Finalmente, dopo una battaglia di anni, la nota Direttiva Europea n. 70/1999 sul contratto a tempo determinato sarà applicata anche ai “precari” della scuola italiana, unica categoria di lavoratori europei ad essere stata esclusa dalla sua applicazione per volere dello Stato Italiano. La Direttiva, ricordiamo, aveva il duplice scopo di: “creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato; migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione”. Il lungo iter giudiziario, avviato dall’Anief nel 2010 è giunto a conclusione mercoledì 26 novembre con la pronuncia definitiva della Corte Europea di giustizia sulla stabilizzazione del precariato scolastico italiano. Ignorando il Decreto legislativo 368/2001, emanato proprio per recepire le indicazioni della direttiva comunitaria, nel 2011 il nostro legislatore emana la Legge 106, con la quale si sostiene che il sistema scolastico italiano ha caratteristiche tali che giustificano la deroga all’applicazione delle indicazioni della Direttiva UE 70/1999 sulla stabilizzazione e la parità di trattamento dei precari con 36 mesi di servizio: per il nostro Stato, i precari sarebbero addirittura “fortunati”, perché con il servizio accumulano in graduatoria punti per entrare di ruolo; mentre gli organici non sarebbero prevedibili e il pareggio di bilancio imporrebbe risparmi.
Nel 2012 l’Anief presenta a Bruxelles una denuncia a nome di migliaia di precari, rifiutando la sentenza della Cassazione che avallava la Legge 106/2011. Nel 2013 la Commissione Europea dà l’ultimatum all’Italia sul trattamento economico dei precari e avvia una seconda procedura di infrazione.
Per la Commissione UE, la legislazione italiana in tema di assunzione dei supplenti dalle graduatorie ad esaurimento manca di misure necessarie a limitare il ricorso a una successione di contratti a termine e, quindi, a impedire un abuso a danno dei lavoratori della scuola. Questo perché non vi è alcun limite alla durata massima dei contratti a termine né al numero dei rinnovi, né il ricorso ad essi può essere giustificato dall’accumulo di un’anzianità di servizio tale da garantire l’assunzione per scorrimento di graduatoria. Né, infine, risulta che si ricorra alla chiamata dei supplenti soltanto per sostituzioni temporanee necessarie causate dall’indisponibilità dei dipendenti collocati in malattia, congedo o altro. Il ricorso a contratti a tempo determinato in maniera permanente e durevole da parte dello Stato italiano tradirebbe la stessa premessa dell’accordo quadro comunitario, volto a favorire la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
La questione passa quindi alla Corte Europea di Giustizia che ha ritenuto inesistenti i motivi addotti per giustificare la mancata stabilizzazione dei precari della scuola italiana, condividendo la tesi dell’Avvocato generale, della stessa Commissione europea e dei legali Ganci, Miceli, Galleano e De Michele che rappresentano per l’Anief i ricorrenti.
In mancanza di tempi certi per l’espletamento dei concorsi non si può eccepire, come fece lo stato nel 2011, che si entra in ruolo per procedure concorsuali; né si può più eccepire che si viene stabilizzati attraverso il passaggio nelle Graduatorie ad esaurimento, perché il fare punteggio non garantisce l’immissione in ruolo.
Aggiungiamo che, con il nuovo sistema di reclutamento, si nega l’accesso alle graduatorie ai nuovi abilitati in quanto le graduatorie sono state chiuse nel 2007 e da allora lo Stato continua ad abilitare all’insegnamento persone che non potranno mai entrare in ruolo attraverso questo canale, ma pagano cifre cospicue, tra i 3000 e i 4000 euro per ‘abilitarsi’ alla professione docente.
La conclusione di questa lunga e contrastata battaglia legale è chiara: alla scuola italiana non possono applicarsi regole diverse da quelle previste per gli altri settori.
La sentenza della Corte non determina di per sé assunzioni immediate (spetta ai giudici italiani risolvere le controversie nazionali adeguandosi al ‘verdetto’ europeo), ma fa giurisprudenza spianando la strada a una valanga di ricorsi.
L’Anief si attiverà per l’applicazione del principio della parità di trattamento tra lavoratori a tempo indeterminato e determinato, chiedendo il pagamento degli scatti di anzianità per il periodo di precariato, impugnando i decreti di ricostruzione di carriera che riconoscono solo parzialmente il servizio pre-ruolo, come anche la tabella di valutazione dei titoli dei servizi delle domande di mobilità. Impugnerà anche il contratto di lavoro del 4 agosto 2011 perché costringe i neo-assunti da quell’anno scolastico a percepire uno stipendio da precari praticamente a vita, considerato l’accordo sindacale che garantisce l’invarianza finanziaria contro una precisa sentenza della stessa Corte di giustizia.
Soltanto la determinazione del Presidente nazionale Marcello Pacifico e di uno staff legale che in questi anni ha ottenuto importanti successi sul fronte del riconoscimento di tanti diritti negati nel mondo della scuola, ha permesso la cancellazione di questa scandalosa discriminazione tra personale precario e personale di ruolo.
Incisive saranno le ripercussioni anche in Molise, dove si continuano ad assegnare ancora oggi incarichi a tempo determinato e dove esistono scuole anche con ¼ di docenti precari, alcuni ‘storici’ con oltre 10 anni di servizio pre-ruolo. Persiste la scelta di assegnare ancora scuole in reggenza, mentre nelle segreterie, dove i DSGA risultano fortemente penalizzati dal dimensionamento e dal conseguente aumento della mole di lavoro, gli assistenti amministrativi ed i tecnici nei laboratori sono stati assunti con un colpevole ritardo di oltre tre anni, c’è una forte carenza di collaboratori scolastici, tra l’altro sempre nominati annualmente per scorrimento di graduatorie obsolete, essendo esaurita quella di prima fascia. Anche il personale ATA, dunque, è stato oggetto di tagli inspiegabili, risultando spesso costretto a svolgere un servizio non conforme, per mansioni ed orari, a quello previsto dal Contratto Nazionale, un contratto tra l’altro bloccato al 2009 ma costantemente modificato nella sua parte economica grazie agli “interventi ad hoc” del governo di turno, sempre ratificati e sottoscritti dalle altre Organizzazioni Sindacali.
Ultima discriminazione a cadere sarà, necessariamente, quella che prevede che i precari possano soltanto votare ma non candidarsi come RSU. In occasione delle elezioni per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie, previste per i primi di marzo 2015, si dovranno rivedere le regole del gioco e accogliere quanto l’Anief propone già da tempo.
La campagna RSU ormai alle porte consentirà alla nostra Associazione Sindacale di essere presente in tutte le scuole del Molise, mentre i candidati avranno un canale diretto con la segreteria nazionale e saranno seguiti dalla struttura regionale per la formazione inerente la funzione di Rappresentante Sindacale Unitario. Assistenza e formazione, dunque, i due pilastri su cui regge l’intera attività dell’ANIEF.
La determinazione dell’ANIEF, già premiata con i tanti ricorsi vinti, sarà ulteriormente riconosciuta con il raggiungimento della rappresentatività che ci consentirà di arginare e contrastare, nei tavoli di contrattazione, i soprusi che subisce l’intero comparto”.
Anief: sentenza storica della Corte Europea per gli insegnanti della scuola italiana
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