Le cronache politiche recenti mettono in luce una strategia della Regione Molise ed in particolare del presidente Paolo Di Laura Frattura, tesa a riallacciare i rapporti sul territorio, attraverso l’inaugurazione soprattutto di nuove strutture sanitarie, ambulatori in primis. E’ un fatto importante per la popolazioni residenti, certo, che però fa il paio con un aspetto diverso del rapporto tra politica di governo e cittadinanza, quello che vede investimenti decisamente meno apprezzabili. Cerchiamo di spiegarci meglio. Da inizio legislatura abbiamo assistito ad una costante opera di razionalizzazione degli uffici regionali e degli enti sub-regionali, con accorpamenti di uffici, rimodulazione degli importi degli affitti e quant’altro utile a creare risparmio nei costi della politica e, quindi, della pubblica amministrazione. Tutto bene, quindi? Niente affatto. E’ proprio di questi giorni la decisione della Regione Molise di dotare l’Arpam di una nuova sede, anzi nello specifico di ricongiungere la direzione generale dell’ente ambientale, che ha sede nello stabile dell’Asrem nel pieno centro di Campobasso, con quella del dipartimento provinciale in Contrada Selva Piana; la notizia è stata diffusa dalla Cgil, con tanto di motivata e condividibile protesta pubblica, soprattutto per le motivazioni che sarebbero state addotte a margine della decisione. Sembra, infatti, che la necessità sia quella di aumentare l’efficienza organizzativa dell’ente sub regionale, unendo i due centri direzionali. Ma a quale prezzo? Dicono i firmatari della protesta: “…la Regione Molise concede ad Arpa un finanziamento di 2.745.000 euro per l’acquisto di una nuova sede, in cui il valore strategico dell’operazione risiederebbe, a detta dei proponenti, nel ricongiungimento della direzione generale di Arpa Molise con la sede del Dipartimento provinciale sito in contrada Selvapiana, come se le due sedi fossero distanti migliaia di chilometri l’una dall’altra e prive dei dovuti collegamenti….”. La Cgil non ci sta e protesta vivacemente anche perché, si legge sempre nella nota: “A rendere ancora più assurda questa operazione è il fatto che i fondi concessi per l’acquisto della nuova sede Arpa, siano stati sottratti ad un intervento di viabilità originariamente assegnato per la realizzazione della F.V. Succida Tammaro Lotto II° , dalle risorse FSC 2000-2006, nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro in materia di Trasporti e Infrastrutture Viarie”. E’ veramente assurdo e la protesta è sacrosanta e non si riesce a capire il senso della manovra economica, che annulla tutti gli sforzi fatti per razionalizzare altrove, anche a costo di generare scompensi organizzativi e disservizi. Ma non è tutto; o, meglio, non è l’unico caso del genere nella storia, anche recente, della Regione Molise. L’Ente, come noto, è proprietario dei palazzi ex-Enel ed ex-Roxy acquistati, se non andiamo errati per complessivi 12 milioni di euro (escluse le ingenti spese di ristrutturazione e trasloco di mobilia ed arredamenti per i relativi trasferimenti degli uffici regionali); uno dei due è funzionante, l’altro è adibito a ricovero forzato di ratti e gatti, che se non altro vivranno comodi in una struttura multipiano ed in pace, visto lo spazio disponibile. Ancora con gli sprechi: la sede della Regione a Bruxelles (siamo sempre nell’ordine dei milioni di euro) passerà alle cronache nazionali (ed in parte è già successo) per il fatto di essere quella più prestigiosa, imponente e costosa, pur rappresentando la regione più piccola e distastrata; una rappresentazione di come spendere male i soldi, peraltro non propri, ma dei contribuenti. Ricordiamo infine l’ossessione della politica negli ultimi trent’anni di dotare il Molise di un mega complesso edilizio per contenere tutti gli uffici regionali per una cifra che è difficile anche solo pronunciare; almeno questa ennesima cementificazione e lo spreco di risorse conseguente sono stati evitati. In chiusura sembra che la Regione abbia una passione insita per l’edilizia al punto da considerarla il maggiore costruttore regionale oppure la più grande agenzia immobiliare; ma in ambo i casi non particolarmente lungimirante, visto che gli affari si rivelano fortemente improduttivi. Una ditta privata, in situazione del genere, sarebbe già alla bancarotta. L’ente politico forse si salverà, ma non altrettanto si può dire per la comunità amministrata.
Stefano Manocchio