“Sul caso di Giada Vitale, giovane molisana abusata dal parroco di Portocannone dai 13 fino ai 17 anni di età, ho presentato un’interrogazione al ministro della Giustizia Marta Cartabia dove chiedo l’invio degli ispettori presso gli uffici giudiziari coinvolti in una vicenda gestita in maniera inaccettabile per uno Stato di diritto”.
Duro intervento del senatore Fabrizio Ortis sul caso Vitale, di recente finito al centro di una conferenza stampa organizzata presso la Camera dei deputati dalle deputate Stefania Ascari e Rosa Alba Testamento alla presenza della presidentessa del Telefono Rosa Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, oltre che dei legali e della consulente che seguono la giovane di Portocannone.
Ortis ricostruisce la vicenda passo per passo e non lesina dure critiche sull’intera gestione del caso: il procedimento a carico dell’ex parroco di Portocannone, don Marino Genova, venne diviso in due tronconi in fase di indagini preliminari, separando così gli abusi avvenuti fino al compimento del 14esimo anno da parte di Giada Vitale da quelli accaduti successivamente a quella data. Tutto ruota intorno all’espressione del libero consenso, che secondo l’ordinamento italiano è prevista al compimento dei 14 anni. Don Marino, infatti, è stato condannato in via definitiva dalla Cassazione a 4 anni e 10 mesi di reclusione per reiterati atti sessuali con minorenne, condanna che però fa riferimento solo agli abusi perpetrati fino a quando la Vitale non avesse ancora compiuto 14 anni. Per quanto accaduto dopo, invece, i reati sono stati archiviati su duplice richiesta dello stesso pubblico ministero.
“La vittima – spiega Ortis – non fu mai sottoposta né a una perizia né a un incidente probatorio; e ciò, per entrambi i periodi in cui fu diviso il suo fascicolo. Ma dopo la riapertura delle indagini nel 2018, terminata anch’essa, purtroppo, con un’archiviazione, emersero elementi di grande rilievo sotto il profilo probatorio. La giovane abusata aveva perso il padre all’età di tre anni, venendo affidata dalla nonna al parroco, che dunque sarebbe assurto a una figura assimilabile a quella paterna, esercitando il ruolo di tutore, ovvero di persona alla quale la Vitale poteva affidarsi durante la sua crescita per essere accolta, educata e difesa. I professionisti auditi, infatti, descrissero una condizione di fragilità psichica e uno stato di grave costrizione psicologica della vittima, nella quale il sacerdote impresse una confusione permanente e una dipendenza affettiva. Giada Vitale, in sostanza non poteva dare il suo consenso in modo libero e spontaneo dopo il compimento dei 14 anni perché vittima di esperienze sessuali precedenti traumatizzanti e assoggettata al controllo psicologico di Don Marino, che lo esercitava attraverso una falsa affettività”.
Nonostante una terza archiviazione nel 2020, il 29 marzo scorso è stata e presentata un’ulteriore richiesta di riapertura delle indagini; ciò, anche alla luce della motivazione della sentenza della Suprema Corte di Cassazione, nella quale non solo era condannato il parroco per i fatti avvenuti fino ai quattordici anni d’età della vittima, ma criticata altresì la decisione della Procura della Repubblica di Larino di non aver approfondito i fatti inerenti agli abusi avvenuti successivamente, affermando che sarebbe stato opportuno un approfondimento dibattimentale o peritale prima di giungere a una archiviazione, che comunque sarebbe potuta essere oggetto di rivalutazione”.
“Al riguardo – sottolinea Ortis – devo rilevare, mio malgrado, come la Procura della Repubblica di Larino sia caduta in contraddizione: solo due anni fa, infatti, cercava elementi che potessero dimostrare lo stato di soggezione psichica della Vitale, mentre dopo la sentenza della Cassazione non ha inteso approfondire le dinamiche psicologiche che hanno determinato l’abuso sessuale eludendo, così, le indicazioni della Suprema Corte medesima. Pensare che una ragazzina di 13 e poi 14 anni possa avere una relazione con un uomo di 55 è un oltraggio al diritto, alla psicologia e soprattutto all’infanzia. Una posizione che può far pensare ai pedofili sia lecito manipolare e poi abusare una vittima. Il disinteressamento della Procura si è palesato inoltre anche quando la Vitale, dopo aver denunciato don Marino, è stata vittima di bullismo e diffamazione. La ragazza ha sporto più volte querela, ma le sue denunce sono state sistematicamente ignorate, senza che abbiano dato luogo a nessun tipo di provvedimento”.
Alla luce di una vicenda divenuta un caso di cronaca nazionale tra i più spinosi sul tema Ortis interroga pertanto il Guardasigilli, chiedendo un’ispezione ministeriale, “e opportune iniziative legislative per estendere anche alla magistratura e ai pubblici ministeri i corsi di formazione già previsti per il personale della polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della polizia penitenziaria dalla legge 69/2019 (“Codice rosso”), al fine di evitare che si ripetano vicende giudiziarie come quelle descritte. Infine – conclude Ortis – il ministro Cartabia dovrà chiarire se si intenda o meno potenziare gli organici dei tribunali periferici, inadeguati alla mole di lavoro loro richiesta che da troppo tempo sta affossando la nostra regione”.