“La riforma dell’Ordine dei giornalisti è necessaria. Ma il Parlamento non può farsi ingannare da slogan propagandistici che con la suggestione dei suoni cercano di nascondere la realtà. Il mondo dell’informazione è cambiato. La differenza tra professionisti e pubblicisti non esiste più nei fatti. Sono migliaia e migliaia i pubblicisti che svolgono ogni giorno un lavoro senza il quale i quotidiani dovrebbero ridurre la foliazione e le emittenti radiofoniche e televisive i notiziari.
Sono colleghi invisibili, a volte anche dal punto di vista economico, che un’elite di giornalisti garantiti punta a penalizzare con l’obiettivo di impadronirsi dell’Ordine.
Il Parlamento non può approvare norme che penalizzerebbero i 75mila pubblicisti italiani. Esprimiamo forte preoccupazione per le evidenti manovre che, nell’ambito di un disegno di riforma che tutti auspichiamo, tendono a mortificare soprattutto la rappresentanza dei pubblicisti in Consiglio Nazionale. Il sistema elettorale attuale garantisce la presenza di tutte le singole regioni, cosa che sarebbe impossibile assicurare se passasse l’ultima stesura del provvedimento che ipotizza la riduzione a 36 consiglieri di cui due terzi professionisti e un terzo pubblicisti. Di conseguenza, in Consiglio Nazionale, oltre 75 mila pubblicisti dovrebbero essere rappresentati al massimo da 12 colleghi. I 25 mila professionisti, invece, da 24.
È facile prevedere che resterebbero, comunque, senza alcun consigliere le regioni con un minor numero di iscritti come Abruzzo, Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Molise, Sardegna, Trentino Alto Adige, Umbria, Valle d’Aosta, mentre potrebbero avere serie difficoltà (almeno in una delle due rappresentanze) Emilia Romagna, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana e Veneto.
Nell’ultima stesura della proposta di legge è stata inserita addirittura anche la condizione che i pubblicisti sono eleggibili solo se hanno una posizione previdenziale attiva. Si tratta di un ulteriore elemento di discriminazione che di fatto determinerebbe l’esclusione di pensionati e disoccupati. Categorie sulle quali non spende neanche una parola l’elite dei giornalisti garantiti che plaude a una riforma che dimentica di inserire la condizione che i contributi pubblici siano concessi solo agli editori che documentino di aver retribuito regolarmente e adeguatamente i giornalisti. Un problema posto, invece, dai vertici dell’Odg. Noi siamo i primi a volere una riduzione di pletoriche assemblee (anche quelle della FNSI e dell’INPGI) ma senza penalizzare esclusivamente i pubblicisti che, da sempre, mantengono economicamente gli Ordini, regionali e nazionale.
Ci auguriamo che il Parlamento, nel definire la delega sulla riforma del nostro Ordine, riveda i criteri di riduzione e di attribuzione della rappresentanza delle due componenti della categoria”. Questo il documento del presidente Iacopino e condiviso dalla quasi totalità dei vice presidenti regionali. A questo testo anche e soprattutto la rappresentanza molisana al Cnog si associa, tenendo conto che proprio nel Molise la problematica è particolarmente sentita. Un piccolo Ordine che conta circa 550 pubblicisti e 70 professionisti, cifre che dimostrano da sole come sia enorme la disparità tra i due elenchi. Ci si augura che la delegazione dei parlamentari molisani si mobiliti al fine di scongiurare la soppressione sia tra i pubblicisti che tra i professionisti di una rappresentanza, in seno al Cnog. Come ci si augura che si organizzino incontri proprio a tutela dei giornalisti.
Vincenzo Cimino, Cosimo Santimone e Pietro Eremita
Consiglieri nazionali Odg