La visita Pastorale a Ripalimosani (CB), la prima della Forania di Campobasso, si è conclusa domenica 18 gennaio in coincidenza della 101ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Dopo aver ringraziato tutta la comunità, l’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Michele Di Bartolomeo, le autorità militari ed il parroco don Moreno Ientilucci per l’ospitalità, l’accoglienza, l’arcivescovo Bregantini si è soffermato, durante l’omelia, sulla giornata Mondiale del Migrante ricordando ancora gli echi degli eventi di Parigi per affermare che “ sarebbe stato bello manifestare con un Cuore e non la Matita”. “È il cuore che accoglie e salva! Non la cultura dello scarto!Come fedeli – ha detto Bregantini– dobbiamo avere due immagini davanti a noi: la mano che incontra e il passo verso le periferie della storia” a sottolineare l’importanza del sentirsi accolti con lo sguardo attento verso le nuove periferie esistenziali. Ed è proprio a Ripalimosani che dal 1956 viene custodita la statua della Patrona dei Migranti, santa Francesca Maria Cabrini nata nel 1850 a Sant’Angelo Lodigiano (MI) e dopo essere emigrata in America muore a Chicago nel 1917. Nel 1946 dopo la Canonizzazione da parte di Papa Pio XII, la santa viene proclamata nel 1950 “Patrona degli Emigranti”. Sei anni più tardi la signora Cannavina di Ripalimosani, che l’ebbe conosciuta fece realizzare una statua che, dal 1956, è stata poi posta nella parrocchia di Santa Maria Assunta in Cielo a Ripalimosani. Un grande segno, un forte simbolo è Santa Francesca Cabrini come icona di accoglienza e guida nel cammino degli emigranti ed emigranti molisani. La festa liturgica ricorre il 22 dicembre. L’arcivescovo Bregantini insieme al parroco Ientilucci proprio in occasione della giornata celebrativa del migrante hanno volutamente porre e traslare la statua dentro la chiesa parrocchiale per far conoscere e porre il sigillo missionario dell’accoglienza attraverso l’esempio di questa santa poco conosciuta. E sulla Giornata Mondiale del Migrante facciamo un passo indietro. 6 dicembre 1914. Il mondo sperimenta per la prima volta il drammatico sentimento di angoscia di un conflitto mondiale. Sono in tanti a fuggire dalla violenza cieca della guerra. Benedetto XV in modo saldo e fermo pone l’attenzione sul problema dei rifugiati e dei profughi, in molti casi abbandonati a se stessi ed esorta la Chiesa, popolo di Dio, ad essere accogliente contro chi cerca di fuggire da una guerra che non avverte come propria. Sono trascorsi cento anni e il cammino dell’umanità non ha tratto minimamente tesoro dalla storia dolorosa e triste dei conflitti. Anche per questo da allora la chiesa celebra la giornata mondiale dei “migrantes” volto del Cristo povero, come li definisce Francesco nel suo messaggio per la giornata celebrata domenica 18 gennaio. “La sua sollecitudine, particolarmente verso i più vulnerabili ed emarginati, invita tutti a prendersi cura delle persone più fragili e a riconoscere il suo volto sofferente vittime delle nuove forme di povertà e di schiavitù.” Così come lo ha ricordato a Manila di “proteggere i nostri ragazzi. Impariamo piangere di fronte ai bambini abusati. Imparare come amare, questa è la sfida”. La figura del Cristo prende corpo e dimensione in un periodo storico, continua il messaggio, in cui l’uomo avvertendo il senso della precarietà, spesso è ridotto ad uno stato di migrazione forzata verso “nuove patrie” in cui la violenza e l’assurdità della guerra sia scongiurata. Eppure, avverte Francesco, spesso guardiamo con ostilità a questi “nuovi poveri”. Per questo la Chiesa deve essere “senza frontiere, madre di tutti”, superando barriere di ostilità. Oggi tutto questo assume un significato particolare: ”un gran numero di persone lascia i luoghi d’origine e intraprende il rischioso viaggio della speranza con un bagaglio pieno di desideri e di paure, alla ricerca di condizioni di vita più umane.” Certamente si ha bisogno di una politica chiara e decisa, non superficiale come quella di questi ultimi anni che, spesso, ha favorito flussi migratori sfruttati dalla vergognosa logica mafiosa che dilaga e imperversa senza alcun controllo. Gli ultimi episodi di cronaca romana ne sono un chiaro esempio. La Chiesa accogliente, al contrario, tende alla valorizzazione ed al recupero della persona umana, per liberarla dalle catene di schiavitù in cui è caduta. Un messaggio denso di significato per questa congiuntura storica in cui la mancata progettazione culturale e politica ha portato ad un caos totale. La Chiesa allarga le sue braccia materne ma anche, secondo papa Francesco, esorta le comunità mondiali: “alla solidarietà verso i migranti ed i rifugiati occorre unire il coraggio e la creatività necessarie a sviluppare a livello mondiale un ordine economico-finanziario più giusto ed equo insieme ad un accresciuto impegno in favore della pace, condizione indispensabile di ogni autentico progresso.” Coraggio e creatività: parole che tornano spesso nel magistero del Pontefice che, anche in Molise il 5 luglio 2014, esortò i giovani ad essere creativi, rompendo gli schemi che chiudono la nostra società i e la rendono sempre più schiacciata dai mali del consumismo attuale. Con tono paterno Francesco chiude il messaggio e affida alla Santa famiglia il dramma ma anche le speranze dei tanti migranti: “. Non perdete la vostra fiducia e la vostra speranza! Pensiamo alla santa Famiglia esule in Egitto: come nel cuore materno della Vergine Maria e in quello premuroso di san Giuseppe si è conservata la fiducia che Dio mai abbandona, così in voi non manchi la medesima fiducia nel Signore.” Il richiamo è alla responsabilità di ogni cristiano, testimone reale di amore, impegnato in prima persona verso una nuova evangelizzazione nella vita di ogni giorno.
A Ripalimosani la santa protettrice degli Emigranti
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