E’ durato poco meno di un’ora il Consiglio regionale del Molise, tornato a riunirsi nella mattinata di oggi, 31 ottobre 2014, per commemorare, a dodici anni di distanza, le vittime del terremoto del Molise del 31 ottobre 2002. Dopo aver fatto osservare un minuto di raccoglimento all’Assemblea, il Presidente, Vincenzo Niro, ha dato inizio alla celebrazione della “Giornata della Memoria” che ha visto, in avvio, il suo saluto, seguito dagli interventi dei consiglieri Salvatore Micone, per la minoranza, e Nico Ioffredi, per la maggioranza. Ha concluso i lavori il Presidente della Giunta Regionale, Paolo Di Laura Frattura. La seduta è stata quindi sciolta dal presidente Niro, per consentire la partecipazione di tutti alla Commemorazione prevista a San Giuliano di Puglia.
Di seguito gli interventi che si sono succeduti in aula.
Sono passati dodici anni da quel tragico 31 ottobre 2002 che vide gran parte del territorio molisano stravolto, fisicamente e spiritualmente da un violento sisma di cui ci restano impressioni, sensazioni, emozioni racchiuse in un ricordo angosciante, una ferita aperta nel corpo della nostra comunità regionale ed un paese, San Giuliano di Puglia, che ha visto cancellati in un momento storia passata, presente e futura: una nidiata di bambini, un’intera classe anagrafica, con la loro insegnante travolti dal terremoto. Oggi quei ragazzi avrebbero raggiunto la maggiore età e questa ricorrenza rende ancora più doloroso il ricordo che, con semplicità ma con grande commozione ed affetto, vogliamo rivolgere a loro. Sono passati dodici anni ma il tempo non è servito a lenire il dolore delle tante famiglie ferocemente colpite negli affetti più cari, e nemmeno ha potuto sbiadire il ricordo di quei terribili momenti nella memoria del popolo molisano, un ricordo vivo e presente, un severo ammonimento a mantenere alta l’attenzione sulla sicurezza pubblica e privata di ogni cittadino. Molto è stato fatto ma ancora tanto bisogna fare. La furia di una natura, sempre più offesa dall’uomo, si sta abbattendo su di noi con sempre maggiore forza e frequenza; il terremoto in Emilia Romagna e l’ultima alluvione in Liguria ne sono le ultime testimonianze nel nostro Paese, e ci richiamano ad assumere, senza ulteriori indugi, le opportune decisioni per garantire tutela dell’ambiente e sicurezza dei luoghi. Un energico e convinto richiamo su questo tema ci giunge anche da Papa Francesco che vede nel rispetto della natura la possibilità di migliorare le nostre condizioni di vita, con un generoso slancio verso il bene comune, verso il prossimo, attraverso il rispetto per il “Creato”.
Ed è in questo modo, così facendo, che noi tutti oggi possiamo degnamente onorare la memoria dei “nostri angeli”, e di tutte le vittime di quel tragico evento del 31 ottobre 2002. (Presidente del Consiglio Vincenzo Niro)
Signori Presidenti del Consiglio e della Giunta, signori colleghi consiglieri, in questa dolorosa ma significativa giornata, la giornata della memoria, una giornata sentita e viva nel cuore di tutti i molisani, il primo messaggio che vorrei esternare è rivolto alle famiglie coinvolte nella tragedia delle ore 11.32 di quel 31 ottobre 2002; quel minuto che ha cambiato per sempre la vita di queste famiglie e la storia della nostra Regione. Il mio cordoglio, il mio ricordo, la mia vicinanza a tutti i familiari delle vittime. Un dolore sordo il loro, un dolore che non ha parole, una storia che non dovrebbe mai essere raccontata come ha scritto la Giannoni. E che noi non vorremmo neppure ricordare. E che invece dobbiamo urlare per dare voce a chi voce e forza non ha più. A chi è stata negata anche la speranza nel futuro. E il pensiero di ognuno di noi è rivolto agli angeli che non ci sono più, un pensiero sottile, un ragionamento che non trova mai una giustificazione, che prova a trovare una motivazione per raggiungere una pace interiore che invece non si riesce a raggiungere; perché forte è solo il senso di strappo, di ingiustizia, di rabbia, di tormento, di dolore; di immaginazione di quelle vite che sarebbero potute essere e invece non sono più; di quelli che sarebbero stati i loro destini, le loro gioie, i loro vissuti se la natura fosse stata più clemente, ma soprattutto se l’uomo fosse stato semplicemente più attento e più consapevole.
Ci uniamo alle famiglie perché forte dentro di noi è il dolore, quel dolore che non si spegnerà mai, che ha ferito tutte le nostre coscienze. Un altro messaggio però deve essere quello di dare almeno un senso a quello che è successo. Come dire ai genitori, “il vostro dolore non si cancellerà più, le vostre anime non troveranno più pace; noi questo lo capiamo, lo viviamo con voi, come genitori ce lo sentiamo addosso misto ad un senso di impotenza ed insicurezza per la vita dei nostri figli…Però….da qui bisogna ripartire perché quello che possiamo donarvi deve essere l’impegno delle istituzioni rivolto in maniera più forte e più seria ai temi della sicurezza e della prevenzione”. Allora credo che il senso della giornata della memoria debba essere quello di ufficializzare il momento in cui le istituzioni debbano riflettere su cosa effettivamente si è fatto, si sta facendo e si farà per garantire maggiore sicurezza nelle nostre scuole. Un momento in cui ci si deve ricordare che ciascuno di noi deve autoresponsabilizzarsi su questi imprescindibili temi. Non basta l’attività di ricostruzione che è stata effettuata in questi anni. Ancora tanto lavoro deve essere dedicato alle nostre scuole. E il mio auspicio è un impegno concertato tra tutte le istituzioni a diverso titolo interessate perché i genitori hanno il diritto di sapere che i propri figli sono al sicuro nel luogo in cui cresceranno e diventeranno i futuri cittadini della nostra società.
Non possiamo restituire queste vite spezzate, però dobbiamo ripartire per dare un senso alla tragedia che ha cambiato il percorso di questa comunità ed un segnale di forte cambiamento. ( Consigliere Salvatore Micone)
Sono 12 anni, oggi, da quel tragico giorno. 12 anni durante i quali ognuno di noi, a prescindere dal proprio ruolo, ha portato dentro di sé, magari chiuso in un cassetto della propria anima, il sordo ricordo di quella manciata di secondi durante i quali abbiamo sentito quella scossa. Quella scossa che, come sempre succede, ci ha fatto sentire fragili, quasi inconsistenti di fronte a quella che in fondo è una tosse del nostro pianeta. Poi i lunghi minuti successivi, durante i quali tutti abbiamo cercato i nostri cari per essere rassicurati sulle loro condizioni. Le linee telefoniche intasate, i cellulari che squillavano dappertutto, il caldo senso di appagamento, di rassicurazione alle notizie che per la stragrande parte di noi si sono rivelate confortanti. La tosse sembrava essere stata poca cosa, il nostro fragile mondo sembrava aver retto. Subito dopo, invece, lo schiaffo, violento, la notizia che tra tutte meno avremmo voluto sentire: i danni ed i morti c’erano, e questi ultimi erano quasi tutti bambini. 12 anni, dicevo. Non sono pochi, non so se la Campania o il Friuli, che pure hanno avuto sismi che hanno provocato danni e lutti di altre proporzioni, li abbiano ricordati per altrettanti anni e soprattutto con altrettanta costante partecipazione. Noi siamo ancora qui, quest’anno come gli altri, senza la minima intenzione di abbandonare all’oblìo il ricordo di quel giorno, di quelle anime spezzate, di quel dolore. Ed il motivo di questa partecipazione così alta forse non risiede solo nella giovane età delle vittime, che certo è una terribile peculiarità di questa tragedia. C’è un altro aspetto che continua ad accompagnare questa ricorrenza e la rende ancora più amara, che ci lascia ancora oggi attoniti, increduli, infine addolorati e rabbiosi: la consapevolezza che si poteva evitare. La consapevolezza che nonostante il 1980 fosse passato da molti anni, evidentemente non avevamo raccolto a dovere il suo monito. Queste non sono responsabilità da addossare soltanto a qualche amministratore, al di là delle indagini e delle sentenze. Personalmente non ero nell’Amministrazione Pubblica a quei tempi, ma questo non ha mai contribuito ad alleviare il senso di responsabilità che sentivo e sento semplicemente per far parte di questa generazione, di questa società. Far parte di una generazione che ha consentito un evento di questa gravità. Tutti verremo ricordati per questo, o quantomeno anche per questo. In effetti è questo il senso dell’istituzione della “Giornata della Memoria”. Forse conviene chiederci cosa significa, qual è il senso profondo di una definizione del genere. Una generazione che vede i propri errori, li riconosce, e ne rende costante nel tempo il loro ricordo. La Giornata della Memoria è evidentemente diversa da una semplice ricorrenza, non siamo qui a celebrare un compleanno o un anniversario legato ad un personaggio famoso od un evento storico o religioso. Le Giornate della Memoria hanno un altro significato, hanno un vero e proprio ruolo nelle società, ruolo che mi preme rimarcare.
Hanno due caratteristiche fondamentali: servono evidentemente a non dimenticare, a farci tenere vivo il ricordo di eventi e fenomeni tragici, ma non solo. Sono legate a conseguenze di errori degli esseri umani. La Giornata della Memoria per eccellenza è quella dedicata alla Shoah. E’ importante che ci rendiamo conto di questo, e che ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale che oltre al cordoglio per le vittime innocenti, queste Giornate abbiano insito nella loro natura un messaggio ben chiaro, una missione inequivocabile che si sintetizza in due parole: MAI PIU’! Le nostre Scuole devono essere le culle del sapere, i luoghi della crescita delle nuove generazioni, ma anche gli stabili dove i nostri figli possono passare le proprie ore di studio nella massima sicurezza. Ho citato la Shoah, ed il parallelo può apparire inappropriato. Non abbiamo avuto guerre qui, né regimi totalitari né aguzzini spietati né follie razziste. Ma così come la Giornata della Memoria sulla Shoah serve a contrastare rigurgiti razzisti che con una frequenza a volte allarmante vediamo in tutta Europa, così la nostra Giornata della Memoria serva a contrastare il pericolo di non considerare la sicurezza nelle Scuole come una priorità assoluta. Sono certo di interpretare il sentire di tutto il Consiglio Regionale se dico che questa Giornata trova in tutti i singoli Consiglieri e nei membri della Giunta, Presidente in testa, la giusta e dovuta sensibilità al problema della sicurezza nelle Scuole nonché del trasporto dei ragazzi. Lavoriamo in questa direzione, tenendo a monito il messaggio di questa tragica ricorrenza che in questo modo, e solo in questo modo, può diventare portatrice oltre che di tristezza e cordoglio, anche di sorriso e di speranza. (Consigliere Nico Ioffredi)
Nel calendario del Molise c’è un giorno che ci fa fermare tutti, ovunque nei nostri centri. Il 31 ottobre il Molise si ferma. In un ricordo che si accompagna, anno dopo anno, a un dolore che nel tempo non si stempera. A una incredulità di ritorno che ancora oggi porta a chiederci: possibile che sia successo? Ad ogni anno che passa pensiamo agli anni che sono stati strappati a 27 bambini, ad ogni anno che passa non possiamo non domandarci che uomini e che donne sarebbero state le piccole vittime di un crollo che sempre sarà un brivido, un rimorso, uno schiaffo alle nostre coscienze. Ogni anno è dolore perché non poteva esserci epilogo più crudele di quello che abbiamo sofferto con la comunità di San Giuliano di Puglia.
Il 31 ottobre in Molise è una data che segna un prima e un dopo: una serenità naturale, forse quasi scontata, prima, e una serenità interrotta e mai recuperata dopo. Il 31 ottobre nel tempo, questo giorno oggi a 12 anni di distanza, come un getto d’acqua fredda che all’improvviso ci piove addosso e ci mette di fronte a una verità che non si accetta. Non si accetta, non la accettiamo, come uomini, donne, cittadini e amministratori. Non si accetta come non l’accettano le mamme, i papà, le famiglie di San Giuliano che, nel chiuso del loro dolore, passano i giorni, le settimane, i mesi a ripetersi: avevano solo pochi anni. Tutti quei bambini avevano solo pochi anni. Avevano appena indossato il grembiulino blu per l’avventura umana cui noi grandi guardiamo sempre con il sorriso della speranza: la scuola.
Per questo, per l’inaccettabile black out della normalità – scuola non più come luogo di vita, crescita, allegria e confusione, ma scuola come inatteso luogo di morte dei bambini e la maestra, dei nostri figli – il 31 ottobre 2002 è un giorno che ha modificato la vita anche di tutti noi.
Forse è poco rispettoso parlare in termini generali, poco rispettoso per la sofferenza delle singole famiglie, delle madri, dei padri, dei nonni che vivono i loro bambini come un ricordo lontano e lottano contro il tempo per non vederlo sbiadire, ma so che per me in tutto il Molise oggi di nuovo è lutto collettivo. Sofferenza sentita e condivisa. Noi siamo qui per un abbraccio vero e caldo a chi piange senza avere più lacrime da versare tante ne ha versate.
Ma noi siamo qui soprattutto per altri doveri. Il dovere di continuare a garantire sicurezza ai nostri figli e ai nostri cittadini. Il dovere di terminare una ricostruzione interminabile. 12 anni sono davvero troppi e ancora altri ne serviranno per consentire a chi perso casa di ritornare a casa. Ed è un punto centrale della ricostruzione, ma non è quello dirimente del nostro impegno di amministratori. È la vita, vera, pulsante, da riportare nei comuni colpiti dal terremoto, il nostro dovere maggiore. Una ricostruzione senza il colore, il calore, il rumore delle attività quotidiane è una ricostruzione senza senso che nessuno di noi qui persegue. Durante l’estate ho ricevuto la lettera di una studentessa universitaria che passa da sempre le vacanze nel paese della nonna, Bonefro. Mi scriveva della tristezza che le nasceva a vedere i cittadini vivere ancora nelle casette di legno. La tristezza, il rammarico, la denuncia di quella ragazza appartengono anche a noi. Nessuno avrebbe voluto casette di legno ancora abitate. Entro il 2018, è un impegno di tutti, termineremo la ricostruzione. Come fatto già per San Giuliano. Lì è partita la più grande, importante, toccante battaglia sociale che l’Italia non poteva più rinviare: la sicurezza delle scuole e degli edifici pubblici. Da San Giuliano abbiamo iniziato a ricostruire un sistema che sapeva di colpevolezza e vergogna. Perché come ci diciamo dal 2002 non è di un Paese civile consentire l’utilizzo di strutture non a norma sul piano sismico. La struttura di San Giuliano però non sia solo un emblema. Il ridisegno che stiamo tracciando la deve vedere centro di incontro, raccordo e crescita di tante altre comunità vicine. Insieme possiamo farlo.
Ieri abbiamo firmato l’accordo di programma quadro che completa il trasferimento dell’anticipazione di 12 milioni di euro al Comune di San Puglia per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali riconosciuti alle parti civili, a seguito del crollo della scuola Jovine. Ci siamo chiesti se la coincidenza delle date, la firma dell’apq e la vigilia di un anniversario di morte, potesse suonare in qualche maniera stonata per inopportunità o mancato rispetto.
È un fatto che è accaduto e che per noi può testimoniare la vicinanza dello Stato e delle Istituzioni nei confronti dei cittadini. Ho scelto di chiamarlo atto dovuto, mai consolatorio, solo dovuto al ricordo di chi non è diventato grande in mezzo a noi: Luca, Morena, Valentina, Raffaele, Paolo, Antonella, Maria, Michela, Valentina, Giovanna, Martina, Giovanna, Maria, Luigi, Maria Celeste, Sergio, Antonio, Luigi, Gianni, Antonio, Gianmaria, Luca, Melissa, Lorenzo, Giovanna, Costanza, Domenico, Umberto e la maestra Carmela. ( Presidente della Giunta Regionale Paolo di Laura Frattura)