Scorrendo il “Rapporto sull’economia delle Province molisane nell’anno 2013” fornito da Unioncamere Molise in occasione della 12° Giornata dell’Economia (6 giugno 2014), tra i tanti numeri negativi, colpisce il dato sul turismo secondo il quale il Molise è la regione meno visitata d’Italia. Solo lo 0,1% dei turisti italiani la sceglie come meta per le proprie vacanze. Stando ai numeri, il quadro tracciato, che affonda i suoi limiti in radici lontane, risulta impietoso nonostante le potenzialità del territorio. Eppure nei recenti anni passati di risorse ne sono state investite.
Siamo penalizzati solo perché siamo una regione piccola?
O perché qui da noi i Beni e le attività culturali non sono stati ancora pensati a sostegno del turismo come invece avviene correntemente in altre regioni d’Italia?Parto da alcuni dati, intanto i punti di forza. Possediamo un patrimonio archeologico-museale con alcune punte di diamante (per es. il Paleolitico di Isernia, Altilia, Pietrabbondante, Anfiteatro di Larino, San Vincenzo al Volturno, il borgo di Termoli, i pregevoli castelli distribuiti nel territorio). Quasi ogni comune dispone di un teatro (ne abbiamo dieci, per un totale di circa 2800 posti), di una multisala, di uno spazio espositivo, di una biblioteca. Continuiamo a tramandare e alimentare un alto numero di riti popolari di assoluto valore antropologico-culturale che hanno saputo rigenerarsi e sopravvivere grazie a una costante e faticosa partecipazione collettiva. Abbiamo istituti di alta formazione come l’Università e il Conservatorio di Musica. Possiamo vantare artisti che praticano il linguaggio delle avanguardie con risultati eccellenti. Siamo stati capaci di rinvigorire rassegne musicali e cinematografiche di livello internazionale (per es. l’Eddie Lang Jazz Festival, Molise Cinema). A questi elementi unisco le eccellenze dell’agro-alimentare (artigianato caseario, olio d’oliva, tartufi, e non rivelo nulla dicendo che il “tartufo di Alba” è molisano).
Poi i punti deboli.
Patrimonio archeologico-museale non del tutto valorizzato; per lo meno non come meriterebbe. Siamo privi di una rete per i contenitori culturali. I riti popolari sono spesso raccontati e usati con accezioni sentimentali vetero-romantiche, col risultato di fornire, all’interno e all’esterno, un’idea decadente del Molise trascurando il potenziale attrattivo di cui disponiamo. Manchiamo di una rete di ricerca e valorizzazione territoriale, che dovrebbe far capo proprio agli istituti di alta formazione.Insomma, un sistema dalle grandi potenzialità mai messo a pieno regime del quale non si ha la percezione dell’effettivo valore, innanzitutto tra noi.
Cosa è mancato in questi anni nei quali altre realtà italiane sono riuscite a capitalizzare iniziative culturali, anche a fini turistici, pur disponendo di beni culturali di pari valore, quando non inferiore?Innanzitutto è mancata una visione a medio e lungo termine; poi i contenuti antropologico-culturali sono stati puntualmente sostituiti da folklorismi retrivi. La nostra regione fin qui è stata sostanzialmente rappresentata come un microcosmo arcaico che non corrisponde per nulla a quello che veramente è.Soprattutto è mancata una visione integrata di cultura e turismo, adesso non più solamente necessaria ma opportuna poiché il turismo sta rientrando nelle competenze del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (speriamo di avere prima possibile il Ministero della Cultura e del Turismo).
Insomma, limiti di gestione e carenze di metodo.
Ma abbiamo il dovere di guardare al futuro lanciando una sfida a noi stessi e coinvolgendo le giovani generazioni, se vogliamo innovare.Dal mio punto di vista vi sono alcuni punti strategici da attuare: È indispensabile proporre un’idea e una visione del Molise che sia appetibile, in Italia e all’estero e che, ovviamente, corrisponda al vero. La forza attrattiva di un territorio è strettamente legata alla “verità” che lo stesso sa offrire. Basta col farci affliggere dalla sindrome del rudere. Se penso che l’Umbria è stata conosciuta dal grande pubblico per il Festival dei Due Mondi e per Umbria Jazz.
Bisogna considerare l’identità culturale materiale e immateriale dentro il sistema-integrato-Molise; bisogna far conoscere il Molise per le sue unicità (anche questo è un obiettivo che va condotto in maniera diacronica, e senza adottare meta-categorie pregiudiziali: popolare-colto, antico-moderno, classico-avanguardia), certo bandendo la solita retorica del “piccolo mondo antico”. Bisogna avviare una strategica azione turistica che sappia individuare precisi target: dalla qualità dei flussi turistici che si riusciranno ad attrarre in Molise dipenderà il ricavo di risorse e benefici, diretti e indiretti.
Poi, qualsiasi politica sulla cultura entri nel merito dell’educazione e della formazione; bisogna avere lungimiranza e generosità nei confronti dei giovani, consapevoli che la trasmissione dei saperi necessita di metodi adeguati a questo contesto mondiale, non potendo continuare ad affidarci ai soli strumenti della comunicazione orale.
La maggior parte dei finanziamenti va destinata a produrre offerta culturale, da una parte abolendo i monopoli, dall’altra eliminando il concetto del “no-profit”: non si capisce perché la cultura non debba costituire fonte di lavoro. Bisogna pensare alle attività culturali come fonte di reddito, alla pari delle attività turistiche; Il Ministro Franceschini ne è consapevole: “Sono alla guida del più importante ministero economico italiano: l’avevo detto come battuta nel giorno del giuramento da ministro, dopo questi mesi ne ho la certezza”.
Nello specifico, indico alcuni punti concreti:
Promuovere, a livello regionale e periferico, accordi con la Soprintendenza e con gli operatori dell’Arte per portare in tutto il Molise mostre ed esposizioni con l’obiettivo di rendere familiare il bene artistico. Promuovere, a livello regionale e periferico, accordi con la Soprintendenza per utilizzare gli spazi architettonici di alto valore artistico, anche in modo multidisciplinare (certi spazi devono essere utilizzati, in maniera opportuna, per eventi di alto valore artistico; l’Arena di Verona, le Terme di Caracalla o il Teatro Greco di Siracusa insegnano).
Attivare un progetto formativo che veda l’aggregazione delle scuole e dei soggetti culturali presenti sul territorio (Università, Biblioteche, Licei artistici, Liceo Musicale, Conservatorio di musica, Scuole Civiche di musica, Scuole di Teatro, operatori del settore cinematografico) con l’obiettivo di potenziare e migliorare lo studio, la ricerca e la specializzazione nel campo culturale e turistico, con una particolare attenzione ai sistemi tecnologici applicati ai servizi (fruizione, comunicazione, promozione, gestione).
Approvare una Legge Regionale sulla cultura che sostenga il sistema integrato.Con determinazione coinvolgere attivamente i privati, ora che gli sgravi fiscali in materia di finanziamenti alla cultura sono stati introdotti nel Decreto-Legge 31 maggio 2014, n. 83, denominato “Artbonus e Turismo”.
Adottare strategie comunicative di marketing professionale di tipo push; dobbiamo proporre il Molise a target specifici e ben individuati: l’identità culturale del Molise deve essere promossa come un sistema di beni materiali, di processi immateriali ed eventi, dinamici ponendo l’accento sulla loro non riproducibilità in altri ambienti.
È strategicamente necessario proporre il Molise di qualità con un messaggio unico e ben immediatamente identificabile.È possibile ampliare la stagione turistica; il Molise, grazie alle sue caratteristiche geografiche (mare, colline, monti), è naturalmente adatto ad accogliere target turistici tutto l’anno. La destagionalizzazione turistica, attraverso un’alta offerta culturale, deve rappresentare una svolta organica per la crescita della nostra regione.
Bisogna facilitare l’accoglienza turistica in un ambiente di qualità sostenendo su larga scala, con risorse e know how, gli operatori turistici che adotteranno formule di learning and pleasure con alti livelli standard (vorrei proprio che Sgarbi non avesse più da lamentarsi a riguardo).Su questa base è possibile attuare un sistema integrato e sostenibile, in armonia col patrimonio culturale e territoriale, a beneficio dell’economia, dell’equilibrio ecologico e della struttura sociale.Questo modello di sviluppo è già potenzialmente sufficiente per innestare processi dinamici auto-generativi.Servono maggiori risorse, è indubbio, ma è necessario un cambio strategico senza del quale ogni sforzo diventa vano. Dobbiamo essere determinati a innovare affinché l’etica e l’estetica ritrovino un altro rapporto simbiotico, duraturo e adeguato al contesto internazionale, visto che i sistemi sin qui adottati si sono rivelati poco efficaci.
Matteo Patavino, responsabile “Identità Territoriale” segreteria regionale PD