di Alessandra Zavatta da www.iltempo.it
Nessun allarme: mangiare carne non fa venire il cancro. Almeno per chi non esagera nel consumo. Prima getta il sasso e poi nasconde la mano l’Organizzazione mondiale della Sanità. Dopo aver scatenato il putiferio negli allevamenti e il panico tra i consumatori. «Non era allarmista l’annuncio sul pericolo di sviluppare tumori mangiando carni rosse e lavorate», giura Kurt Straif, responsabile del Programma monografie dello Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Proprio lo Iarc, che dell’Oms è braccio operativo, il 26 ottobre scorso ha lanciato la «bomba» annunciando lo studio, effettuato da 22 esperti in dieci differenti Paesi, sull’imminente pericolo. «Sulla base di prove – recita la nota, ora scomparsa dalla prima pagina del sito Internet dell’Oms – il consumo di carne rossa provoca cancro negli esseri umani. Questa associazione è stata osservata nel tumore del colon retto, del pancreas e della prostata».
Che siano di bue, vitello, manzo, maiale o pecora, cinquanta grammi di carne rossa al giorno aumentano del 18% il rischio di sviluppare cancro. Un allarme che, in pochi giorni, aveva fatto crollare le vendite nelle macellerie. E che adesso si sgonfia. Nessuna prova è stata messa nero su bianco. «Sì, ci sono dei rischi ma i risultati finali dello studio, pubblicato sulla rivista Lancet Oncology, saranno resi noti soltanto a metà del 2016», smorza le polemiche Straif. Un «allarme ingiustificato» anche secondo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. «Come si fa a dire che ci sono rischi? Noi lo studio non lo abbiamo. Su Lancet abbiamo visto soltanto la sintesi – sottolinea il ministro – Abbiamo chiesto di avere il testo completo, ci hanno detto che non sarà pronto prima di sette-otto mesi. Intanto l’allarme è stato lanciato». E i danni non sono mancati perché, nel dubbio, migliaia di consumatori hanno lasciato bistecche, lombate e prosciutti sui banconi dei supermercati.
«I prodotti commercializzati in Europa non contengono le sostanze presenti nei lavorati analizzati dall’Oms», incalza l’Ordine dei medici veterinari di Milano. «Lo studio dell’Organizzazione mondiale della sanità ha preso come campione insaccati contenenti sostanze per la conservazione e il fissaggio di gusto e sapidità non presenti nell’Ue e, soprattutto, in Italia. L’analisi è stata svolta interamente su carni provenienti dall’America, dove gli standard di controllo sono minori. In Europa, invece, le verifiche effettuate sugli alimenti sono tra i più scrupolosi al mondo». Le dosi di tali sostanze e i tempi di esposizione presi in esame «implicano un consumo pressoché quotidiano e massivo di carni rosse lavorate, nettamente superiori rispetto alla media europea e italiana».
Insomma, come sottolinea il ministro della Salute, «non creiamo allarmismi inutili e affidiamoci invece alla dieta mediterranea». Ma facciamo in modo, suggeriscono i veterinari, che per braciole e salsicce, ci sia un «metodo di etichettatura obbligatorio e completo a tutela del consumatore». Iniziativa che piace al Codacons. «Oggi – afferma il presidente Carlo Rienzi – si spacciano per italiani prodotti che sono stati solo trasformati in Italia».Un punto di vista condiviso dal ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina: «Il tema vero che pone lo studio dello Iarc è quello della corretta dieta, dell’equilibrio tra quantità, qualità e composizione degli alimenti». Eppoi, insiste, «lo studio fa riferimento a casi molto particolari di alcuni Paesi dove la somministrazione di carni rosse è esagerata».