I tumori della tiroide per fortuna non sono molto frequenti: rappresentano meno dell’un per cento di tutti i tumori; secondo i dati raccolti nei Registri Tumori italiani, hanno un’incidenza pari, ogni anno, a 5,2 nuovi casi ogni 100.000 uomini e 15,5 casi ogni 100.000 donne.
Negli ultimi anni, però, si è assistito a un aumento del numero di diagnosi. Inoltre è una malattia che interessa soprattutto i giovani: oltre il 50 per cento dei casi viene diagnosticato in persone che hanno meno di 55 anni.
Questo ed altri argomenti sono stati discussi, da alcuni dei maggiori esperti di rilievo nazionale ed internazionale, nel corso del’ Convegno “Le patologie endocrino-metaboliche – approccio clinico-chirurgico e nuovi orizzonti terapeutici” che si è tenuto il 26 giugno 2015 presso la Fondazione di Ricerca e Cura “Giovanni Paolo II”.
Nel corso dei lavori è stato consegnato al professor Domenico Salvatore, professore di Endocrinologia all’Università di Napoli e stimato ricercatore, il premio oncologico “Giovanni Falcione” 2015, per l’impegno profuso a favore delle ricerca scientifica collegata ad un’attività clinica di notevole rilievo. A consegnare il premio Lina Falcione, sorella del magistrato prematuramente scomparso all’età di 51 anni.
I tumori della tiroide non sono tutti uguali, spiegano gli esperti, accanto ai più frequenti tumori differenziati (carcinoma papillare e follicolare), cioè formati da cellule molto simili alle normali cellule tiroidee, vi sono i più rari carcinomi midollari e quelli anaplastici, più aggressivi localmente e con una spiccata tendenza a dar luogo a metastasi. Per tutti, comunque, l’intervento chirurgico di asportazione della tiroide (tiroidectomia) è il primo e più efficace provvedimento terapeutico. Oggi quello che resta un intervento delicato presenta molti meno rischi rispetto al passato, e assicura nella quasi totalità dei casi non soltanto la remissione ma, se associato ad altre terapie, la guarigione completa. Un tempo l’intervento, a causa della posizione molto delicata della ghiandola, comportava grandi rischi per la voce e la respirazione, e poteva dare luogo a pericolose emorragie.“Oggi si tratta di eventi rarissimi per due ordini di motivi” sottolinea il dottor Pietro Princi, Chirurgo Endocrino in Fondazione e promotore dell’evento “Fino a qualche anno fa il gozzo era molto diffuso e l’intervento di tiroidectomia veniva fatto quasi in tutti gli ospedali. Negli anni questi interventi sono diminuiti, e con essi anche l’esperienza di molti chirurghi: per questo oggi si preferisce fare riferimento a ospedali e chirurghi che abbiano un’esperienza specifica, perché è stato dimostrato che i migliori risultati con i minori rischi per il paziente si hanno se nell’ospedale si fanno almeno 50 interventi sulla tiroide in un anno (la Fondazione “Giovanni Paolo” si attesta su circa 180 Interventi in un anno, al pari di importanti Centri nazionali).
Meno centri, quindi, ma più esperti. Accanto al fattore umano ce n’è poi un altro che ha contribuito grandemente a migliorare gli esiti della chirurgia: quello tecnico. Tra i nuovi strumenti utilizzati un innovativo strumento diagnostico non invasivo, chiamato nerve-monitoring, che aiuta a preservare i nervi laringei durante l’intervento. Questa moderna apparecchiatura facilita l’identificazione precoce del nervo laringeo, riducendo al minimo il rischio che questo possa subire danni; inoltre evidenzia l’esistenza di varianti anatomiche e aiuta nella dissezione del nervo. Il principio di funzionamento del nuovo strumento è molto semplice, in quanto il sistema consente di eseguire un monitoraggio continuo dei nervi di cui il chirurgo vuole preservare integrità e funzionalità. Un allarme sonoro avvisa il chirurgo ogni volta che il nervo viene sollecitato.
Come spiega dottor Princi “Il Nerve-monitoring è diventato nel mondo un sistema molto utilizzato durante gli interventi alla tiroide: nel Nord Europa viene usato nel 70% delle tiroidectomie, in America nel 40%, in Italia nello scorso anno sono stati effettuati oltre 2000 interventi con l’ausilio di questo sistema. Il motivo sta nella necessità di salvaguardare i nervi laringei e di conseguenza il timbro della voce, che proprio da quei nervi è regolato”.
La Fondazione “Giovanni Paolo II” è uno dei primi Centri Italiani ad introdurre questo sistema, il personale è stato adeguatamente formato al corretto uso dello strumento. Il neuromonitoraggio in chirurgia tiroidea è uno degli aspetti che garantisce l’eccellenza della prestazione sia in termini di riuscita dell’intervento che di qualità della vita.
“Siamo molto soddisfatti della riuscita di questo convegno, sia per la partecipazione di un numero rilevante di colleghi, sia per l’alto profilo delle relazioni” conclude il dottor Princi “rivolgo un ringraziamento a tutti coloro che sono intervenuti, in particolare ringrazio il Prof. Rocco Bellantone, Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, il professorCannizzaro e il professor De Palma”.