“Nel centenario dell’ingresso nella prima guerra mondiale – afferma Rosario De Matteis – ho inteso, nelle vesti da presidente della Provincia di Campobasso, ricordare e rendere omaggio alle migliaia di soldati che si sacrificarono per un’Italia unita. Pensate, ragazzi delle classi 1897, 1898, 1899, spesso poco alfabetizzati, poveri contadini, pescatori, artigiani, pastori certamente non esperti di armi, partirono alla volta del Trentino, Del Carso, della Dalmazia, dell’Istria, del Veneto, della Giulia, zone per l’epoca sconosciute, per quella che consideravano una quarta guerra di Indipendenza. Pensate…ragazzini del Molise che andavano a perdere la vita nell’Isonzo, giovani che si arruolarono rischiando la morte, che si avventavano per liberare ed annettere ad una giovane Italia (come concetto di Stato sovrano), aree lontane dalle nostre, nelle lingue, nei costumi, nelle tradizioni come nei costumi. E nell’ottica di oggi che mi chiedo se le nuove generazioni farebbero una cosa del genere, e a che prezzo!!! Ora che il servizio di leva obbligatorio è stato soppresso e che vige un esercito di volontari professionisti, siamo tutti pronti a sostenere i nostri militari nelle missioni di pace all’estero. E la politica spesso è costretta a pagare lo scotto dei funerali di Stato, le conseguenze di scelte sociali, economiche, strategiche di simili imprese belliche, seppur dai contorni umanitari. Ma nel tracciare un paragone, come non fare a considerare più che eroi quei 5800 molisani periti nelle battaglie del primo conflitto bellico e rinvigorirne la memoria? Che ognuno di noi provi a chiedere se ricordano o meno eventuali soldati morti o feriti o mutilati della prima guerra. In tanti casi ce ne siamo dimenticati un po’ tutti. A stento ricordiamo quelli della seconda guerra mondiale, figuriamoci se teniamo a mente se magari in famiglia ne abbiamo avuto di martire, tanto per dire…a Caporetto. Ebbene, che questo 24 maggio sia da stimolo per le nuove generazioni, ma anche per i neo genitori, i nonni, per andare a riaprire i vecchi “libri” e gli album di foto di quei bisnonni e trisavoli che hanno onorato l’Italia, il Molise e le proprie famiglie, e che spesso sono anche sepolti in Grecia, Slovenia, Friuli e in disseminati cimiteri militari. Questi uomini hanno combattuto, hanno versato il proprio sangue per determinare i confini di un Paese che cercava serenità, democrazia, rispetto e pari dignità in un contesto europeo. Che magari si faccia in questi giorni, un saluto al cimitero a qualsiasi lapide della prima guerra, una preghiera ai cari e perché una Santa messa in loro onore, al fine di non lenirme le gesta. A tal riguardo io farò il primo passo. Mio nonno, Rosario De Matteis, imbracciò il fucile combattendo vicino Gorizia. Mi raccontava di quelle esperienze sostenendo di essere dovuto partire per salvare quella gente, perché erano italiani sotto il dominio austriaco, gente che aveva bisogno del nostro intervento. E mi narrava delle nostre difficoltà economiche, che quando al ritorno in Molise e comunque nel sud, l’economia era sotto terra in ogni senso. E allora, come dopo ogni guerra, dovettero ricominciare a costruire una società lacerata dalla guerra e dallo sconcerto dalle scelte successive alla spartizione dei nuovi confini. A tal riguardo – conclude De Matteis – ci sono anche dei testi. Ne cito uno che mi è rimasto impresso: “5 mila croci, i molisani nella grande guerra 1915-18”, di Massimo Vitale, che da giornalista storico traccia un percorso formativo sulla guerra, narrando anche delle medaglie conferite ai nostri martiri. Mi piace ricordare il capitano Falciglia di Lupara, il sottotenente Vittorio Argentieri di Montenero di Bisaccia ed i tre fratelli campobassani Pistilli. Ad un secolo dalla fine della guerra di posizione, mi auguro che simili conflitti non abbiano più a ripetersi e che la scuola come la politica trovino le giuste misure per descriverne le atrocità e prevenirne le conseguenze”.
Centenario della Prima Guerra Mondiale: il ricordo del presidente De Matteis
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