AUTOCONVOCAZIONE DEL VOLONTARIATO ITALIANO A ROMA :Cosa farà il Molise?

Di Maria Saveria Reale

Un evento storico, un incontro tardivo per il Volontariato della gratuità e del dono.                                 Ma la speranza è l’ultima a morire.

Il mondo del no profit torna sulla scena con una singolare proposta: l’Autoconvocazione del volontariato italiano promossa dal Forum Nazionale del Terzo Settore, il Centro Nazionale per il Volontariato (CNV), la Conferenza permanente delle Associazioni, Federazioni e Reti di Volontariato (ConVol), la Caritas Italiana, la Consulta del Volontariato presso il Forum Nazionale del Terzo Settore e da CSVnet.

L’iniziativa,  che si svolgerà oggi, 9 maggio 2015, presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università Sapienza di Roma, in Via Salaria 113, è stata presentata alla stampa lo scorso 22 aprile.

I promotori dell’evento odierno daranno seguito alle attività con un percorso articolato – ora in costruzione – che durerà fino al 5 dicembre 2015, Giornata internazionale del Volontariato.

Le finalità dell’Autoconvocazione sono quelle di dare voce al volontariato italiano, coinvolgendo tutte le sue organizzazioni, dalle più grandi alle più piccole, rimettendo al centro dell’agenda politica la necessità di valorizzare un così importante patrimonio nazionale e creando condizioni che ne valorizzino ulteriormente le energie. L’intento è anche quello di sottolineare l’importanza di riferimenti indispensabili come il protagonismo del mondo giovanile e la cooperazione intergenerazionale, rilanciando nel contempo i valori fondanti come la gratuità, il ruolo politico e quello di advocacy.

Gli organizzatori della manifestazione hanno annunciato anche che l’Autoconvocazione avviene in un momento storico, particolare per il mondo del Volontariato, in cui si discute in Parlamento la Legge di riforma del Terzo Settore; essi aggiungono che la crisi economica, sociale, culturale e politica, che investe il paese, richiama al necessario protagonismo di quel variegato mondo della solidarietà che raccoglie 4,5 milioni di volontari e che esprime centinaia di migliaia di organizzazioni. Parte così una fase di mobilitazione che, favorendo un’espressione collettiva, definirà il messaggio che il Volontariato indirizzerà a se stesso e all’intero Paese.

E’ questa una bella iniziativa (forse tardiva)! Sono belle le finalità e ci auguriamo vivamente che i risultati di questo impegno possano essere fruttuosi per il mondo del Volontariato in generale, fermo restando le  finalità essenzialmente costruttive che si vogliono perseguire.

 Colgo l’occasione per rammentare ai Volontari molisani, che sollecito  a partecipare all’iniziativa, di tenere presente che:

  • la legge di riforma del Terzo Settore è già stata licenziata dalla Camera con l’estensione dell’attività attribuita in passato solo ai Centri di servizio (che prima era rivolta solo al Volontariato della “gratuità e del dono” e soprattutto alle piccole organizzazioni di Volontariato, dando pari dignità anche alle organizzazioni non iscritte nei registri regionali) anche a tutto il Terzo Settore; vale a dire alle Associazioni di promozione sociale che sono grandi organizzazioni ed alla Cooperazione sociale. Vedasi articolo: “Il settore del Volontariato scippato della legge quadro”;
  • si fa fatica ad individuare tra gli organizzatori della manifestazione chi effettivamente rappresenti il piccolo Volontariato (che finora è stato difeso); non certo il “Forum del Terzo settore” che rappresenta la cooperazione sociale, le APS ed il grande Volontariato; non certo la “Convol” che rappresenta grandi istituzioni di Volontariato, né Csvnet che, per legge, non è abilitata; la Caritas, poi, rappresenta un tipo di Volontariato c.d. “ecclesiale” che è diverso da quello della Legge-quadro; infine, sconosciute ai milioni di volontari sono le sigle della “Consulta del Volontariato presso il Forum Nazionale del Terzo Settore” e il “Centro Nazionale per il Volontariato”;
  • si fa sempre più fatica ad individuare la differenza che c’è tra i Volontari; nell’immaginario comune gli “unici” che ci sembra di poter definire tali sono quelli che non sono retribuiti, quelli della gratuità e del dono, quelli facenti capo ad organizzazioni in cui non circola denaro (o in cui ne circola poco) per i quali il legislatore adottò i provvedimenti della Legge-quadro 266 del 1991 che, attraverso i Centri di servizio, prevedeva una serie di “servizi” a beneficio del sostegno e della crescita di questi Volontari. Ora con i fondi della 266 sembra sempre più evidente che tali “servizi” dovranno essere estesi anche alle Associazioni di promozione sociale ed alla Cooperazione sociale. Spesso con il termine “volontario” vengono indicati anche gli esponenti della cooperazione che percepiscono stipendi. Decidiamoci, una volta per tutte, a chiamarli con il loro nome e cioè: “cooperanti”;
  • il piccolo volontariato, come io stessa ho denunciato nel precedente articolo, pur continuando febbrilmente ad operare, sembra essersi rinchiuso in sé stesso, rinunciando così al rapporto con le istituzioni; parla sempre meno perché pervaso da un latente senso di sfiducia e si sente abbandonato perché, in un certo modo, dipende dal pubblico oppure aspira a potervi dipendere e quindi non vuole compromettersi.

 

Su quest’ultimo punto, sempre riguardo al piccolo Volontariato, vale la pena ricordare che anche da più ricerche condotte da Renato Frisanco (per 10 anni gestore della Banca Dati Fivol e già consulente del Ministero) emerge che le piccole OdV, quelle che nascono per rispondere ai bisogni specifici dei cittadini di un contesto territoriale, sono pervase da un senso di sfiducia verso le istituzioni da cui si sentono sostanzialmente abbandonate; tale abbandono consiste non solo nel venir meno di un sostegno finanziario (in parte connesso con la spending review) o altri tipi di aiuto, quali ad esempio la concessione di sedi in comodato gratuito, il sostegno a progetti di bandi non locali, le iniziative di formazione congiunta volontari-operatori pubblici, il rilascio di autorizzazioni senza inutili lungaggini, l’esonero sulla tassa per l’occupazione di suolo pubblico in occasione di manifestazioni, etc.

Questo senso di abbandono è maggiormente acuito dalla mancanza di riconoscimento della loro funzione pubblica; è come se l’istituzione locale non comprendesse quanto il Volontariato fa e quanto può fare, se stimolato, nella comunità locale, apportando le sue forze a beneficio di una migliore erogazione dei servizi pubblici.

 In attuazione del “principio della sussidiarietà orizzontale” l’ente o l’istituzione locale potrebbe svolgere meglio la sua funzione pubblica se valorizzasse tutto ciò che anche una piccola organizzazione di Volontariato può fare per rispondere ai bisogni della comunità locale. Valorizzarne l’apporto può significare, ad esempio, includerla nella fase della programmazione locale dei servizi, dai Piani Sociali di Zona alla realizzazione di servizi concertati insieme.

L’impegno di favorire l’azione dei Volontari che perseguono l’interesse generale spesso non si attua per incapacità o impreparazione del pubblico rispetto ad una visione d’insieme più moderna ed attuale delle politiche sociali.

Da sottolineare, inoltre, che le OdV operano in misura sottodimensionata rispetto alle loro potenzialità ed alla loro specifica progettualità, quando invece potrebbero fare di più e meglio con un piccolo sostegno; le recenti ricerche dimostrano   che non poche, tra le piccole associazioni meritevoli ed innovative, negli ultimi anni hanno dovuto ridimensionarsi in mancanza di un aiuto minimo. Per esempio tra i compiti dei Centri di servizio per il Volontariato vi dovrebbe essere oggi anche quello di censire le esperienze di Volontariato più meritevoli e di valutarne le potenzialità per attivare meccanismi di sostegno anche esterni allo stesso Csv (bandi europei, accordi con imprese, con consorzi di cooperative sociali, 5 per mille di territorio per progetti, accordi con Fondazione con il Sud, etc).

Da più parti ed in più regioni, vengono, poi, rilevati comportamenti discriminatori nei confronti delle OdV da parte degli enti pubblici che agiscono spesso in modo discrezionale privilegiando la concessione dei pochi contributi disponibili sulla base di appartenenze o altre logiche non meritocratiche; questa prassi provoca nei responsabili delle OdV diffidenza e perplessità nei confronti delle amministrazioni locali. Esiste anche una componente di OdV che ritiene di dover dipendere dai finanziamenti pubblici; sono soprattutto le OdV  medio-grandi che nascono per partecipare ai bandi pubblici e quindi per cogliere delle opportunità, rispetto a cui talvolta sono in una posizione di vantaggio per i giusti “agganci politici”.

 Una risposta chiara e leale a queste osservazioni, soprattutto da parte del legislatore, attraverso i futuri decreti delegati, potrebbe aprire una stagione nuova di collaborazione e di effettivo rilancio di questo vitale ed importantissimo comparto della società italiana.

Nella certezza di aver contribuito ad aprire un dibattito franco e costruttivo, restiamo a disposizione dei nostri lettori per consentire uno scambio di vedute e di opinioni, inviando note sul tema a:  msareale@gmail.com

 

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