Business della marijuana. In Usa aprono i primi ‘coffe shops’

marjuana coffe shopsSe i coltivatori si fregano le mani anche le autorità locali non sono da meno, preparandosi ad incassare le prime imposte dal nuovo business.È ormai balzata sulle pagine dei media la notizia secondo cui in alcuni stati degli Usa apriranno i primi “coffee shops”, i locali dove si fuma marijuana ‘per scopi ricreativi. Così, mentre in Olanda, la patria dei coffe shop, le leggi si fanno più stringenti sia per i produttori che per i consumatori, dal primo gennaio prossimo negli States apriranno i primi “negozi” nello stato di Washington e in Colorado.Il business è anche ‘turistico’: alcune aziende, veri precursori del genere, offrono già gite di gruppo organizzate. Entrambi gli Stati hanno legalizzato l’uso di cannabis a fini ricreativi dopo il referendum dello scorso novembre, ma la normativa entrerà in vigore il primo gennaio 2014.

“La novità attrae persone da tutte le parti”, spiega Adam Raleigh, titolare della ‘Telluride Bud cannabis Company’. “Aspettiamo persone da Texas, Arizona e Utah. Negli ultimi mesi ho ricevuto ogni giorno da quattro a sei e-mail, e tra cinque e dieci telefonate da persone che mi chiedono i dettagli della legge e come combinare al meglio una vacanza di sci e cannabis”.Negli Stati Uniti la cannabis per uso medico è già legale e regolamentata in 19 Stati. E nella maggior parte il consumo ricreativo non è considerato un crimine. Ma Colorado e Washington hanno fatto un passo avanti mettendo in atto un sistema in cui gli enti locali dovranno supervisionare la coltivazione, distribuzione e commercializzazione dell'”erba”.Il mercato potenziale è enorme: secondo una ricerca della società ArcView, le vendite di cannabis legale aumenteranno del 64% tra il 2013 e il 2014, da 1,4 miliardi a 2,34 miliardi di dollari.Ancora una svolta antiproibizionista, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Dopo l’Uruguay, paese recentemente rimbalzato sulle cronache per aver legalizzato a livello nazionale la produzione e la vendita della “cannabis”, è una tra gli stati che si vanta di essere tra le democrazie più compiute e avanzate a provare questa sfida alla criminalità organizzata anche forse con malcelate esigenze di bilancio per il gran business connesso a tale commercio.Che forse sia giunto il momento anche per l’Italia di finirla con la bigotteria diffusa che nei fatti consente a migliaia d’italiani, spesso giovani e giovanissimi, di provare il “proibito” foraggiando le varie criminalità che dai ricchi e copiosi traffici di marijuana e derivati incassa milioni e milioni di euro ogni anno?

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