In questo giorno particolare che coincide con il venerdì di mezzo secolo fa in cui fu promulgata la Legge costituzionale che istituiva la Regione Molise, intendiamo far sentire con chiarezza e trasparenza la nostra voce, aderendo in pieno ad un progetto comune a tutti i cittadini molisani, volto a costruire un’unità culturale e di valori per un popolo per troppo tempo relegato a un ruolo marginale e sottoposto ai voleri di sempre più trasformistiche elites dominanti.Come ha auspicato il Presidente del consiglio regionale, anche noi proviamo a “ripercorrere la storia regionale ed aprire lo sguardo verso il futuro” ma con una prospettiva decisamente diversa da quella di tanti relatori che finora hanno saputo mettere in primo piano le istituzioni, le legislature e i vari politici che si sono susseguiti nel corso di mezzo secolo, dimenticando di raccontare la realtà dei cittadini del Molise, del suo territorio, delle sue attese di crescita, sempre rimandate al da farsi.
Anche in questa occasione il nostro sguardo si rivolge alle persone, in particolare a tutti quei cittadini sistematicamente messi da parte dall’azione politica locale, ai trecentomila molisani che ancora resistono con difficoltà nella nostra terra e anche al milione di corregionali che, secondo più fonti, in più ondate migratorie hanno cercato miglior fortuna all’estero, non dimenticando in nessun caso le antiche origini e le radici culturali della loro storia familiare. Non si può infatti sottacere il ricordo dei numerosi molisani che si sono trasferiti in altre regioni d’Italia e all’estero incessantemente negli ultimi due secoli. Non dimentichiamo le tantissime vite spezzate nei tragici incidenti della miniera di Monongah, all’inizio del XX secolo, e di Marcinelle nel secondo dopoguerra.
Quando all’inizio del 1800 i nostri concittadini più illustri immaginavano un Molise unito, era certamente per portare sviluppo e progresso a questa terra frenando così questa diaspora, ma oggi sembra che tale viaggio sia di nuovo ed ancora una scelta quasi obbligata per i molisani.Purtroppo l’istituzione regionale non ha saputo cambiare le cose, rallentando lo spopolamento del nostro territorio: infatti siamo l’unica regione d’Italia che sta continuando a spopolarsi con costanza dal 1860, dal secondo dopoguerra e persino negli ultimi 20 anni durante i quali il Molise ha perso oltre 17.000 persone. Se la dinamica demografica dovesse continuare così, in un solo decennio il Molise potrebbe trovarsi ad avere meno di 300.000 abitanti.
Fino alla metà del secolo scorso il Molise si collocava a pieno titolo tra le aree più sottosviluppate del Mezzogiorno. La natura prevalentemente montana del territorio caratterizzato da asperità orografiche e fragilità idrografiche e da un clima particolarmente rigido, ha impedito lo sviluppo di grossi centri urbani e di una conseguente rete infrastrutturale, ostacolando così la crescita di un’imprenditoria locale, fulcro di sviluppo tecnologico ed economico, e ciò ha sempre mantenuto un netto divario tra il Molise e l’industria nascente del resto del paese.Ma anche una classe politica troppo spesso poco lungimirante e incisiva a livello nazionale ha contribuito a collocare il Molise in un contesto periferico: un esempio ne è il fatto che, alla nascita della rete ferroviaria nazionale dopo l’unificazione del Regno d’Italia, al territorio molisano fossero destinate soltanto linee secondarie a binario unico, a distanza di oltre un secolo rimaste ancora senza elettrificazione. Soltanto a partire dagli anni ’70 l’intervento straordinario del legislatore nazionale dotò la regione di quelle infrastrutture che le consentirono di ridurre lo svantaggio competitivo rispetto ai territori limitrofi. Da allora, anche in assenza di un chiaro e condiviso modello di crescita e grazie agli incentivi delle politiche di coesione destinati alle regioni in ritardo di sviluppo, il Molise ha saputo recuperare competitività facendo anche meglio delle altre regioni meridionali, riducendo le distanze con le aree del Centro nord.Anche le opportunità fornite dalle politiche di coesione, però, non sono state colte in pieno dalla classe politica regionale che, ancora una volta, ha sacrificato sull’altare del finto progresso e delle logiche clientelari il futuro delle generazioni che volevano rimanere in Molise e farlo crescere. La “classe dirigente” molisana ha preferito infatti disegnare per la regione un futuro meramente basato su principi di puro assistenzialismo. Grazie all’esiguità dei fondi pubblici nazionali necessari per finanziare l’apparato amministrativo regionale inefficiente e fuori controllo come il nostro, la contiguità tra la classe dirigente locale e le maggioranze politiche nazionali compiacenti ha consentito di spendere soltanto nel breve termine, realizzando benefici immediati ma limitati, a discapito di una prospettiva di sviluppo più duraturo e rispettoso della nostra identità.E così negli ultimi dieci anni abbiamo visto il Molise ripiegarsi su se stesso e essere fiaccato, più che altre regioni, dalle difficoltà generate della crisi economica internazionale che dal 2007 si sono riverberate con maggiore intensità sulla nostra regione. All’indebolimento del tessuto economico e sociale hanno contribuito vari fattori: una politica industriale improntata solo sulla salvaguardia di imprese inefficienti in cambio di meri interessi di bottega; un’insana gestione della spesa per la salute e la sanità, in persistente squilibrio dei conti; un utilizzo dell’indebitamento pubblico lontano da qualsiasi criterio che adotterebbe un buon padre di famiglia; una politica culturale provinciale, sguarnita dei mezzi indispensabili del conoscere critico e della ricerca priva di spazi e di libertà creative, defraudata di stimoli contemporanei, ridotta alla celebrazione di una genuinità ingenua, utile, nella migliore delle ipotesi, a creare silenziose masse di scontenti.Torniamo al tema centrale di questa giornata in cui, per celebrare i cinquant’anni di autonomia della nostra regione, proviamo a disegnare il futuro del Molise nel ventunesimo secolo e nell’Europa. L’invito che vi faccio è di cogliere l’occasione di questo momento storico e di non fermarsi alla mera celebrazione di questo evento. Rischiamo, infatti, di sconfinare in un’autocelebrazione, ancora una volta, non supportata da alcuna azione politica di programmazione. Non basta limitarsi alla sola gestione delle contingenze ed emergenze. Non indugiamo nell’atteggiamento miope che ci porta a trascurare la vera ricchezza del nostro territorio, favorendo la fuga dei giovani e delle menti più brillanti per cui tutti i politici da decenni si riempiono la bocca di buone intenzioni.Il perdurare di questo tipo di gestione può mettere seriamente in discussione l’autonomia che oggi stiamo celebrando. Ma come possiamo festeggiare i 50 anni della regione, se continuiamo a tenere fuori dalla porta le mille questioni che ci angustiano ogni giorno e che rischiano di minare seriamente tutto quello che oggi con solennità commemoriamo?
Signor Presidente, colleghi, cittadini, non escludiamo da questo dibattito politico tutto quello che è nelle reali preoccupazioni dei molisani: la mancanza di un sistema sanitario regionale efficiente e virtuoso che sappia coniugare l’equilibrio dei conti con le reali esigenze di salute dei cittadini; il falso mito della terra molisana, finora ritenuto un gioiello di preservazione ambientale ma in realtà svilito dalla mancata valorizzazione di aree protette, dai probabili interramenti di rifiuti tossici, dal mancato controllo della qualità dell’acqua e dell’aria, dall’assenza di un registro dei tumori che ci permetta di avere coscienza di quanto l’ambiente influisca sulla nostra salute; la gestione fallimentare dei pochi grandi gruppi industriali, alimentare e tessile in primis, che ha visto lo sciagurato ed inefficace coinvolgimento della Regione e che non fa presagire nulla di buono per le migliaia di lavoratori molisani coinvolti; la mancanza di sinergia tra i settori dell’istruzione, della cultura e del turismo, potenziale fattore di sviluppo del nostro territorio che invece continua ad essere svilito da una visione campanilistica e sul quale, inoltre, incombe la realizzazione di nuove faraoniche infrastrutture che poco hanno a che vedere con una qualsiasi idea di sviluppo sostenibile e molto con il consumo del suolo.La perdita di competitività della Regione, illustrata qui sinteticamente, si sta manifestando in un contesto storico che vede il legislatore nazionale ridisegnare l’assetto istituzionale del nostro paese, abolendo le Province e mettendo in discussione l’esistenza stessa anche delle Regioni, soprattutto quelle più piccole, arretrate e non certo virtuose in termini di gestione del bilancio.
Nonostante ciò, proviamo ad aprire l’orizzonte al futuro e lo facciamo con le parole di un molisano illustre, pronunciate molto tempo prima che il Molise conquistasse la sua autonomia regionale: “Udrete, o giovani, non di rado lamentare che il Molise è dimenticato e di tale oblio dar ogni colpa ai suoi rappresentanti politici. Ebbene, siano o no questi in colpa, ciascuno domandi anzitutto a sé medesimo: me ne ricordo io sempre del Molise? Che ho fatto o fo io per esso? Quale smania mi agita il petto di farmi onore, non per me soltanto o pei miei, ma perché ne ridondi fama alla mia regione? qual compiacenza eccita in me ogni cosa che giovi al Molise o lo rialzi agli occhi d’Italia? Una rappresentanza politica tanto può al fin fine quanto è l’ardore cittadino che scaldi tutto il paese o la gloria che tutto lo esalti. Non si può a un piccol drappello di uomini politici prescrivere che creino essi l’ardore che gli altri non sentano; ed ingenui sono gli altri se credono potersi il patriottismo esercitare per delegazione o per procura! Codesto somiglierebbe troppo al fatto di quel signore inglese che girava l’Europa per visitare i musei, ma poiché in ciò s’annoiava, ne dava incarico al suo servitore.”La ricetta che ci propone Francesco D’Ovidio è quella di porre in primo piano i cittadini. Raccogliamo il suo invito e coinvolgiamo i molisani mettendoli al centro del processo di cambiamento. Mi rivolgo pertanto agli amministratori qui presenti, a tutte le associazioni di categoria, ai sindacati, agli enti formativi e vi chiedo di fare un passo indietro e di utilizzare la programmazione concertata in un modo nuovo, più trasparente e senza più protagonismi autoreferenziali e logiche di parte, ma lasciando spazio ai cittadini e alla loro capacità di autodeterminazione.In quest’ottica, modifichiamo insieme lo Statuto della nostra Regione il cui adeguamento ai tempi odierni continuiamo a rimandare da anni. Introduciamo strumenti di democrazia diretta e partecipata che diverrebbero una preziosa risorsa e non un costo per la qualità della nostra democrazia. In chiusura, raccogliendo umilmente la sfida che ci propone D’Ovidio e parafrasando l’intervento di un collega parlamentare facciamo un appello a tutti i colleghi consiglieri “agiamo con azioni importanti altrimenti questo immobilismo ci farà evaporare!”