L’Italia ha già conosciuto nel 1992/93 le fibrillazioni legate al passaggio tra la I° e la II° Repubblica con rischi di ingovernabilità per le istituzioni democratiche, e nel 1994 ha sperimentato, con largo anticipo rispetto agli americani, l’elezione di un multimiliardario alla guida del paese.
In quel periodo, molto difficile, il sistema amministrativo, politico, sociale e giudiziario nazionale, ha retto ai contraccolpi di un cambio di classe dirigente, di metodi e di poteri sostanziale, grazie ad una Costituzione pensata nel 1947 come una Magna Charta equilibrata e con una suddivisione di funzioni e di competenze tali da non correre il rischio di accentrare un eccesso di poteri nelle mani di un uomo solo.
La nostra Carta Costituzionale ha permesso di affermare la democrazia e garantire la libertà sia nei tormentati anni 70, quando le istituzioni erano minacciate dal terrorismo brigatista e dallo squadrismo fascista appoggiato dai servizi segreti deviati con la famigerata strategia della tensione, e sia agli inizi del nuovo millennio in uno schema maggioritario con partiti evanescenti e con corpi sociali intermedi sempre più deboli.
Far saltare l’equilibrio del bilanciamento dei poteri stravolgendo 47 articoli della Costituzione è un errore pericoloso e pieno di insidie per l’Italia. Un errore da non commettere a maggior ragione dopo l’esito delle elezioni americane che aprono una fase protezionistica con potenziali tensioni internazionali dall’esito imprevedibile in particolare nello scenario del Mediterraneo, del Medio Oriente e del Nord-Africa.
La possibilità di una deriva populista in Italia è più reale di quanto si immagini, e concentrare il potere sostanziale nelle mani di una sola figura, facendo saltare il bilanciamento tra diversi Organi dello Stato, non è una scelta saggia, al di là di chi sia l’uomo solo al comando e al di là dello schieramento a cui appartiene.
Meglio un NO che rispetti la Costituzione e obbliga il Primo Ministro ad agire tenendo conto di una suddivisione del potere reale tra più Organi Istituzionali, in modo tale che siano preservati i meccanismi di autotela democratica pensati dall’Assemblea Costituente del 1947.
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