Ripresa, sviluppo, occupazione, la posizione di Micaela Fanelli

Riceviamo e pubblichiamo

L’elemento davvero imprescindibile nella vita di una persona è il lavoro. Un giovane senza lavoro non può emanciparsi, né costruire una propria famiglia, e neppure contribuire al benessere del proprio Paese. Negli ultimi dieci anni, la crisi economica ha ostacolato in modo decisivo la crescita, senza contare il cambiamento che ha investito il modo di lavorare in ragione del procedere dell’innovazione tecnologica. Tante, sicuramente troppe, sono le persone rimaste indietro, così come sono preoccupanti i dati che riguardano gli scoraggiati, coloro che non hanno più fiducia nella possibilità di migliorare la propria condizione sociale. È inutile sottolineare, infine, che i disagi maggiori si riscontrino quanto più si proceda a sud dell’Italia, e quanto più si prendano in considerazione le fasce di età inferiori. Il Governo Renzi, in questi ultimi anni, ha posto la propria attenzione, non a caso, sui giovani disoccupati, creando un milione di posti di lavoro grazie al Jobs act, ridando speranza anche a quella fetta importante di popolazione che ormai aveva rinunciato a cercare un posto di lavoro.

Con la prossima legislatura, sperando di uscire noi vincitori dalla sfida del 4 marzo, si aprirà una nuova fase. Dalla quantità alla qualità del lavoro. Il Partito democratico, la forza che più di tutte ha trainato per il cambio di passo, comincerà col rendere la creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato economicamente più vantaggiosa, riducendo il costo del lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale, di circa un punto all’anno nel corso della legislatura, portando il costo dei contributi dal 33 al 29%. L’altro punto fondamentale del nostro programma che vogliamo realizzare a tutti i costi è il salario minimo garantito per tutti, misura di civiltà per combattere l’opportunismo dei lavoretti sottopagati, dei contratti privati, delle cooperative spurie.
In questi ultimi anni, il governo del fare, in barba a chi tifava per il fallimento, è riuscito nel miracolo di riavviare il Paese pur in un momento di congiuntura sfavorevole. Si tratta ora di consolidare la crescita. Siamo convinti che anche il nostro Molise trarrà un grande slancio dalla decontribuzione. Ne sono convinte le imprese molisane e non a caso anche il centrosinistra di Bersani sosteneva che diminuire la tassazione sul lavoro avrebbe contribuito a creare occupazione buona e stabile. Anche nella nostra regione, comunque, al di là della percezione generale, c’è una crescita da consolidare. Il Molise, secondo i dati Svimez, è la prima regione nel Mezzogiorno per incremento dell’occupazione, e con segni positivi notevolissimi in alcuni settori come l’agricoltura (+20%, grazie agli sgravi sugli under 40 in agricoltura resi misura strutturale) e l’edilizia.
Una crescita poco percepita, forse, perché all’aumento dell’occupazione non ha corrisposto un aumento del reddito. Senza contare che gli ultimi due anni di ripresa rappresentano un lasso di tempo troppo esiguo per sostituire nella percezione comune il crollo dell’andamento socio-economico che ha caratterizzato gli ultimi quindici anni. Dunque, in Molise come nel resto d’Italia, siamo riusciti a invertire una tendenza fortemente negativa. Ora tocca lavorare a testa bassa sui redditi, stabilendo un salario minimo per disinnescare la tentazione del mercato del lavoro a scatenare una concorrenza al ribasso, e favorendo la creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato. Quantità e qualità: ci siamo!

Micaela Fanelli

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