Nonostante gli sforzi delle istituzioni locali, dei cittadini e delle associazioni, il Ministero dell’Ambiente non ha finanziato alcuna bonifica nel territorio di Cercemaggiore, località Capoiaccio, in cui sono state accertati sversamenti di rifiuti tossici negli ex-pozzi petroliferi con conseguente inquinamento delle acque, del suolo e del territorio. L’assenza di un Registro Regionale dei Tumori impedisce alla comunità di accedere ad un dato scientifico sull’incidenza di malattie incurabili nelle zone prospicienti, ma il solo dubbio che parte dei decessi per patologie tumorali possano aver avuto origine dagli sversamenti di sostanze tossiche in quei pozzi, obbliga la Pubblica Amministrazione ad intervenire con maggiore efficacia sia nell’azione di bonifica che ancora non si avvia, e sia in investimenti sulla prevenzione con controlli più accurati del territorio ad opera del Corpo Forestale dello Stato, del Nucleo Operativo Ecologico e/o dei NAS, dell’ARPA, dell’ASREM e degli altri Enti preposti alla vigilanza in materia di ambiente e salute. Merita di essere segnalata positivamente la disponibilità della Regione Molise a finanziare con 40 mila euro un intervento di recinzione dell’area interessata e ci si augura che tale iniziativa venga conclusa al più presto, ma è evidente che servirebbe un finanziamento nazionale per bonificare e mettere in sicurezza quel territorio a tutela e salvaguardia della salute della popolazione locale. L’esempio di Capoiaccio ci aiuta a monitorare un fenomeno allarmante che si è acuito nell’ultimo decennio, riferito al taglio di finanziamenti statali a comuni, province e regioni, che ha indotto queste istituzioni a concentrare le voci dei propri bilanci sulle attività fondamentali e sui costi del personale, senza prevedere appostamenti significativi in materia di tutela della salute pubblica, controlli ambientali, monitoraggi, rilevamenti, interventi di prevenzione e/o azioni sanzionatorie e repressive. Le Province che svolgevano delicate funzioni di polizia ambientale sono state azzerate con l’ultima riforma, i Comuni ne hanno ereditato di fatto le competenze ma non il personale, la strumentazione e men che meno i fondi, le Comunità Montane sono state commissariate e chiuse, nelle Regioni con i sistemi sanitari commissariati sono mancati gli stanziamenti minimi su queste tematiche, il Corpo Forestale dello Stato è stato smantellato da una legge che ne suddivide le funzioni ed il personale in altre strutture pubbliche e le Agenzie di Protezione Ambientale risentono della carenza di risorse, strumenti e personale specializzato, con la conseguenza che è diventato sempre più difficile svolgere attività di prevenzione, informazione, monitoraggio e controllo su ambiente, acqua, aria, suolo e sulla realizzazione di opere pubbliche impattanti in cui come è accaduto a Cercemaggiore, all’interno di autorizzazioni industriali per svolgere determinati compiti, altri hanno utilizzato i pozzi petroliferi per interrare rifiuti tossici.
Tra le preoccupazioni della Rete degli Enti Locali e dei Comitati di Tutela Ambientale che si è costituita a Santa Croce del Sannio l’8 settembre scorso sotto l’egida del Vice-Presidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena, c’è anche quella di sollecitare un rafforzamento dell’azione di prevenzione su maxi infrastrutture pubbliche, trivellazioni petrolifere o costruzioni di impianti eolici impattanti, per accertarsi che le opere di scavo, interramento di cemento per profondità vertiginose e realizzazione di altre opere connesse, avvenga nel pieno rispetto delle vicende normative.
Michele Petraroia