Sono 3.100.000 i lavoratori in nero presenti sul territorio dello stivale contro il 40% ossia 1.270.000 quelli occupati nel Meridione. Questa è la fotografia scattata dall’Ufficio Studi della CGIA. La quale, evidenzia, la presenza di un esercito d’invisibili che ogni giorno lavora senza versare tasse e contributi per un ammontare di 77,2 miliardi di euro di Pil irregolare all’anno. Tre milioni di persone che sono costituiti da lavoratori dipendenti che fanno il secondo lavoro, da cassaintegrati o pensionati che arrotondano le entrate non sempre cospicue e da disoccupati che, in attesa di entrare ufficialmente nel mercato del lavoro, si arrangiano tramite i proventi, sempre che si possono chiamare tali, svolgendo un’attività non propriamente regolare. Questione che riguarda soprattutto le regioni giudicate meno produttive a causa della recessione che incide pesantemente proprio sul mercato del lavoro.
Guardando la classifica regionale, il gradino più alto se lo aggiudica per criticità la Calabria con 143.000 lavoratori in nero con un’ incidenza percentuale del valore aggiunto da lavoro irregolare sul Pil pari all’8,7 per cento. Percentuale che, secondo lo studio, si traduce in modo semplicistico in 1,3 miliardi di euro di entrate in meno per lo Stato.
Al secondo posto la Campania che con 387.200 unità lavorative irregolari con l’8,4% di non pagamento delle tasse che, sempre nella Campania Felix, che felix a quanto pare non è, ammontano a 3,9 miliardi di euro all’anno.
Al terzo posto della graduatoria alquanto anomala, perché svela criticità ataviche, la Trinacria con 306.900 irregolari e un peso dell’economia sommersa su quella ufficiale pari al 7,8 per cento, tant’è che le imposte e i contributi non versati sono pari a 3,2 miliardi di euro all’anno. Il tutto in considerazione che il valore aggiunto “prodotto” dal sommerso economico registrato nel 2014 e’ stimato dall’Istat attorno ai 194,4 miliardi di euro. Importo che sale vertiginosamente a 211,3 miliardi se si considerano soprattutto le attività illegali come la prostituzione, il traffico di sostanze stupefacenti e il contrabbando di sigarette. Tutti elementi che incidono negativamente sull’economia del Paese, nonostante si cerchi di farla risollevare con iniziative che, se fossero attuate in pieno, cancellerebbero il segno meno sempre più imperante, almeno in questa porzione di Italia, sempre più in ascesa; ecco perché che le speranze, se non ci sarà un’inversione di marcia, si vanificano quotidianamente, almeno per le casse dello Stato.
Massimo Dalla Torre