La questione, come tutte quelle di vitale importanza per un territorio, si protrae tra fatti, gossip,smentite e silenzi; ma il ‘caso’ della nomina del commissario ad acta per il Piano di rientro dal debito sanitario non può essere analizzato in maniera semplicistica, dando la colpa alla politica nazionale o a quella regionale, ma soprattutto limitando il campo alla situazione del momento. Allora andiamo per gradi. Il fatto stesso che il Molise sia da anni interessato dal Piano di rientro dal debito sta a significare che la programmazione in materia si sia contraddistinta per gli sprechi ed evidentemente questo non può essere un fatto recente; basterebbe citare i doppioni tra i reparti ospedalieri, le cifre incredibili della spesa farmaceutica e i sei presidi sul territorio, tutti con la totalità dei reparti aperti ed operativi.
Una situazione che si è accumulata nel tempo e che ha avuto vasta eco nazionale e non solo da quando si è scatenata sul web la discussione su “Il Molise esiste/non esiste”, ma da quando, ad esempio, si è diffusa la notizia, anni addietro, che delle regioni fatte oggetto del Piano, il Molise era una delle poche che non riusciva a rientrare nei parametri imposti dal governo, ma addirittura in alcune occasioni aveva fatto registrare ulteriori incrementi di spesa. La parola ‘virtuosa’ che riguardava chi si atteneva ai rigorosi parametri romani non ci è stata mai attribuita e la risposta locale era sempre la stessa: “sulla spesa sanitaria non si possono applicare criteri ragionieristici”, che sono poi i criteri che dicono che ogni anno devi spendere meno del precedente, quindi tanto sbagliati non sono.
Allora sarà bene far capire che l’attuale situazione del sistema sanitario molisano e lo sconquasso che ne deriva non sono dovuti alla mannaia imposta da burocrati ministeriali, o almeno non solo da quella determinati, ma dall’assoluta disobbedienza politica che il livello regionale ha opposto a quello nazionale, nella certezza che l’autonomia amministrativa di Palazzo D’Aimmo avrebbe impedito qualunque misura forte al governo nazionale. Il fatto che di norma la maggioranza parlamentare è stata quasi sempre più o meno omogenea nel colore politico rispetto a quella molisana, ha permesso al Molise di vedere assegnato l’incarico di commissario ad acta al governatore di turno; questo fatto ha fatto crescere questa sensazione di onnipotenza, paragonabile in parte a quella dei governatori locali dell’Impero romano, atteso che nell’uno caso e nell’altro tutto era dovuto all’indifferenza della politica nazionale verso i fatti delle periferie.
Ora che tutto questo sta finendo, partono le polemiche, che invece si sarebbero dovute sostanziare anche nel periodo delle vacche grasse, prevedendo che poi sarebbe inevitabilmente arrivata la carestia. Ad aggravare la situazione anche la ‘sommossa popolare’ del voto relativo alle politiche, che ha creato uno scollamento tra rappresentanza parlamentare del Molise e governo regionale, per cui manca anche il collante tra quest’ultimo e il governo centrale, visto che gli esponenti del Movimento Cinque Stelle hanno una visione diametralmente opposta della spesa sanitaria rispetto a Toma e la sua squadra di governo.
In questa situazione il presidente della Giunta regionale è come il re nudo; impossibilitato ad imporre la sua ai livelli istituzionali maggiori, insiste per fare il commissario ad acta sapendo che nei piani alti assolutamente non lo vogliono; sarebbe invece il caso di limitarsi a richiedere la nomina del commissario, ancorché tecnico, accettandone le conseguenze. Ma non basta. La spesa sanitaria copre all’incirca l’80 per cento del bilancio regionale; avere le mani legate e non poter decidere sull’argomento, non potere programmare politiche del territorio equivale a ratificare le scelte di altri. La questione non è di lana caprina e apre il fronte ad ulteriore considerazione: in una situazione del genere che senso ha parlare ancora di Regione Molise? Con quest’ultimo passaggio si potrà veramente dire che il Molise è ridotto ai minimi termini e tenerlo a forza in piedi, ma svuotarlo completamente di contenuti, equivale a sancirne la perdita totale di autonomia. Allora dopo il commissariamento il Molise di fatto non esisterà: meglio farsene una ragione e programmare con chi sarà opportuno rilanciare il nostro futuro.
Stefano Manocchio