Riceviamo e pubblichiamo la nota di un nostro lettore.
Sono un molisano che vive a Roma dove si trova una nutrita comunità di miei corregionali. Seguo, come mi sembra naturale, le vicende della mia terra d’origine e vedere l’interesse mediatico che sta suscitando un evento politico che, in altri momenti, sarebbe stato circoscritto alla sua area geografica con pochi clamori, mi suscita una certa sensazione. Il ricordo va agli anni giovanili. Allora calavano dalla capitale i grossi calabri del taglio di Nenni, Almirante, Alessandro Natta, Andreotti, La Malfa e ai quali si aggiungeva modestamente il candidato locale liberale avv. Colitto. Ognuno rappresentava un partito e ognuno riceveva il mio applauso entusiasta per il loro parlare forbito e appassionato al tempo stesso. Allora la stragrande maggioranza degli elettori votava democrazia cristiana anche se il partito comunista non era da meno. Ora che dire? Da osservatore esterno e abituato, per la mia professione, a convivere con le idee altrui rispettandole, anche se le reputo fortemente diverse dalle mie, non entro nel merito degli argomenti affrontati e dibattuti dagli stessi big della politica ma mi limito ad osservare che il linguaggio adoperato mi è parso greve e di una volgarità fuori luogo. Non sono un bacchettone e sono, per altro, aduso a sentire parolacce e quanto altro per strada e da qualche mio vicino di casa e come si dice vi ho fatto il callo. Ciò non di meno lo scadimento rilevato mi fa specie soprattutto se queste parole sono profferite da una persona che ha una certa età e dovrebbe, a mio avviso, sapersi contenere. Penso ad esempio ad Andreotti che pure accusato dai suoi avversari sapeva uscirne senza abbandonarsi ad esternazioni fuori luogo. Si dirà: lui era uno statista e un uomo colto. Eppure non credo che bastino questi requisiti per fare la differenza. E’ che la rabbia e il turpiloquio e il disprezzo per l’avversario fino a dire di lui cose infamanti è un modo di fare politica in cui non mi riconosco e oso sperare che quanti fanno parte della mia generazione, e non solo, ne condividano il giudizio. Se questo mi dà tanto invito, modestamente, i miei corregionali a rifletterci nel momento in cui si andrà a votare perché oso ancora credere che chi ricopre incarichi di prestigio debba saper offrire di sé un’immagine confacente al suo ruolo e a farsi riconoscere per tale. (Riccardo Alfonso)