Cosa rimane dell’abbraccio del Molise ad Assisi? Questa è la domanda che mi sono posto l’ultimo giorno dell’anno quando, nel silenzio più rumoroso, per il lutto cittadino che ha colpito la cittadina umbra, mi sono trovato sulla piazzetta antistante alla basilica di Santa Chiara. Domanda cui difficilmente si può dare una risposta perché l’incontro tra queste due realtà Molise e Umbria, nonostante sono passati due anni, è stato talmente straordinario che, non si può quantizzare, se non dal punto di vista numerico. Un numero che, per molti anni, sarà legato direttamente all’avvenimento in cui la nostra comunità nella sua interezza ha reso omaggio con simboli semplici a chi si è fatto povero tra i poveri per scelta e convinzione. Oggetti che sicuramente Francesco e Chiara avrebbero rifiutato in osservanza alla regola che si erano dati.
Oggetti come il calice fatto con il grano, la casula intessuta con il tombolo, i prodotti della terra, l’opera degli artigiani che hanno forgiato con il fuoco una lampada, un’anfora in rame, il restauro di opere danneggiate dal sisma è la personificazione e la materializzazione del sentimento molisano, che da sempre guarda al centro posto ai piedi del Subasio come luogo di speranza e di salvezza. Parole che riecheggiano soprattutto quando si rende omaggio alle dimore dei santi. Luoghi in cui la fede ma soprattutto la rinascita, solo se si è pentiti seriamente, è presente. Luoghi che permettono di mettere a confronto due realtà simili ma anche differenti che lanciano il messaggio di “pace e bene”. Regioni che hanno molta assonanza tra loro. Storia, letteratura, arte e misticismo da un lato, semplicità, sofferenza, lavoro ed emigrazione dall’altra, la cui trade-union è la fede, la tradizione e la cultura che affondano le radici nel vissuto delle genti che abitano in queste realtà. In cui, il quotidiano fa si che i valori che ispirarono il giullare e la serva di Dio sono l’humus che li alimenta. Cibo che mostra a chi critica, contesta e rigetta la persona così com’è, con le sue debolezze, le passioni e le angosce. Parole che ad Assisi è possibile trovare aggirandosi nell’abitato, ascoltando lo scorrere dell’acqua delle fontane, soffermandosi a soppesare il tempo che, si tocca non solo con mano, ma con lo spirito e la mente, scalzando in questo modo le incongruenze che minano le fondamenta dell’uomo come tale. Uomo testimone, uomo carne, uomo essere, come Francesco e Chiara che da oltre 1000 anni testimoniano un esempio e una scelta di vita. Un sincronismo di coscienze non più malate ma risanate. Cose che permettono di allontanare il cinismo e la pochezza che domina in noi che, solo al termine del cammino, ci ricordiamo di aver tradito la fiducia di chi ci aspetta nonostante lo abbiamo ingannato, raggirato, tradito, sbeffeggiato, vilipeso, offeso e rinnegato ma questo lui lo sa: ecco perché l’incontro tra il Molise e Assisi ancora si e ci coniuga con coloro che dissero no gli agi, alla ricchezza e al benessere. Un incontro che si perpetra facendoci abbracciare il tau simbolo di forza e di speranza che permette di essere noi stessi.
Massimo Dalla Torre