Lo Zuccherificio del Molise ha chiuso i battenti. Adesso, politici e giornalisti fanno a gara per descriverla come un “morte annunciata” o come un evento ineluttabile. Ma le cose non stanno proprio così.
Innanzitutto, stride il vergognoso silenzio del sindaco di Termoli, Angelo Sbrocca, che su una vicenda così grave e che riguarda le sorti di numerosi lavoratori termolesi, non ha proferito una parola. Non fiatano neppure amministrazioni comunali interessate come quelle di San Martino in Pensilis e di Portocannone, da cui provengono molti dei lavoratori oggi buttati in strada.
Eppure stiamo parlando di una azienda storica (ormai cinquantennale) che è stata economicamente rilevantissima per il nostro territorio, dotata di un esteso indotto produttivo, quasi paragonabile alla stessa FIAT di Termoli. Non a caso, in passato, un assessore regionale ebbe a dire che nei momenti del suo massimo sviluppo, lo zuccherificio produceva una ricchezza corrispondente al 15% del PIL regionale. Perché allora questo inesorabile ed inspiegabile declino?
Certamente grava su tutta la vicenda la scelta governativa di non considerare strategico un comparto come quello saccarifero che, ricordiamo, è tutt’altro che trascurabile o secondario. Infatti, non si parla della sola produzione di zucchero bianco, dalla barbabietola otteniamo lieviti, alcool, bioetanoli, bioplastiche, mangimi per animali, ecc.ecc.
Da considerare anche il fatto che la barbabietola è un’importante coltura di rinnovo e che ha contribuito non poco a risollevare la nostra agricoltura (votata prevalentemente alla coltivazione del grano) impedendo l’impoverimento del nostro suolo agricolo e di quello di molte regioni limitrofe.
Dunque, vi è stata una precisa volontà politica, nazionale e regionale, di lasciar morire lentamente lo zuccherificio, impedirne il rilancio e la possibilità di essere più competitivo e più appetibile per eventuali gruppi finanziari interessati alla sua acquisizione. Come spiegare diversamente la successione alla guida dello stabilimento di personaggi che non possedevano né adeguate esperienze e né specifiche competenze di settore, che infine hanno solo contribuito al tracollo dell’azienda.
Il sindaco di Termoli -che, ricordiamo, è pure presidente del Cosib di Termoli- invece di dedicarsi all’edificazione di opere faraoniche ed inutili, perché non interviene sulla vicenda e magari ci espone quale modello di sviluppo post industriale ha in mente per il suo territorio? Quali programmi ha rispetto alla costante moria di aziende nel nucleo industriale che presiede? Cosa propone ai tanti lavoratori che nel territorio di sua pertinenza stanno perdendo il loro posto di lavoro?
L’amministrazione di Termoli dovrebbe ricordare che ha importanti competenze in merito e potrebbe adoperarsi per fare molto in questa vicenda. Innanzitutto, dovrebbe ascoltare i lavoratori e le loro proposte, dovrebbe farsi garante che nel sito dello zuccherificio non possano esserci cambi di destinazione d’uso, impedendo il conseguente atterraggio di impianti deleteri ed inquinanti come inceneritori o, peggio ancora, discariche -peraltro, trattamenti sorpassati e dannosi, visto che oggi esistono metodologie molto meno impattanti e più ecologiche, quali il “trattamento meccanico biologico ed a freddo.“-
L’assessore regionale, Vittorino Facciolla, smentisce ipotesi di questo genere, ma sappiamo bene quanto poco siano attendibili le promesse dei nostri politici. Oltretutto, nega la possibilità di adottare un piano di riconversione o di riassorbimento degli operai licenziati. Lavoratori, in buona parte non più giovanissimi, che adesso non sanno come reintegrarsi nel mondo del lavoro e sostenere le proprie famiglie.
Purtroppo questi operai non sono né amministratori locali e né nelle grazie del “Re” per poter sperare di essere riciclati in un qualche “carrozzone” regionale…
Va infine ricordato che tutto ciò che accade è anche una grave responsabilità politica del Partito Democratico: un partito liberista ed al soldo della BCE, intriso di logiche autoritarie ed antioperaie, che oggi guida il Governo nazionale e quello regionale, nonché tutti i Comuni interessati. A tutti i livelli, vanno respinti e rimandati a casa, prima che facciano danni peggiori, ormai sempre più lavoratori ed elettori lo stanno capendo e pagando sulla propria pelle.
Il Partito della Rifondazione Comunista di Termoli continuerà a difendere gli interessi di questi lavoratori ed a sostenere la loro lotta, attaccando e richiamando con vigore alle proprie responsabilità l’atteggiamento “pilatesco” dell’amministrazione comunale termolese e quello ingannevole della giunta regionale.
PRC di Termoli:
Il segretario Domenico Farina
Il coordinatore G.C. Angelo Trizio