – come le norme impongono – la dotazione di personale necessaria.Affrontiamo quotidianamente, ognuno per le proprie responsabilità di governo, vertenze difficili e dolorose che però – sarà appena il caso di ricordarlo – arrivano da decisioni pregresse, molte delle quali sbagliate, per le quali oggi paghiamo un conto davvero salato.Quel conto che sta pagando anche chi credeva che sarebbe bastato firmare un contratto di un anno, prorogabile solo in presenza di certificata disponibilità finanziaria, per dirsi “sistemato”.Allora nessuno chiese certezze sulla durata, sulla possibilità realistica di una proroga; nessuno rinunciò, pur sapendo che quell’impiego sarebbe stato per soli 12 mesi così come “certificato” nel contratto stesso, sottoscritto da tutti.
Allora nessuno evidenziò le anomalie procedurali, nessuno si soffermò a pensare all’enorme dispendio di risorse economiche che invece sarebbero dovute bastare fino al 2018 per garantire le giuste spettanze al personale tecnico. Nessuno sollevò lo scandalo dei numerosi contratti di consulenza che sottraevano linfa alle risorse economiche destinate a chiudere – con l’aiuto di tanti validi professionisti – la vera ricostruzione. Non era il caso, già da allora, di porre e porsi qualche domanda?