A nove anni dalla morte di Gheorghe Radu, assoluzione con formula piena per gli unici due imputati. Petraroia scrive alla moglie e alla figlia

Assoluzione con formula piena per gli unici due imputati nel processo sulla morte del bracciante romeno Gheorghe Radu, deceduto nei campi di Campomarino lido il pomeriggio del 29 luglio 2008. Dalla perizia emerge che “la prestazione lavorativa è stata occasione e non causa della morte” di una persona che pur 35enne, presentava dei gravi problemi cardiaci, i due imputati sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato.

Il 29 luglio del 2008, Gheorghe era partito all’alba da Torremaggiore per raggiungere insieme ad altri braccianti stranieri le campagne di Nuova Cliternia a Campomarino (CB) nel Basso Molise, e cominciò a raccogliere e caricare casse di pomodoro. Verso le 12 accusò un malore e si accasciò al suolo, ma nessuno chiamò i soccorsi. Rimase buttato in un fosso agonizzante per alcune ore prima di spirare a 35 anni lasciando moglie e figlia.

La paura di essere scoperti e rimpatriati degli altri clandestini ebbe la meglio sul senso di umanità verso quel compagno di lavoro, e né allora e né negli anni successivi si è avuta più traccia di loro.

A distanza di 9 anni, il Tribunale di Larino (CB) assolve gli imputati con una sentenza di primo grado di cui presto conosceremo le motivazioni, lasciando tutti senza parole.

Il fenomeno del caporalato è antichissimo così come lo sfruttamento indiscriminato dei poveri, degli umili e degli ultimi, italiani o stranieri che siano. Nessuno è alla ricerca di vendetta, ma di giustizia, per capire cosa è accaduto quel giorno e accertare se ci siano o meno delle responsabilità da perseguire ai sensi di legge.

Sappiamo che per le operazioni di raccolta, ancora oggi partono gli automezzi dal Tavoliere delle Puglie per trasportare manodopera a basso costo nel Basso Molise in condizioni contrattuali simili se non peggio di quelle del 2008. Il Parlamento Italiano, le parti sociali e le istituzioni locali, hanno più volte affrontato la questione del caporalato, con normative stringenti rimaste per lo più sulla carta, che segnano la sconfitta perenne dei vinti sia da vivi che da morti.

Le ragioni del profitto hanno trasformato gli uomini in ingranaggi di un sistema, in oggetti privi di anima e in ostaggi privi di diritti o senza identità, aspettative e famiglia.

Leggeremo con attenzione le motivazioni della sentenza, ma in fondo al nostro cuore già sappiamo che i veri responsabili di questo gigantesco sfruttamento dell’uomo sull’uomo, quelli che hanno le società quotate in borse, speculano sui mercati e dettano le condizioni all’agricoltura italiana, sarà difficile chiamarli a rendere conto, ma non per questo intendiamo arrenderci e rinunciare a lottare.

Anzi a maggior ragione se vogliamo restituire giustizia a Gheorghe e alle tante vittime come lui, abbiamo il dovere di resistere e andare controcorrente per riaffermare che tutti gli uomini sono uguali e nessun uomo può permettersi di calpestare impunemente la dignità di un altro essere umano Michele Petraroia   

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